COSTELLAZIONI DI GENNAIO 2024

“Quelle stelle che nel Nord, nelle notti chiare, sono lacrime ghiacciate tra miliardi di altre, la via lattea di gennaio come caramelle d’argento, veli di gelo nell’immobilità, che lampeggiano, pulsando al ritmo lento del tempo e del sangue dell’universo.”

Jack Kerouac, libro Maggie Cassidy

L’inverno è già arrivato nell’emisfero boreale e il cielo notturno è di una luminosità disarmante.

Il mese di gennaio ci offre una miriade di astri e asterismi che, dalla scienza astronomica alla mitologia, riempiono pagine di conoscenza e leggende.

Due costellazioni tipiche di questo periodo sono l’Auriga e il Toro, dalle figure facilmente identificabili sulla volta celeste, soprattutto per via delle loro luminose stelle principali.

AURIGA NEL CIELO DI GENNAIO

L’ Auriga è una costellazione settentrionale dalla caratteristica forma di pentagono, la cui parte centrale è attraversata da una porzione di Via Lattea che si delinea in direzione opposta a quella del centro galattico, ma che ospita comunque diversi ammassi e nebulose.

Si tratta di uno degli oggetti tipici dell’inverno boreale, che si staglia sulla volta celeste in compagnia delle grandi costellazioni di Toro, Orione e Gemelli e che nel mese di gennaio sarà vicina allo zenit.

Di certo la costellazione deve la sua fama alla sua stella più brillante, Alfa Aurigae, ovvero Capella: si tratta della sesta stella più luminosa del cielo notturno, di colore giallo, che dista dal Sole quasi 43 anni luce; l’astro è situato nella parte nord-occidentale dell’Auriga ed è ben visibile anche in un cielo urbano.

Nonostante Capella appaia ad occhio nudo come un singolo astro, in realtà è un sistema multiplo costituito da quattro componenti, raggruppate in due stelle binarie.

Un interessante aneddoto riguarda invece la stella Elnath (Beta Tauri), che si trova al confine con la costellazione del Toro: la stella appartiene ufficialmente alla costellazione del Toro, ma nel catalogo Bayer essa viene elencata come Gamma Aurigae (γ Aur): osservandola sembrerebbe essere un unico astro per due costellazioni!

OGGETTI NON STELLARI IN AURIGA

La costellazione dell’Auriga contiene un gran numero di stelle doppie, tra queste ADS 4262, formata dalle stelle HD 37646 e HD 37647, due astri dal colore biancastro entrambi di settima magnitudine, separati da 26″ e risolvibili anche con piccoli strumenti.

L’Auriga è una costellazione che ospita diversi oggetti già osservati da Messier, inseriti nel suo celebre catalogo con il nome di M36, M37 ed M38: si tratta di tre ammassi aperti molto conosciuti, composti da stelle giovani.

AMMASSO M38-CREDITI: MASSIMILIANO PEDERSOLI

Nell’immagine si può osservare l’ammasso M 38 ripreso da Massimiliano Pedersoli con un telescopio amatoriale di medie dimensioni (200 mm), in grado di mostrare sul lato sinistro di M38 anche un altro ammasso aperto, meno esteso: si tratta di NGC 1907, dall’aspetto molto compatto.

Un altro oggetto del profondo cielo presente nella costellazione dell’Auriga è IC 405, meglio noto con il nome di Flaming Star Nebula: si tratta di una nebulosa diffusa posta a 1630 anni luce di distanza, che può essere ripresa con la fotografia a lunga esposizione, come nell’immagine realizzata da @lorenzo72.

IC 405 CREDITI: Lorenzo Busilacchi

L’AURIGA NELLA MITOLOGIA

Come ogni altra costellazione e oggetto celeste, anche l’Auriga trova riferimenti nella mitologia: essa viene identificata con la capra Amaltea, rappresentata dalla stella Capella, animale che secondo la mitologia greca allattò Zeus quando venne abbandonato in fasce sull’isola di Creta.

All’animale e ai suoi capretti venne regalato un posto in cielo, nelle sembianze di luminose stelle, come segno di eterna gratitudine da parte del padre degli dei.

LA COSTELLAZIONE DEL TORO

Un altro asterismo particolarmente interessante da osservare nel cielo di gennaio e per tutto l’inverno è quello del Toro: si tratta di una delle costellazioni della fascia dello Zodiaco, compresa tra Ariete e Gemelli, e facilmente riconoscibile per la sua forma a V e per la sua stella principale Aldebaran, una gigante arancione grande 40 volte il Sole che con la sua magnitudine +0,95 rappresenta la quattordicesima stella più luminosa del cielo notturno.

Elnath (β Tauri) e Alheka (ζ Tauri9) sono gli astri che caratterizzano l’aspetto del toro, rappresentando le sue corna.

La costellazione del Toro si espande a est/sud-est dove un brillante ammasso aperto (a 150 anni luce da noi) conosciuto con il nome di Iadi, delinea la testa dell’animale; prospetticamente infatti Aldebaran (Alpha Tauri) sembrerebbe appartenere al vicino ammasso delle Iadima, in realtà, con il suo scintillio di colore arancio, rappresenta l’occhio del Toro.

M45: UN AMMASSO APERTO NEL CUORE DELL’INVERNO

Alla costellazione del Toro è strettamente associato un altro oggetto, uno dei più interessanti e conosciuti del catalogo Messier: M45, ovvero le Pleiadi.

Si tratta di un ammasso stellare aperto distante 440 anni luce da noi, collocato nella spalla del Toro, che prende parte alla sfilata degli oggetti più belli e suggestivi del cielo invernale, attirando sempre la curiosità degli amanti del cielo, che rimangono ad osservarne gli incontri celesti con la Luna o altri pianeti.

