Era previsto che la sonda giapponese Akatsuki, di circa 460 kg, accendesse il suo motore principale per circa 12 minuti intorno alle 2349 UTC di lunedì, diminuendo così abbastanza la velocità per essere catturata dalla gravità di Venere.
Gli ingegneri hanno confermato l’accensione del propulsore prima che Akatsuki passasse dietro Venere, cosa che avrebbe dovuto bloccare le comunicazioni per 22 minuti. Purtroppo, trascorso questo tempo, i tecnici non hanno rilevato la ripresa delle comunicazioni con Akatsuki come programmato, facendo cadere nello sconforto il centro di controllo missione a Sagamihara, in Giappone. I controllori hanno finalmente ricevuto i segnali dalla sonda alle 0128 UTC di martedì e i tecnici giapponesi sono all’opera per valutarne la posizione in modo da determinare se è entrata in orbita.
L’accensione per la frenatura e l’ingresso in orbita è realmente iniziata in orario e nella posizione giusta, ma quando le comunicazioni con la sonda si sono ristabilite, Akatsuki era in safe mode. Pare che subito dopo la scomparsa del Venus Climate Orbiter dietro il disco del pianeta, il veicolo abbia avuto un problema e sia appunto entrato in safe mode, interrompendo la spinta e fallendo così l’ingresso in orbita. Per questo motivo il centro di controllo ha faticato a recuperare il collegamento ed il blackout è durato oltre 90 minuti invece dei previsti 22.
Ora la sorte della sonda è in mano alle meccaniche orbitali e in base ai calcoli effettuati, basati sull’attuale rotta, risulta che la sonda si avvicinerà nuovamente a Venere fra sei anni…
Akatsuki, che significa “alba” in giapponese, era destinata a inserirsi in un’orbita fortemente ellittica di 547 x 189’000 km sopra la superficie di Venere.
Tre accensioni del propulsore principale avrebbero consentito di raggiungere l’orbita operativa che si estende su un’altitudine di 547 x 79’500 km. Le osservazioni scientifiche sarebbero dovute iniziare a gennaio comprendendo studi in tandem con l’orbiter Venus Express dell’Agenzia Spaziale Europea, che è in orbita dal 2006.
La missione Akatsuki è decollata il 20 maggio dal Tanegashima Space Center nel sud del Giappone ed ha viaggiato quasi mezzo miliardo di chilometri per raggiungere Venere.
Akatsuki ha cinque telecamere progettate per raccogliere dati senza precedenti sul clima e sul forte effetto serra del pianeta. Trasporta anche sensori per cercare vulcani attivi e per studiare i temporali.
L’atmosfera di Venere è costituita da biossido di carbonio molto denso, nubi di acido solforico e correnti a getto super-rotanti che raggiungono i 360 km/h. La copertura di nubi di anidride carbonica porta le temperature in superficie a oltre 480 gradi Centigradi, sufficiente per fondere il piombo. La pressione atmosferica, sempre in superficie, è circa 90 volte maggiore rispetto al livello del mare sulla Terra.
È la seconda volta che una sonda giapponese fallisce un inserimento orbitale su un altro pianeta.
Nel 1999 il malfunzionamento ad una valvola del propellente ha impedito alla sonda Nozomi di entrare in orbita attorno a Marte. La missione è quindi stata riconfigurata per un secondo tentativo da effettuare nel 2003, ma durante un brillamento solare nel 2002 la sonda è stata colpita in pieno da una scarica di plasma che l’ha danneggiata a tal punto da impedirne un ulteriore uso.
Dopo l’esperienza di Hayabusa sembra quasi che la JAXA si stia specializzando nel salvataggio di sonde in difficoltà!
L’ennesimo «miracolo tecnologico» giapponese? O magari una sonda made in Sweden dell’Ikea? Qualunque sia la risposta, complimenti!