Rappresentazione artistica della supernova ASASSN-15lh, come apparirebbe da un esopianeta distante da essa circa 10.000 anni luce. Crediti: Beijing Planetarium / Jin Ma

Preparatevi a un viaggio nell’estremo, in cui i numeri di cui parleremo saranno talmente smisurati da sembrare quasi impossibili. Partiamo da questo: 570 miliardi, il totale dei Soli che sarebbe stato necessario ammassare tutti assieme per ottenere la luminosità massima di un bagliore cosmico noto agli astronomi come ASASSN-15lh. Cosa può essere stata l’incredibile sorgente che lo ha prodotto? Una supernova? Forse si, ma non una qualsiasi: una supernova super-luminosa, la più  brillante mai scoperta finora. Di ASASSN-15lh ne avevamo parlato in occasione della pubblicazione su Sciencelo scorso gennaio, dell’articolo che descriveva la sua scoperta a cui aveva partecipato anche Filomena Bufano, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Subito dopo si è aperto un vivace dibattito tra gli addetti ai lavori per capire quale sia stato il “motore” che ha prodotto tutta l’energia necessaria ad alimentare quel potentissimo faro cosmico.

E parlando di energia, arriviamo al secondo numero da capogiro: gli astronomi hanno infatti calcolato che quella emessa da ASASSN-15lh era superiore ai 10^52 erg, tra la componente cinetica e quella legata alla radiazione. Dunque un valore a 52 cifre. Per avere un termine di riferimento, il nostro Sole dovrebbe brillare 160 miliardi di anni ininterrottamente per arrivare a emettere la stessa quantità di energia.

Da subito, i valori in gioco hanno portato a escludere i meccanismi classici di produzione energetica della supernova legati al collasso gravitazionale del nucleo del progenitore, ma allo stesso tempo mettevano a dura prova anche l’alternativa più ovvia: quella della magnetar, una stella di neutroni che con la sua energia rotazionale potrebbe in linea di principio fornire il “combustibile” necessario per alimentare ASSASSN-15hl. Va  comunque detto che questa soluzione non appariva del tutto convincente nemmeno agli stessi autori della scoperta.

Ora due ricercatori, Maurice van Putten, (Università di Seoul e Kavli Institute for Teorethical Physics a Santa Barbara, California) e Massimo Della Valle dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte a Napoli,  nel loro articolo “On extreme transient events from rotating black holes and their gravitational wave emission” pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society danno la loro interpretazione del processi legati allo straordinario flusso di energia rilasciato da ASASSN-15lh.

Lo studio parte dalla considerazione che questa emissione a cinquantadue cifre è molto vicina al budget energetico reso disponibile da una stella di neutroni e questo fatto implicherebbe la trasformazione di quasi il 100 per cento dell’energia rotazionale  della stella di neutroni in energia cinetica e luminosa.  Un risultato che solleva più di una perplessità, poiché in natura l’efficienza nei processi di conversione energetica di questo tipo, normalmente,  non supera la soglia del 15 per cento.

C’è poi da considerare il fatto che la distanza di questa supernova, stimata in 3,8 miliardi di anni luce, seppur ragguardevole, la colloca essenzialmente nell’universo locale. E’ quindi verosimile che ASASSN-15lh non sia il transiente di questo tipo più energetico mai esploso nel nostro universo. «La  storia dell’astronomia osservativa ci insegna» dice Della Valle «che nell’universo locale  vengono spesso osservati fenomeni transienti che non risultano certo tra i più  energetici delle rispettive classi di appartenenza, come SN 1987A nella Grande Nube di Magellano, SN 1885A in Andromeda e GRB 980425 osservato in una galassia a 150 milioni di anni luce».

«Queste due considerazioni ci hanno portato a identificare come possibile motore di ASASSN-15lh l’energia rotazionale di un buco nero rotante (o di Kerr), che è in grado di alimentare, attraverso il suo spinning-down, ovvero la perdita di energia rotazionale,  ASSASN-15hl con fattori di conversione standard dell’ordine del 10%» spiega Della Valle, che aggiunge: «Poiché l’energia disponibile è elevata, dell’ordine di 10^54 erg, una parte considerevole di essa può essere emessa sotto forma di onde gravitazionali. Quindi oggetti di questo tipo, vista la loro grande luminosità alle lunghezze d’onda ottiche, potrebbero risultare di estremo interesse per l’astrofisica multi-messaggio».  A questo proposito è interessante notare che se l’emissione energetica di questi transienti è alimentata dallo spinning-down del buco nero, è naturale aspettarsi che alla fine del processo esso risulti essenzialmente poco ruotante.  Questo scenario potrebbe quindi spiegare in modo naturale la presenza nell’universo di buchi neri caratterizzati da basso momento angolare, come quelli che sono stati invocati, ad esempio, per spiegare il sistema binario che ha prodotto l’onda gravitazionale GW 160914.

La linea in blu, che descrive la curva di luce legata al modello dello spinning down di un buco nero e quella tratteggiata in arancione associata al modello di emissione per una magnetar. La prima sembra adattarsi meglio ai dati sperimentali (rappresentati dai cerchi vuoti, misure fotometriche raccolte da Dong et al. per la supernova ASASSN-15lh)

«Nella visione comune i buchi neri sono dei “mostri” in grado di ingoiare qualsiasi cosa capiti nelle loro vicinanze» ha detto a Media INAF Maurice van Putten. «Tuttavia per quelli che nascono dal collasso di stelle molto massicce, e che siano rapidamente rotanti attorno al loro asse, il comportamento può essere sorprendente. Grazie al loro enorme momento angolare sono in grado di produrre grandi quantità di energia, fino a circa 10^54 erg, in buona parte sotto forma di onde gravitazionali. Ciò che rimane  è ancora sufficiente ad alimentare l’emissione energetica di ASASSN-15hl. Il prezzo, in termini di energia, lo paga il momento angolare del buco nero, che  in circa 100 giorni, rallenta la sua rotazione fino ad appena il 6% di quella iniziale.  Dopo aver costruito l’evoluzione temporale della luminosità di questo processo di spin-down del buco nero  ci siamo resi conto che il nostro risultato riproduceva l’evoluzione post-massimo del transiente. La parte di salita al massimo della curva di luce di ASSASN-15hl  è più difficile da riprodurre perché dipende dal collasso del nucleo del progenitore e dai meccanismi che hanno portato il buco nero a raggiungere la sua energia rotazionale massima. Questi processi dipendono dai rispettivi tempi scala, che non sono ben conosciuti, quando non sono proprio ignoti, ma ci stiamo lavorando».

Per approfondire

ASSASN-15hl e le Supernovae Superluminose di Filomena Bufano su Coelum 203 di settembre 2016



Meraviglioso Marte, nel nuovo numero di Coelum astronomia di novembre
In formato digitale e gratuito: Semplicemente… clicca e leggi!

3 Commenti