Senza l’ausilio di telescopi, anche guardando il cielo da un contesto urbano, sono visibili già sette fra le stelle più luminose dell’ammasso, la cui forma rimanda al piccolo carro.

Aiutandosi invece con un binocolo o con un telescopio si scopre che l’ammasso è molto più esteso, sono  infatti centinaia le stelle, in prevalenza giganti blu e bianche, che compongono l’ammasso; stelle legate da un’origine comune e da reciproche forze gravitazionali.

Nelle fotografie a lunga esposizione o all’oculare di un telescopio di apertura considerevole, non è difficile notare dei piccoli aloni che circondano i singoli oggetti luminosi: si tratta di nubi di polvere, dette nebulose a riflessione, illuminate dalle stelle, come nell’immagine ripresa dall’astrofila Marcella Botti.

M45 Pleiadi Crediti: Marcella Botti

La stella più luminosa dell’ammasso è Alcyone (η Tau), un interessante sistema stellare.

Le Pleiadi sono anche circondate da numerosi riferimenti mitologici, esse vengono sovente denominate le “sette sorelle”, rappresentate come ninfe della montagna, figlie di Atlante e dell’oceanina Pleione: Alcyone, Asterope, Celeno, Elettra, Maia, Merope e Taigeta.

Anche Pascoli ne fece riferimento nel Gelsomino Notturno: “La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolìo di stelle”è un’associazione fatta dal poeta, in cui le Pleiadi vengono paragonate a una chioccia che si trascina dietro una covata di pulcini intenti a pigolare e a diffondere la loro melodia per la volta celeste.

OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NEL TORO

In direzione della stella Alheka si trova uno degli oggetti più importanti in campo astronomico e nell’astronomia a raggi X, e rappresenta il primo oggetto del Catalogo Messier, M1, meglio nota con il nome Nebulosa del Granchio.

L’oggetto, dalla forma ad anello, si trova a circa 6500 anni luce dal Sistema Solare ed è ciò che resta dell’esplosione di una Supernova.

Durante la fase finale della sua vita la stella Supernova 1054ha espulso una grande quantità di materiali ferrosi e gas, generando un’esplosione in grado di proiettare tutti i propri frammenti a una grande distanza, che ancora oggi viaggiano a una velocità che sfiora i circa 1500 km/s.

Oggi il centro della nebulosa ospita ciò che resta della stella esplosa, una potente stella di neutroni che ruotando su sé stessa crea l’effetto pulsar.

L’esplosione della supernova 1054 non rimase inosservata: il 4 luglio del 1054 gli astronomi cinesi furono i primi ad accorgersi del nuovo astro apparso in cielo ed ebbero la fortuna di assistere al bagliore prodotto dall’esplosione per lungo tempo, visibile persino di giorno grazie ad una magnitudine dell’oggetto compresa tra −7 e −4,5 (per contro Sirio, la stella più luminosa del nostro cielo, ha una magnitudine apparante di solo -1.40).

Con così tanti dati a disposizione su questo oggetto, la Nebulosa Granchio è spesso impiegata dagli astronomi come elemento di calibrazione nell’astronomia a raggi X e negli studi dell’universo alle altissime energie.

M1 può essere individuata facilmente già con un binocolo, o ancor meglio con un telescopio anche amatoriale, dove apparirà come una macchia debole e chiara, caratterizzata da una luminosità poco omogenea.

Un altro oggetto deep sky presente nella costellazione è LBN 777, meglio conosciuto come “Baby Eagle Nebula”; si tratta di una nebulosa a riflessione inserita nel “Lynds Catalogue of Bright Nebulae”, situata nei pressi delle Pleiadi, da ammirare nell’immagine ripresa da Lino Benz del Gruppo Astrofili del Salento.

Lbn 777 credit LINO BENZ

LA COSTELLAZIONE DEL TORO NELLA MITOLOGIA

Il Toro è una delle costellazioni più antiche di cui si trovi traccia.

Ben 5.000 anni fa, il punto Gamma che indica l’equinozio di primavera, si trovava proprio in questa costellazione, nei pressi della stella Aldebaran.

Diversi riferimenti si trovano negli scritti dei Sumeri,dove la figura zodiacale assumeva connotazioni mitologiche e si rendeva protagonista di storie d’amore conflittuali.

Per gli antichi egizi invece i tori erano figure mitologiche da venerare.

Nell’antica Grecia il mito del Toro fu associato al Minotauro, frutto del tradimento consumato da Pasifa con il sacro Toro di Creta, alle spalle del marito Minosse.

Ma c’è anche un’altra storia che riconduce a Zeus e alle sue metamorfosi: pare infatti che il padre degli dei si fosse innamorato della principessa fenicia Europa, e che decise (che novità!) di sedurla, ricorrendo a ogni mezzo possibile.

Accadde che un bel giorno la bella Europa, mentre si trovava sulla spiaggia ingenua e spensierata, in compagnia delle sue ancelle, vide arrivare un bellissimo toro bianco, animale in cui Zeus nel frattempo si era trasformato per non destare sospetto nella principessa.

La fanciulla, ignara della vera natura dell’animale, ne fu talmente attratta da salirvi in groppa e da lasciarsi trasportare al galoppo attraversando il mare, fino a raggiungere l’isola di Creta.

Ma una volta giunti a destinazione l’ingenua fanciulla fece un’amara scoperta: Zeus infatti le si manifestò nelle sue reali sembianze, abusando di lei.

Dall’unione infelice nacquero Minosse, Radamanto e Sarpedonte.

Rembrandt Harmensz. van Rijn The Abduction of Europa_- Google_Art_Project

 

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