Chi ha avuto la fortuna di vivere quei momenti speciali, intensi ed emozionanti degli anni delle missioni Apollo e, specialmente, della missione Apollo 11, a meno che non si trovasse direttamente nel centro di controllo della NASA o sulla Luna, facilmente, in quei passaggi cruciali della storia dell’umanità, si trovava di fronte a un televisore!
Il “piccolo passo” compiuto da Neil Armstrong, il coronamento di una missione iniziata solo qualche giorno prima, ma risultato di un decennio di intensi sforzi e grande lavoro, venne infatti trasmesso in diretta alle televisioni di tutto il mondo. E così tutti poterono osservare esterrefatti l’astronauta scendere la scaletta del modulo lunare Eagle e, infine, posare piede sulla polverosa superficie della Luna. Sono immagini che sono ormai scolpite nella storia, indelebili e indimenticabili. Eppure, a guardare con occhio critico, quelle immagini non sono poi così belle e nitide… ma stiamo parlando della fine degli anni ’60 del XX secolo e la trasmissione aveva origine su un corpo celeste posto a oltre 380.000 chilometri di distanza dalla faccia della Terra.
Non solo, le condizioni di temperatura e illuminazione, la disponibilità di potenza e le restrizioni sul peso imposti dalla missione, hanno necessariamente reso tutto più complesso, limitando anche la tecnologia già disponibile all’epoca. Ma come è stato possibile realizzare una trasmissione televisiva – in diretta per giunta – dalla Luna? Potrebbe sembrare una cosa piuttosto normale poter vedere oggi in televisione quel primo passo mosso dall’essere umano su un mondo diverso dalla Terra: la TV arriva ovunque e non ci si fa nemmeno più troppo caso. Anche all’epoca dell’Apollo 11, per la verità, la televisione aveva già raggiunto una diffusione piuttosto importante, ma una diretta dalla Luna?!
Già dal 1962 si cominciò a ragionare sulle specifiche di telecamere da mandare in volo con le missioni Apollo, ma per lungo tempo alla NASA si discusse se fosse davvero necessario trasmettere immagini dalle missioni, pensando al peso e considerate tutte le difficoltà logistiche legate al trasporto e alla messa in opera di telecamere in grado di riprendere e trasmettere l’impresa. Oggi potremmo farlo utilizzando semplicemente il nostro smartphone, e pure con immagini ad altissima risoluzione, ma negli anni ’60 le telecamere normalmente usate negli studi televisivi erano enormi, pesantissime e soprattutto assetate di energia!
Tutte e tre queste caratteristiche erano assolutamente incompatibili con una missione come quella dell’Apollo 11. Cosa fare dunque? Scartare l’idea? No di certo!
Poter osservare in tempo reale gli eventi, nel loro svolgimento, lassù, sulla Luna, non solo era di grande aiuto e valore per la NASA stessa, ma quasi dovuto al grande pubblico del mondo intero e, in primis, del popolo americano che aveva di fatto finanziato l’impresa e che stava passando anni bui e di scarsa simpatia nei confronti delle istituizioni, tra la guerra fredda con l’Unione Sovietica e il fallimento su tutti i fronti della guerra in Vietnam.
Ai giorni nostri, la NASA è divenuta maestra nel trasformare i fenomeni celesti e gli eventi legati al suo operato in veri e propri spettacoli mediatici, sappiamo bene quanto il destino delle missioni spaziali passi anche dall’opinione pubblica e dalla sua influenza sulle scelte della politica: nel ’69 quest’opera di marketing mediatico era agli albori, ma già se ne percepiva il valore.
Ma quale telecamera avrebbe potuto realisticamente essere trasportata e operata sulla Luna? Una telecamera minuscola ovviamente (in rapporto alle dimensioni dell’epoca si intende), di un paio di kg o meno, in grado di funzionare con pochi watt di potenza e sensibile a sufficienza per riprendere in condizioni di scarsa luminosità. Senza considerare, infine, che un tale aggeggio avrebbe dovuto resistere a sbalzi di temperatura di oltre 200° C. Insomma, dei requisiti, per il tempo, da fantascienza!
Inutile dire che nessuna telecamera allora disponibile si avvicinava nemmeno lontanamente a quelle specifiche. Ma, proprio come i miracoli tecnologici compiuti dagli ingegneri impegnati nella costruzione dei mezzi spaziali del Programma Apollo, un paio di risposte altrettanto estreme e quasi miracolose arrivarono dai laboratori dei colossi tecnologici Westinghouse Electric Corporation e RCA Corporation, che alla fine produssero le telecamere impiegate nelle varie missioni Apollo (a partire dalla Apollo 7), non solo per la ripresa dello storico primo passo ma anche quelle poi utilizzate all’interno delle navette e dagli astronauti scesi sulla Luna.
Il contratto per la camera utilizzata durante la diretta TV del primo passo sulla Luna lo vinse Stan Lebar e l’azienda per cui lavorava, la Westinghouse. Quella camera, in versione in bianco e nero, verrà utilizzata solo in quella occasione: negli archivi della NASA potete trovare e liberamente consultare un documento con i dettagli di tutte le camere usate nelle missioni Apollo e, tra gli altri, il manuale originale delle Apollo Lunar Television Camera sviluppate dalla Westinghouse con tutte le specifiche tecniche.
