ABSTRACT

L’articolo di Alessandro Ravagnin “Oltre i limiti” esplora il suo percorso di quasi 30 anni nell’astrofotografia, evidenziando l’evoluzione dalla semplice osservazione e disegno di oggetti celesti con un modesto telescopio Konus da 6 cm, alla cattura di fenomeni spaziali complessi con attrezzature avanzate per arrivare al Chesire Cat o Stregatto. Inizialmente limitato dal piccolo diametro del telescopio e dai cieli inquinati di Mestre, Ravagnin passò dai disegni alla fotografia analogica, e infine all’imaging digitale con le prime webcam come la Philips Vesta Pro. La sua passione per l’astronomia ha subito un salto significativo con l’acquisto di un telescopio C8, che gli ha permesso di catturare oggetti del sistema solare e immagini basilari del cielo profondo, nonostante le condizioni di visibilità sfavorevoli.

Un momento cruciale fu l’acquisto di una casa in campagna a Romano d’Ezzelino e la creazione di un osservatorio semi-automatizzato chiamato ADAM. Equipaggiato con un C11HD Edge e vari accessori, la capacità di Ravagnin di esplorare l’universo si ampliò notevolmente. Tuttavia, le limitazioni del cielo locale, con un valore SQM raramente superiore a 18,5/19 mag./arc sec², imposero sfide significative per l’imaging del cielo profondo. Scoprì che per ottenere immagini di alta qualità dalla sua posizione erano necessarie esposizioni molto più lunghe rispetto a quelle scattate sotto cieli più scuri con telescopi remoti in Cile, Namibia e Spagna, parte del progetto ShaRA che ha co-fondato nel 2022.

L’esplorazione delle lenti gravitazionali, un concetto previsto dalla relatività generale di Einstein, costituisce un tema centrale nel suo lavoro recente. Ravagnin ha accettato la sfida di fotografare questi fenomeni dal proprio giardino, concentrandosi su due specifiche lenti gravitazionali: “Cheshire Cat” (SDSS J103842.59+484917.7) e “Cosmic Horseshoe” (J1004+4112). Queste lenti, che agiscono come telescopi cosmici naturali, ingrandiscono e distorcono la luce proveniente da galassie lontane. Nonostante le difficoltà intrinseche, inclusi i lunghi tempi di esposizione e l’elaborazione meticolosa delle immagini, Ravagnin è riuscito a catturare l’elusivo “Cheshire Cat” integrando 20 ore di dati raccolti in diverse notti.

L’articolo sottolinea la disparità delle risorse disponibili per diversi astrofotografi e l’importanza di comprendere i limiti e le capacità delle proprie attrezzature e condizioni di osservazione. Il lavoro di Ravagnin mette in risalto la pazienza, la perseveranza e l’uso innovativo della tecnologia disponibile per spingere i confini dell’astrofotografia amatoriale. Il suo racconto dettagliato del processo, dalla selezione iniziale del target all’elaborazione finale dell’immagine, fornisce preziose intuizioni e ispirazione sia per i principianti che per gli astrofotografi esperti. Attraverso la sua dedizione e l’approccio creativo, Ravagnin dimostra che sono possibili realizzazioni straordinarie in astrofotografia anche in condizioni meno che ideali.

Sfide Impossibili Stregatto

Riprendo il cielo da ormai quasi 30 anni: quando ero giovanissimo mi dilettavo nel disegnare ciò che vedevo all’oculare riportando su un taccuino tutto quello che il mio piccolo Konus da 6cm di diametro mi permetteva di osservare: crateri lunari, bande nuvolose di Giove, macchie solari fotosferiche, qualche ammasso globulare. Quello era il mio Universo osservabile ed io muovevo i miei primi passi nello spazio profondo.

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L’articolo è pubblicato in COELUM 268 VERSIONE CARTACEA