Una recente nota di agenzia ha divulgato la notizia (l’articolo originale è stato pubblicato su Coelum n. 75 Luglio/Agosto 2004) della prossima uscita di un libro di Anne-Lee e Joshua Gilder (Heavenly Intrigue, “Intrigo celeste”) che promette di svelare il “mistero” della morte di Tycho Brahe, per di più addossandone la colpa addirittura a Johannes Kepler (vedi anche “Kepler nei guai con la legge?” su Coelum n. 75, pag. 32).
La nostra prima reazione alla parola “mistero”, e soprattutto a quello che seguiva, è stata ovviamente di grande stupore. Nessuno studioso della vita e delle opere di Tycho e di Kepler, da Max Caspar a J. Dreyer, fino a E. Rosen e A. Kostler, ha infatti mai avanzato l’ipotesi che la morte di Brahe fosse dovuta ad avvelenamento, e men che meno che ciò fosse accaduto per mano di Kepler.

Gli autori del libro sostengono che Kepler agì delittuosamente per impossessarsi dei dati astrometrici accumulati dall’astronomo danese, ma la documentazione ufficiale testimonia il fatto che Kepler non avesse alcun plausibile motivo per avvelenare Tycho. Nell’autunno del 1601, infatti, Tycho invitò il suo assistente di recente nomina ad accompagnarlo alla corte dell’imperatore Rodolfo, dichiarando che: “…lui e Kepler si sarebbero assunti il compito di compilare un nuovo, superbo insieme di tavole astronomiche fondate sulle sue osservazioni [che…], con il grazioso permesso dell’imperatore, sarebbero state chiamate Tabulae rudolphinae […]. L’imperatore fu entusiasta dell’idea. [Tycho…] con questa audace decisione mise tutte le sue preziose osservazioni in mano a Kepler” (citato da: K. Ferguson, L’uomo dal naso d’oro, p. 266, Milano 2003).
Che movente avrebbe quindi avuto Kepler quando aveva ormai raggiunto il suo scopo, quello, cioè, di poter disporre liberamente delle sue preziosissime osservazioni planetarie?

Le spoglie mortali di Tycho Brahe (e quelle della moglie Kristina) giacciono dietro una pietra tombale (visibile nella sua interezza nella foto piccola in alto) nella Cattedrale di Tyn, sulla Piazza della Città Vecchia a Praga. L’ingrandimento del volto (qui sopra) mostra la menomazione al naso subita dall’astronomo in gioventù e ricostruita con una protesi.

Per quanto riguarda le tracce di cloruro di mercurio presente nei peli dei baffi di Tycho “[ritrovato] attraverso uno spettrometro di assorbimento atomico all’istituto di medicina legale dell’università di Copenaghen”, la cosa può essere spiegata senza ricorre ad ipotesi così estreme come quelle dell’omicidio. Patrizia Catellani, nota esperta di storia della farmacopea, da noi consultata ci scrive infatti: “il mercurio veniva usato fin dal 1495 per curare la sifilide e come antiluetico, ed entrava in oltre 100 sostanze diverse. Ad esempio, il bicloruro di mercurio, sciolto in acqua di calce e detto acqua fagedenica era utilizzato per le piaghe putride. Poi, l’argento vivo, o idrargirio, serviva ad uccidere i pidocchi, le pulci, combattere la rogna, l’empitegene, per il morbo gallico. Esso entrava nella composizione di moltissimi unguenti ed empiastri”.
Tycho, nel corso della sua vita, ebbe modo di entrare quotidianamente a contatto con il mercurio, sia per le sue attività di alchimista, dove il metallo era ampiamente utilizzato, sia per gli unguenti e le polveri medicinali che egli stesso si preparava ed assumeva. È noto che lo stesso imperatore Rodolfo si fece più volte curare da Tycho con preparati di cui non si conosce l’esatta composizione, e sarebbe interessante verificare se anche i baffi dell’imperatore conservino tracce di mercurio (fra l’altro, intorno al 1610, lo stesso imperatore fu vittima di strani attacchi di pazzia che potrebbero essere stati prodotti dal mercurialismo, un avvelenamento del sangue dovuto all’ingestione o all’inalazione di mercurio). Ricordiamo che Tycho fece uso per decenni di una pomata con la quale si ungeva il moncherino che aveva al posto del naso, triste ricordo di un duello giovanile, moncherino che poi ricopriva con una protesi in lega d’oro e d’argento. E non è da escludere che in tale impiastro ci fosse del cinabro (solfuro rosso di mercurio) o l’acqua fagedenica (bicloruro di mercurio sciolto in acqua di calce), con proprietà cicatrizzanti e disinfettanti, che nel corso del tempo possono aver prodotto il mercurialismo riscontrato nei baffi analizzati all’università di Copenaghen.

Infine, un cenno alla presunta “confessione” che i Gilder hanno visto come un’ammissione di colpa da parte di Kepler, che scriveva all’inglese Heydon: “Confesso che alla morte di Tycho, approfittai in tutta fretta dell’assenza o della non sorveglianza degli eredi per mettere le osservazioni sotto la mia custodia, o magari usurparle…”.
Al momento della morte di Tycho, Kepler stava lavorando sui moti di Marte e, conoscendo l’avidità dei parenti del danese, in particolare del genero di questi Franz Tengnagel, trasferì le note e gli appunti, del solo Marte, nel suo studio, per poi restituirli immediatamente quando gli furono richiesti. In effetti, Kepler aveva visto giusto: la prima mossa di Tengnagel fu di vendere immediatamente gli strumenti e l’intera biblioteca di Tycho all’imperatore.

Per concludere, un commento ad una nota autobiografica di Kepler, che per i soliti Gilder sarebbe un’ulteriore prova della sua colpevolezza nell’affaire Tycho. In un oroscopo autobiografico, che comunque per essere compreso andrebbe letto nella sua interezza, Kepler si definisce di “natura canina” e di avere “una vera passione per ingannare ed imbrogliare”. Ora, è ben noto che Kepler fu soggetto ad eccessi masochistici che caratterizzarono alcune sfortunate fasi della sua vita senza giungere però mai a perdere le sue eccezionali capacità intellettuali o a produrre manifestazioni paranoiche violente.
Il suo oroscopo, dal quale abbiamo tratto solo alcune parole, è sostanzialmente tracciato sulla falsariga di uno sfogo psicologico con finalità terapeutiche e fa uso degli insegnamenti dell’astrologia fisiognomica, una “scienza” molto in voga alla fine del Cinquecento (uno dei suoi maggiori esponenti fu il napoletano G. B. Della Porta), poi ripresa, sotto diversa forma, dai nazisti per definire i tratti razziali e psicologici ariani ed ebraici.
L’interesse per la fisiognomica nasce da una curiosità filosofica circa il nesso tra corpo e anima, esteriorità e interiorità, che costituisce uno dei processi di tematizzazione più complessi della cultura occidentale. È solamente sotto questo profilo che l’oroscopo autobiografico di Kepler deve essere letto e non, come fanno i Gilder, per cercare a tutti i costi le motivazioni psicologiche di un presunto delitto.

A nostro parere, la morte di Tycho Brahe fu naturale, con segni premonitori, attraverso un serio decadimento fisico, che si manifestarono fin dalla sua partenza da Hven. Può anche darsi che il mercurio, che Tycho sicuramente assumeva, abbia effettivamente avvicinato il tempo della sua dipartita, ma ciò non sembra giustificare l’ipotesi di un avvelenamento intenzionale.

Tratto da Coelum n. 75 – Luglio/Agosto 2004