Paola se li ritrova tutte le mattine nella casella email. Marco ha la app per riceverli via RSS sul telefonino. Eleonora e Luigi, invece, li leggono sul web. Ma per tutt’e quattro, quale che sia il mezzo usato, controllare i nuovi articoli caricati su arXiv è immancabilmente la prima attività lavorativa della giornata. Un appuntamento quotidiano che condividono con centinaia di migliaia di ricercatrici e ricercatori di tutto il mondo: sono infatti 400mila gli utenti che ogni settimana si avvalgono del suo servizio di preprint, scaricando – sempre a settimana – un milione di paper, e caricandone a loro volta 75mila ogni anno. Come dire, non c’è fisico, astrofisico o matematico al mondo che non interagisca pressoché quotidianamente con arXiv. Completamente gratuito e accessibile a chiunque, è uno di quegli strumenti umilissimi – anche l’interfaccia grafica è quanto mai spartana – e cresciuti un po’ in sordina che però, nel corso degli anni, ha finito per trasformare in modo radicale il modo di lavorare, comunicare e condividere i propri risultati nel mondo scientifico, o quanto meno nel campo delle scienze cosiddette dure.
E pensare che all’inizio – esattamente vent’anni fa, era l’agosto del 1991 – il suo creatore, Paul Ginsparg, come racconta egli stesso in un articolo uscito sull’ultimo numero di Nature, si attendeva che arXiv avrebbe ospitato non più di 100 articoli all’anno. «Mi ero trasferito da poco al Los Alamos National Laboratory, nel New Mexico», ricorda ora, «e per la prima volta avevo un computer sul tavolo, tutto per me. Decisi così di creare un bulletin board, ma avevo in mente un gruppo ristretto di amici e colleghi, qualche centinaia, tutte persone che si occupavano di fisica teorica delle alte energie». Da allora, gli articoli finiti nel suo database sono diventati 700mila, l’arco di discipline contagiate dal fenomeno si allarga e la curva di crescita pare inarrestabile.
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Scienza 2.0, senza abbonamenti né peer-review
Il principio di funzionamento è molto semplice: sono gli autori stessi degli articoli a effettuare l’upload dei propri lavori. E di solito ciò avviene prima che vengano pubblicati sulle riviste scientifiche: da qui, il nome di preprint. «Li può caricare chiunque », dice Paola Grandi, ricercatrice all’INAF IASF Bologna, «anche se, generalmente, quando lo carichi dici già da quale rivista è stato accettato, e questa è un’indicazione di serietà del lavoro, perché significa che prima di essere messo in rete è stato vagliato dai referee. Quando ci sono competizioni scientifiche molto accese, però, le persone possono scegliere di caricare il loro articolo anche prima che sia passato attraverso la revisione d’una rivista: questo per poter dimostrare di essere stati i primi a scriverlo». Poi, una volta che l’articolo è caricato su arXiv, chiunque nel mondo – scienziato o meno – lo può leggere dal proprio PC, senza bisogno di alcun abbonamento o iscrizione. «E infatti i ricercatori, almeno per quello che ne so io, difficilmente poi vanno a sfogliare le riviste: non si guardano più, è tutto su arXiv».
Non solo: l’impatto di arXiv sulla letteratura scientifica è ormai tale che, come riporta Ginsparg nel suo intervento, la posizione in cui un paper appare nell’elenco giornaliero di una determinata disciplina influenza, addirittura a distanza di sei anni, il numero di citazioni che l’articolo stesso riceve. Un fenomeno che conoscono bene soprattutto i ricercatori più giovani, abilissimi a scegliere il momento migliore della giornata per effettuare l’upload. «Per noi italiani è alle dieci di sera, quando sul server di arXiv scattano le quattro di pomeriggio», rivela Eleonora Torresi, assegnista di ricerca all’INAF IASF Bologna. «Quella infatti è la deadline quotidiana: gli articoli sottomessi fino alle 21.59 (ora italiana) compaiono in rete già il giorno successivo, ma se sono la prima a caricarlo quando scattano le 22:00, il mio articolo apparirà sì due giorni dopo, dunque con un giorno di ritardo, però sarà il primo della lista». E visto che, solo per la sezione di astrofisica, la cosiddetta astro-ph, i nuovi articoli sono parecchie decine al giorno, essere in cima alla schermata è un modo quanto mai efficace per essere notati, ricordati e di conseguenza, come mostra Ginsparg, citati dai colleghi.
Gratuito, libero ed efficace, dunque. Ma il fatto di non contemplare un meccanismo di controllo, di peer-review, sulla validità dei lavori caricati – lavori che, come abbiamo visto, non necessariamente sono già stati accettati da riviste scientifiche – non mette a repentaglio la qualità del servizio? «Io penso di no, anzi: la storia c’insegna che nella scienza, a volte, i filtri possono risultare disastrosi. Per cui penso sia molto importante che esista anche un canale di contatto libero fra gli scienziati», afferma Luigi Foschini, dell’INAF Osservatorio astronomico di Brera, «e questo non può limitarsi alle email, ai blog o ai social network, perché alla fine, se si vuole fare scienza in modo dettagliato e accurato, l’articolo scientifico rimane il mezzo fondamentale. Senza contare che, potendo far circolare un nostro lavoro prima della pubblicazione, diamo ai colleghi la possibilità di segnalarci eventuali errori, o instaurare collaborazioni. E non dimentichiamo che persino i referee non sono infallibili, per cui può anche capitare che un articolo venga rifiutato senza che ce ne sia motivo».
Un successo insostenibile
In ogni caso, un minimo di controllo, anche su arXiv, esiste: se ne occupa un gruppo di moderatori, tutti volontari, che avvalendosi di filtri automatici e di una rapida lettura degli abstract riescono a intercettare i lavori più discutibili. Si tratta di una percentuale di paper irrisoria, molto al di sotto dell’1%, da quanto riporta Ginsparg, e quasi tutti confinati sempre attorno agli stessi argomenti: relatività generale, meccanica quantistica e teorie unificate per la fisica; prove dell’ipotesi di Riemann, della congettura di Goldbach e nuove dimostrazioni dell’ultimo teorema di Fermat per la matematica; e infine, per l’informatica, il problema P vs NP. Data la quantità enorme di articoli caricati ogni giorno, però, è comunque un’attività che richiede una notevole mole di lavoro.
Attività che, insieme alle tante altre comunque necessarie a tenere in piedi arXiv, i volontari su cui si regge il servizio ormai non sono più in grado di sostenere. Occorre un nuovo modello di funzionamento e finanziamento. Se ne discuterà in settembre, alla Cornell University, in un meeting con tutte le istituzioni internazionali che stanno sponsorizzando il progetto. Nel frattempo, arXiv si appella a tutti gli enti che quotidianamente ne fanno uso – università, dunque, istituti di ricerca e laboratori pubblici – per ottenere un aiuto a proseguire la sua missione.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo di Paul Ginsparg, “ArXiv at 20”
- Ascolta su Media INAF l’intervista a Luigi Foschini
- Visita il sito di arXiv, la sezione dedicata all’astrofisica (astro-ph) e la pagina con l’appello