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LA VIA DELLA COMPLESSITA’ PER GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE CRISI E DEI RISCHI DI DISASTRO
a cura di Alfonso Mangione Dip. FIBIOTEC –Fisica e Biotecnologie applicate allo Spazio, alla Geologia e all’ Ambiente, Istituto Euro-Maditerraneo di Scienza e Tecnologia
ABSTRACT
I recenti disastri che hanno colpito la zona di Valencia hanno messo in luce la vulnerabilità del territorio e la complessità delle risposte necessarie per gestire le crisi. Senza voler entrare nello specifico delle cause di tali eventi, l’obiettivo di questo articolo è offrire una prospettiva sul giusto approccio alla gestione dei rischi e delle emergenze. La gestione efficace delle crisi non può infatti limitarsi a un approccio tradizionale, ma deve abbracciare la complessità intrinseca degli scenari, integrando discipline diverse e sfruttando strumenti innovativi come le tecnologie virtuali e immersive. Questo articolo esplora come tale approccio multidisciplinare possa fornire nuove opportunità per migliorare la consapevolezza, la preparazione e l’operatività di soccorritori e cittadini di fronte a eventi disastrosi.
INTRODUZIONE
Uno scenario di rischio o di crisi coinvolge una serie di attività che possono essere pensate come parti di sistema tipicamente complesso, in cui ogni elemento mostra connessioni, anche multiple e spesso non lineari, con gli altri. Senza addentrarsi nel dettaglio delle definizioni risulta intuitivo collegare ad una situazione di rischio alcune idee che accompagnano la nozione della complessità quali quella del sistema a molte componenti, fuori dall’equilibrio, adattivo, la non-linearità, il caos, l’auto-organizzazione, i comportamenti emergenti, e molti altri, inclusa la multidisciplinarità. Quest’ultima vede affiancare alla fisica discipline che vanno dalla psicologia all’antropologia, alla sociologia, alla storia ed oltre. Un segno dell’interesse crescente nei confronti degli aspetti psicologici, sociologici, e storici collegati alle crisi e ai disastri, in aggiunta e in connessione con le discipline tecniche è dato dall’attenzione specifica a loro dedicata nei programmi di finanziamento EU degli ultimi anni (un esempio indicativo in Ref [1] ).
Esaminare gli scenari di crisi sotto la luce della loro complessità, e quindi, innanzitutto, delle connessioni multiple tra un congruo numero di parti componenti (geografiche, gestionali, operative, culturali, economiche, etc.) potrebbe apparire un esercizio dispersivo, non esattamente a vantaggio della pronta operatività e in generale della promozione della resilienza di un territorio colpito. In prima analisi, infatti, risulta evidente la numerosità degli ambiti da tenere in considerazione, la loro vastità e articolazione, e la difficoltà di individuare le cause che conducono a determinati effetti risultanti, all’interno di un sistema (ovvero l’“ecosistema” a rischio) che si auto-organizza in molte componenti dialoganti.
Tuttavia, l’approfondimento di (almeno) una parte significativa delle componenti del sistema in crisi (il territorio, le comunicazioni, le relazioni trans-nazionali, la multiculturalità sociale, il rapporto con i media, la storia e l’evoluzione locale della percezione, etc.), permette di “pesare” il contributo di ognuna delle parti sul risultante scenario di rischio che si è presentato o che si potrebbe presentare. A questo scopo, appare chiaro il ruolo fondamentale dell’aspetto simulativo (numerico e virtuale/immersivo). Si aggiunga inoltre che l’approccio “per parti concorrenti” nell’analisi di uno scenario di rischio non deve necessariamente riguardare tutti gli ambiti dialoganti e le scale di analisi più ampie, ma può essere ridotto a territori circoscritti, a singoli tipi di rischio (incendio, terremoto, inondazione, crisi sanitaria o altro), può riguardare solo porzioni di popolazione (ad es. gruppi considerati “vulnerabili” per quel rischio in particolare), o soltanto alcune categorie di soccorritori, o un settore economico in particolare. Gli ambiti e la scala dell’analisi possono quindi essere ridotti ad esempio ad un singolo evento o territorio o gruppo di popolazione etc.. Operativamente, tale approccio può portare ad un contributo innovativo nell’analisi degli scenari da disastro che si presentano al singolo soccorritore che opera sul terreno, quando supportato dalle tecniche di realtà virtuale/immersiva. Molte ricerche e progetti, basati sulla realtà virtuale sono stati sviluppati in anni recenti per supportare i piani di intervento (coordinamento e attività operative sul terreno) [2,3]. Gli scenari possono essere costruiti aggiungendo gradualmente le diverse cause concorrenti, per consentire di testare direttamente l’influenza sull’operatività sul campo.
