NGC 2371/72, la Gemini Nebula – Il primo “doppio” di cui vogliamo parlare si trova nella parte a nord della costellazione, nei pressi di Castore e Polluce; in una zona però abbastanza povera di stelle di riferimento. Per arrivarci il modo migliore è quello di partire da iota Geminorum (mag. +3,8) e poi di spostarsi di 1,7° verso nord, fino al punto in cui incontreremo una piccola nebulose planetaria… anzi,
due piccole nebulose planetarie! La doppia sigla di NGC 2371/2372 con cui viene indicato l’oggetto ci avverte infatti che ci troviamo di fronte a qualcosa di abbastanza inusuale. Ma andiamo con ordine…
La coppia fu scoperta la sera del 12 marzo 1785 da W. Herschel, che la descrisse come «due deboli nebulose di uguali dimensioni, entrambe piccole». L’astronomo anglo-tedesco vide infatti due diffusi punti di luce separati tra loro di circa 25″ e pensò si trattasse di due oggetti distinti. La reale natura dell’oggetto fu scoperta soltanto nel 1917 dall’astronomo americano Francis Pease (1881-1938), che dall’analisi
spettrale capì che si trattava di una planetaria. Inoltre, dalle fotografie a lunga posa, risolse anche il piccolo mistero della duplicità: i due piccoli globi non sono in realtà che le due regioni più luminose
di un insieme nebulare molto più esteso, che le più profonde riprese fotografiche rivelano di aspetto molto simile a quello di M27, la famosa planetaria della Volpetta. Le foto rivelano anche l’esistenza di
due condensazioni esterne separate e simmetricamente opposte al corpo principale. Questa piccola planetaria è stata oggetto d’attenzione di parecchi osservatori del passato; fu addirittura inserita nel “Catalogo di nebulose doppie” da D’Arrest nel 1856 e disegnata, tra gli altri, da Lord Rosse, Secchi e Lassell. Con l’andare del tempo, una volta risolto il mistero, la sua peculiarità è passata nel dimenticatoio, anche perché si tratta ovviamente di un’anomalia solo apparente, legata alle limitazioni dell’osservazione visuale. A questo proposito, ci sono pareri alquanto discordi sul diametro minimo necessario per riuscire staccarla dal fondo cielo. Personalmente ci sono riuscito anche con il classico 114/900 sotto un cielo non inquinato dalle luci; ovviamente l’apparenza era quella di un singolo puntolino di luce, mentre per riuscire a individuare il suo “doppio aspetto” è senz’altro necessaria un’apertura di almeno 250 mm. Con diametri da 300 mm in su, come dimostra quanto ho potuto annotare all’oculare del mio dobson da mezzo metro, la visione si fa un po’ più interessante, senza tuttavia mai arrivare a mostrare l’oggetto completo come fanno invece le migliori riprese fotografiche: «A 133x, la struttura a doppio guscio
è evidente, la nebulosità di sudovest (NGC 2371) appare leggermente più brillante di quella di nordest (NGC 2372). A 200x con filtro OIII è molto brillante, i due gusci somigliano ora a due parentesi tonde. Senza il filtro la luminosità si stempera un po’, i due gusci divengono più “soffici” e sfumati, con segni di struttura. Utilizzando la visione distolta fa capolino anche la stella centrale di mag. +15». Un invito ai lettori a ridare giusta dignità a questa autentica meraviglia celeste.
Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 52 di Coelum n. 178.