Ma le difficoltà non finivano di certo qui. La telecamera era solo il principio.
Lo standard delle trasmissioni televisive americane prevedevano un flusso di 30 fotogrammi per secondo (NTSC 30fps). La banda dati concessa dai sistemi radio delle navette Apollo non avrebbe mai permesso di trasmettere un tale flusso di dati. Senza contare che una buona parte della banda sarebbe comunque stata necessaria per le trasmissioni telemetriche, dei dati biometrici degli astronauti, per le comunicazioni audio e di navigazione. In conclusione, la banda disponibile sarebbe stata una frazione del necessario.
La soluzione in questo caso fu drastica: abbassare il frame-rate da 30 immagini al secondo ad appena 10.
Ottimo. A questo punto, con le telecamere appositamente sviluppate per l’occasione e gli stratagemmi tecnici adottati per effettuare le riprese e inviarle a Terra, una trasmissione televisiva dalla Luna era divenuta una possibilità concreta e reale.
Ma ancora non bastava.
Se le caratteristiche della trasmissione televisiva ripresa sulla Luna erano state fortemente alterate rispetto agli standard in uso, come avrebbero fatto gli spettatori a seguire quegli storici primi passi dai loro normali dispositivi televisivi? Era necessario effettuare una conversione in tempo reale.
La soluzione che venne pensata, e poi applicata, potrebbe sembrare sempliciotta e quasi casalinga, ma funzionò alla perfezione. Si trattò di utilizzare una telecamera televisiva standard per riprendere direttamente uno schermo speciale, di un dispositivo appositamente pensato per riprodurre le immagini ricevute dall’Apollo 11! Una doppia ripresa quindi… ma la cosa funzionò alla perfezione, anche se le differenti frequenze e framerate impiegati richiesero una speciale telecamera ad alta velocità, normalmente usata nelle riprese di eventi sportivi (e a quanto pare le immagini arrivarono “a testa in giù” per come la telecamera era stata agganciata al modulo lunare, come si può vedere nell’immagine in alto, quindi andavano anche “girate”).
Lo scotto da pagare, inevitabilmente, fu sul fronte della qualità delle immagini che, partendo già da un livello piuttosto basso, fu ulteriormente degradato dal “sistema di conversione”. Qui sotto vediamo a confronto le immagini ricevute e come sono risultate una volta ritrasmesse.
Il segnale originale, trasmesso direttamente dal modulo lunare Eagle alle grandi antenne della NASA a Goldstone (California, USA), a Canberra (Australia) e captato anche dal grande radiotelescopio Parkes (Australia) con la sua imponente antenna da 64 metri, era ben più nitido e luminoso di quello infine arrivato nelle case dei telespettatori di tutto il mondo. Ma di certo non ci si poteva lamentare e, sicuramente, lo stupore e l’emozione erano talmente intensi da convincere anche il più critico dei telespettatori a sorvolare sulla qualità delle immagini che, anche se buie e poco definite, non potevano che incantare letteralmente e lasciare stupefatti.
Una nota particolare è da farsi relativamente al fatto che la ripresa della discesa sulla Luna venne effettuata in bianco e nero. Le telecamere e la TV a colori erano già largamente diffuse all’epoca (anche se non ancora in Italia) e, nonostante gli stringenti vincoli imposti dalle missioni spaziali, era già stato possibile realizzare riprese a colori a bordo del modulo di comando Apollo a partire dalla missione Apollo 10. Eppure, per quella storica notte, il modulo lunare dell’Apollo 11 venne dotato di una telecamera in bianco e nero.
Le motivazioni erano legate essenzialmente alla minore sensibilità delle telecamere a colori e al loro maggior consumo di energia. Conservativamente, si optò per una tradizionale e più semplice telecamera in bianco e nero, perché sarebbe stata più efficace nel registrare i passi di Armstrong e Aldrin sulla Luna, nelle condizioni di alto contrasto tra le zone in ombra e le zone in luce, e di garantire un miglior rapporto segnale/rumore. E fecero bene… oggi possiamo vedere tutti come la scaletta di discesa dal modulo fosse in ombra, e di quanto abbaglianti siano invece, a confronto, le superfici illuminate dalla luce solare. Una trasmissione in bianco e nero avrebbe inoltre facilitato di molto la trasmissione a Terra del segnale televisivo e ritrasmesso in diretta a tutte le TV del mondo.
Nonostante tutti i suoi difetti e le soluzioni macchinose e arrangiate, quindi, anche la trasmissione televisiva in diretta dalla superficie del nostro satellite naturale è stata una prima volta da record, che ha richiesto ricerca e nuove soluzioni tecnologiche rientrando quindi a pieno titolo tra i grandi successi raggiunti in seguito alla conquista della Luna.
Di seguito un estratto di un documentario in cui si parla delle telecamere, della diretta televisiva e di come le immagini di allora siano poi state restaurate, con anche una breve intervista a Sten Lebar, l’uomo delle Apollo Lunar Television Camera, prime testimoni dello sbarco sulla Luna.