Complessità negli scenari da disastro
Il presentarsi di un evento di grande impatto generalmente modifica lo scenario reale nel quale i soccorritori sono chiamati ad operare, e nel quale le vittime devono muoversi, rispetto alla sua forma consueta. In generale, un gap sostanziale esiste tra ciò che la popolazione potrebbe comunemente attendere dal verificarsi dell’evento impattante e quello che ne risulta nel caso reale, a causa delle diverse variabili concorrenti. In termini estremamente semplici ed esemplificativi, è possibile considerare il caso di un evento off-shore quale un terremoto (o lo scorrimento della lava da un vulcano nel mare), che causa le conseguenti onde di maremoto. Sulla base delle esperienze comuni, si può immaginare la semplice situazione di una goccia d’acqua che, una volta lasciata cadere in un contenitore riempito di liquido, genera una serie di onde che si propagano fino ad infrangersi contro le pareti del contenitore. Similmente, se si agisce con una ferma spinta data sul fondo del contenitore, se non troppo rigido. Si potrebbe traslare tale idea di base sulla scala di un oceano, come situazione di partenza, per poi aggiungere gradualmente gli elementi (le parti) che concorrono successivamente alla costruzione dello scenario. In termini di simulazione dell’evoluzione, questo implica la descrizione fisica di alcune fasi salienti: l’evento “t0”, tipicamente un distacco che accade sul fondo del mare; le risultanti onde, che solitamente si propagano in un regime per il quale è almeno soddisfatta l’eguaglianza D:λ=1:20, dove D è la profondità delle acque, e λ è la lunghezza d’ onda, con una velocità v=(gD)1/2 (dove g è l’accelerazione di gravità), non dipendente da λ, che consente loro di procedere quasi inalterate (si consideri inoltre che le variazioni significative del fondo avvengono su scale molto maggiori rispetto alle lunghezze d’onda in questione, quando lontano dalla costa); infine, l’infrangimento sulla costa, dove ci si aspetta una riduzione della lunghezza d’onda e un aumento dell’ampiezza (i meccanismi sono descritti nei testi di base, e in alcuni studi, esperimenti e simulazioni specifici, ad es. Ref [4,5]). Lo schema di base restituisce quindi la possibilità di calcolare i tempi di arrivo, conoscendo la distanza dall’epicentro. Quello che accade nel caso reale può risultare non esattamente sovrapponibile alla sola descrizione di base sopra riportata, a causa di una serie di effetti locali (elementi concorrenti allo scenario) che influenzano l’effettiva propagazione dell’evento. Un livello ulteriore di dettaglio andrebbe oltre gli scopi del presente lavoro, tuttavia è possibile riassumere almeno alcuni degli elementi che possono influenzare la rappresentazione finale dello scenario, quali: (i) la velocità di rottura, il tempo di risalita e la modifica del fondo marino durante l’evento-origine, che forniscono il profilo iniziale delle onde [4,6-7]; (ii) la correzione per le maree [6]; (iii) gli eventuali effetti locali dovuti all’interazione con le coste, il terreno e le isole, così come gli effetti di amplificazione delle baie chiuse, gli effetti di diffrazione e riflessione [4,6-7]. Tali elementi concorrono ad aumentare il livello di complessità del fenomeno, così come delle simulazioni collegate e quindi la sua rappresentazione virtuale/immersiva (ad esempio quando implicano la necessità di utilizzare modelli di evoluzione non lineari o quando i termini descrittivi dell’amplificazione delle onde a partire dalla costa differiscono da funzioni polinomiali [6]) ma allo stesso tempo ne restituiscono una rappresentazione più adeguata.
Quindi, la “sfida” per una conoscenza accurata dei fenomeni e delle caratteristiche locali che contribuiscono ad accrescere il grado di complessità degli scenari, la loro catalogazione e la possibilità di inserirli gradualmente all’interno delle simulazioni e delle conseguenti riproduzioni virtuali, può rappresentare uno strumento considerevole sia nell’addestramento mirato dei soccorritori, che per i gestori delle crisi, oltre ad avere un ruolo nell’incrementare la consapevolezza del rischio da parte della popolazione.
