Immagine di uno dei campioni di roccia Ilmenitica-basaltica, il n. 12054, raccolto durante la missione Apollo 12 e utilizzato in studi come questo pubblicato su Nature Geoscience per risalire all’epoca di formazione del nostro satellite naturale. Crediti: Maxwell Thiemens, 2019

Tra le teorie che cercano di spiegare la formazione della Luna, la più accreditata è da tempo quella secondo la quale essa si sarebbe formata a seguito di una gigantesca collisione tra un corpo planetario dalle dimensioni di Marte e la Terra primitiva: la cosiddetta Giant impact hypothesis, o Teoria dell’impatto gigante. Uno scontro che avrebbe generato materiale a sufficienza per consentire al nostro satellite naturale, nel corso del tempo, di accrescere fino a diventare come lo vediamo oggi. Ma la sua età? Quanti anni ha la signora Luna?

Ebbene, secondo uno studio condotto da un team di scienziati dell’Istituto di geologia e mineralogia dell’Università di Colonia, in Germania, i cui risultati sono stati pubblicati ieri su Nature Geoscience, essa non si sarebbe formata 150 milioni di anni dopo la formazione del Sistema solare – come ricerche precedenti hanno stimato – bensì appena 50 milioni di anni dopo: insomma, l’età della Luna sarebbe di 100 milioni di anni superiore a quanto si credeva. A certificare questa nuova datazione è la maggiore abbondanza dell’isotopo 182 del tungsteno nei silicati lunari rispetto alla maggior parte dei silicati terrestri. Una differenza di composizione di elementi rari che indicherebbe una formazione meno recente di quanto si credesse. Insomma, la Luna sarebbe una splendida vecchietta con un’età di 4.51 miliardi di anni.

Una conclusione, questa, alla quale i ricercatori sono arrivati analizzando ciò che di più prezioso possediamo della Luna: i campioni di roccia portati qui sulla Terra dalle missioni Apollo, tra i quali anche quelli della missione Apollo 11, che proprio questo mese ha festeggiato il cinquantesimo anniversario. Rocce che «hanno registrato informazioni sulla formazione della Luna, e che si possono trovare ancora oggi sulla superficie lunare», dice il primo autore dell’articolo, Maxwell Thiemens.

In particolare, analizzando le firme chimiche di questi campioni, ovvero misurando le quantità di isotopi radioattivi di elementi come afniouraniotungsteno – i cui tempi decadimento sono noti, consentendone così l’utilizzo come orologio radioattivo naturale – e combinando queste informazioni con quelle ottenute da altri esperimenti in laboratorio, il team di ricerca ha stabilito che il nostro satellite avrebbe iniziato a solidificarsi, appunto, già circa cinquanta milioni di anni dopo la formazione del Sistema solare, avvenuta 4.56 miliardi di anni fa.

Secondo gli autori, l’eccesso dell’isotopo del tungsteno a cui accennavamo all’inizio – il tungsteno-182 – riscontrato nei campioni lunari esaminati è dovuto al decadimento dell’afnio-182. E poiché questo isotopo è esistito solo per i primi 60 milioni di anni dopo la formazione del Sistema solare, spiegano i ricercatori, la Luna non può essersi formata successivamente a quell’epoca, e dunque avrebbe iniziato a solidificarsi approssimativamente 4.51 miliardi di anni fa.

«Questa informazione implica che un eventuale impatto gigante deve per forza risalire a un periodo precedente», osserva a questo proposito Carsten Münker, tra i firmatari dello studio, «il che risponde a una questione fortemente dibattuta tra la comunità scientifica in merito alla formazione della Luna».

«I primi passi dell’umanità su un altro mondo, esattamente 50 anni fa, hanno fornito campioni che ci consentono ora di comprendere i tempi e l’evoluzione della Luna», conclude Maxwell. «E poiché la formazione della Luna è stata l’ultimo grande evento planetario dopo la formazione della Terra, l’età della Luna fornisce anche un’età minima per la Terra».

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Lo Sbarco dell’Uomo sulla Luna
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