Due ricercatori dell’Imperial College di Londra, Richard Court e Mark Sephton, hanno nuovamente affrontato la questione del metano marziano. Dato che sul Pianeta rosso – a causa delle reazioni che avvengono in atmosfera sotto l’azione della luce solare – questo gas ha una vita piuttosto breve, è necessario individuare quale meccanismo sia attivo nel rimpiazzarlo altrettanto rapidamente.
Tempo fa si era ipotizzato che all’origine del metano potesse esserci l’attività vulcanica, ma poi l’idea era stata abbandonata. Era stato anche proposto che un ruolo chiave potessero averlo le meteoriti, riscaldate nel loro passaggio attraverso l’atmosfera di Marte, ma nel loro studio Court e Sephton hanno mostrato che tale apporto risulta troppo esiguo per giustificare il mantenimento degli attuali livelli di metano. La ricerca è stata pubblicata qualche giorno fa su Earth and Planetary Science Letters.
“Quando abbiamo ricreato in laboratorio l’infuocato arrivo dei meteoriti – spiega Court – abbiamo rilevato una quantità di gas davvero minima. Per quanto riguarda Marte, insomma, i meteoriti hanno fallito il test del metano.” I dati di laboratorio ottenuti dai due ricercatori hanno infatti indicato che l’origine meteoritica potrebbe giustificare solamente una decina di chilogrammi di metano ogni anno, di gran lunga lontani dalle 100-300 tonnellate richieste.
A questo punto, dunque, sembra proprio che non restino che due teorie in grado di spiegare in modo plausibile la presenza del metano: o il gas è un sottoprodotto di qualche reazione chimica tra le rocce vulcaniche e l’acqua, oppure viene prodotto da qualche processo metabolico imputabile a microorganismi marziani.
Diciamo la verità, la seconda ipotesi è sicuramente la più intrigante. Peccato, però, che per avere la certezza non ci sia altro modo che andare su Marte.