NB: al momento della stesura e pubblicazione dell’articolo i recenti fatti di Valencia non erano ancora accaduti, perciò per accompagnare visivamente lo scenario di intervento la redazione e l’autore hanno optato per un’immagine di fantasia. Quella a seguire. Alla luce però dei nuovi fatti e riproponendo la lettura digitale dello studio del dott. Mangione una recente immagine tratta proprio dall’emergenza spagnola si presenta come più che opportuna. Vedi immagine a destra.
Proposte metodologiche
La possibilità di incrementare la cognizione spaziale (intesa quale la capacità di avere contezza della posizione del proprio corpo all’interno di un ambiente, e di muoversi in questo senza perdersi) all’ interno di scenari complessi può contribuire in tutte le fasi collegate ad eventi impattanti. Una combinazione tra metodi utilizzati in ambiti differenti (quali la psicologia e le neuroscienze), le simulazioni numeriche (e la fisica in queste inclusa) e la realtà virtuale/immersiva può essere proposta quale schema per sviluppare strumenti utili allo scopo. In Ref [8] viene fatto uso di ambienti di realtà virtuale per indagare la qualità del trasferimento dell’apprendimento da un ambiente virtuale ad uno reale per indagare la cognizione spaziale, sulla base di tre fasi di conoscenza (Landmark, Route, e Survey), e secondo indicatori quali gli errori di percorso o le esitazioni. Nel caso di uno scenario da disastro, questa attività, sia essa inglobata nelle sessioni di addestramento o anche quale strumento digitale autoconsistente, risulterebbe di supporto per i soccorritori, i gestori delle crisi e anche per le popolazioni. I soggetti coinvolti, in una prima fase, aumenterebbero la loro capacità di fissare nell’immediatezza un numero sufficiente di punti di riferimento caratteristici individuati nei diversi scenari ipotizzati. In una fase successiva, i soggetti sarebbero allenati ad acquisire le vie più brevi tra i punti di riferimento individuati, al fine di stimare distanze e scorciatoie. Le task sarebbero presentate con livelli di complessità crescente. A tale scopo, sarebbero simulati scenari di disastri differenti, gradualmente implementati, sulla base dei diversi elementi che possono influire sulla reale evoluzione del fenomeno. Oltre che per i soccorritori, l’attività risulterebbe utile alle vittime dei disastri (si pensi ad esempio ai casi di persone con disabilità). In questo caso, lo scopo finale sarebbe di muoversi con rapidità e in sicurezza al’ interno dello scenario proposto, e possibilmente allontanarsi da esso (a differenza del caso dei soccorritori, che necessitano invece di raggiungerlo). Inoltre, risulterebbe interessante introdurre la distinzione tra task presentate in un riferimento esocentrico ed egocentrico rispettivamente [8]. Nel caso dei disastri, il primo punto di vista si riferirebbe ai gestori della crisi, mentre il secondo sarebbe più appropriato per i soccorritori e le vittime.
Conclusioni
L’utilizzo degli scenari virtuali da disastro con crescente livello di complessità dovuto a variabili di contesto, è stato preso in considerazione al fine di migliorare la capacità di cognizione spaziale di gestori della crisi, soccorritori, e vittime. All’interno di un approccio multidisciplinare, è stato proposto uno schema che coinvolge specifiche task per aumentare l’individuazione dei punti di riferimento e dei percorsi più rapidi e più sicuri per muoversi all’interno di uno scenario da disastro, al fine di raggiungere le aree di crisi, o di abbandonarle.
Reference
[1] https://tinyurl.com/2p86725b
[2] Bernardini, G. et al., A Non-Immersive VirtualReality Serious Game Application for FloodSafety Training, SSRN Electronic Journal,2022. DOI:10.2139/ssrn.4110990, 2022
[3] Lovreglio, R., Proceedings, Fire andEvacuation Modeling Technical Conference(FEMTC) 2020. https://www.researchgate.net/publication/3438091011961, 2020
[4] Stevenson, D., Physics Today 58, 6, 10 (2005).doi: 10.1063/1.1996451, 2005
[5] Uy, A., The Physics of Tzunami, TheUniversity of British Columbia
[6] Mori, N., CEJ, 2012, 54:1,1250001-1-1250001-27, DOI:10.1142/S0578563412500015, 2012
[7] Shigihara, Y., CEJ, 2021, https://doi.org/10.1080/21664250.2021.1991730,2021
[8] Wallet, G., Journal of Virtual Realityand Broadcasting, Volume 6, no. 4urn:nbn:de:0009-6-17577, ISSN1860-2037, 2009
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L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA