Erano le 1351 UTC quando è stata scattata da Ozaki Takashi (©) la fotografia qui a sinistra che, con una lunga esposizione, immortala lo splendore della fine missione della sonda spaziale giapponese Hayabusa, una delle più sofferte di tutti i tempi.
A causa di innumerevoli guasti il centro controllo ha dovuto inventare le soluzioni più disparate per risolvere tutti i problemi che man mano si verificavano sulla sonda. Dall’uso dei pannelli solari come vela allo sfruttamento dei motori a ioni per le correzioni di rotta.
Comunque la caparbietà orientale è stata premiata e dopo 7 anni di viaggio Hayabusa è riuscita a completare la missione. Resta ancora il dubbio se effettivamente nella capsula di rientro siano presenti i campioni di materiale, ma per questo ci saranno i laboratori che si prenderanno carico di verificarlo.
La JAXA (Agenzia Spaziale Giapponese) ha comunicato di aver localizzato la capsula rientrata e di aver pianificato l’immediato recupero.
La piccola capsula di circa 40 cm (foto qui a destra) di diametro è stata recuperata il 14 giugno 2010 nella base australiana Woomera.
Ad un controllo visivo appare perfetta e senza nessun tipo di danno. È anche stato recuperato lo scudo termico per verificarne le condizioni dopo il surriscaldamento sopportato durante il rientro a 43’000 km/h.
Ora dovranno essere rispettati dei rigorosi protocolli per l’apertura del contenitore in modo da evitare assolutamente delle eventuali contaminazioni.
Piccola nota a margine. Hayabusa, secondo i piani originari della missione, non doveva entrare in atmosfera, ma eseguire solo un passaggio radente per poi continuare la sua esplorazione. Purtroppo le anomalie che ha subito non hanno lasciato la possibilità di alternative.