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Leggi la prima parte
In Luna crescente, per quanto riguarda il mese di luglio, vengono indicate le serate del 14 e del 15 con la Luna in fase di 4,8 e 5,8 giorni rispettivamente, visibile dalle ore 22:00 circa fino al suo tramonto previsto intorno alla mezzanotte. Per il mese di agosto invece le serate del 13 e del 14 con la Luna in fase di 5,2 e 6,2 giorni rispettivamente, visibile dalle ore 21:00 circa fino alle 23/23:30 quando scenderà sotto l’orizzonte.
Come utile e interessante alternativa, si consiglia inoltre di effettuare osservazioni della medesima regione lunare anche in Luna calante, precisamente nelle tarde serate del 27 e 28 luglio (sorge 23/23:30) e del 25 e 26 agosto (sorge 21:52/22:12 rispettivamente).
Come sempre i suggerimenti che seguono valgono ogni volta che la Luna si trova in condizioni simili di illuminazione.
Per individuare il mare Tranquillitatis basterà orientare il telescopio sulla scura e vasta area basaltica situata fa i mari Serenitatis a nordovest, Fecounditatis a sudest e Crisium a est.
Rima, rupes e domi del cratere Cauchy
Dopo le strutture visitate nei precedenti numeri, puntiamo ora il telescopio sull’angolo sudest di questo grande bacino lunare da impatto focalizzando l’attenzione su Cauchy, un interessante e brillante cratere di 14 km di diametro proveniente dal Periodo Geologico Copernicano collocato a non oltre 1 miliardo di anni fa.
Il nome a questo cratere venne assegnato da Neison nel 1876 e dedicato al matematico francese Augustin Louis Cauchy (1789-1857).
La cerchia delle sue pareti, alta 2600 mt, presenta un discreto stato di conservazione mentre nella platea non vi si individuano dettagli degni di nota.
Nell’area esterna, per quanto riguarda i crateri, segnalo Cauchy-D e Cauchy-W a est di 9 e 4 km di diametro rispettivamente, Cauchy-V e Cauchy-U di 5 km di diametro a sudest, Cauchy-E e Cauchy-C entrambi di 4 km a sud, Cauchy-M di 5 km a sudovest e Cauchy-F e Cauchy-B di 4 e 6 km a ovest. Ma la vera peculiarità di questa regione lunare consiste in alcune caratteristiche geologiche che ne rendono interessantissime le osservazioni al telescopio, partendo dal fatto che il cratere Cauchy è situato proprio fra due eccezionali strutture: Rima Cauchy a est e Rupes Cauchy a ovest.
Iniziando da Rima Cauchy, giunta ai nostri giorni dal Periodo Geologico Imbriano collocato da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa, si tratta di un largo solco che con andamento moderatamente sinuoso si estende per circa 220 km in direzione sudest-nordovest da Cauchy-V (5 km) fino in prossimità del cratere Maraldi-W (4 km) transitando poco a est del cratere Cauchy.
All’osservazione telescopica mediante piccoli strumenti, intorno a 80/100mm di diametro, a circa 150 ingrandimenti non sarà difficile individuarne la tipica morfologia di una fratturazione della superficie lunare, nota come “graben“, formatasi in seguito allo sprofondamento di una sorta di trincea in cui, in epoche remote, scorrevano grandi flussi di materiale lavico.
Per quanto riguarda Rupes Cauchy, anche questa proveniente dal Periodo Geologico Imbriano (da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa), si tratta di una faglia che, orientata in senso sudest-nordovest e profonda alcune centinaia di metri, con andamento prevalentemente rettilineo, si estende per circa 130 km dai rilievi montuosi a nord del cratere Zahringer (12 km) fino in prossimità della coppia di crateri Sinas-J e Sinas-H di 6 km di diametro.
In questo caso, l’osservazione al telescopio ne rivelerà una differente morfologia rispetto alla già vista Rima Cauchy, trattandosi di un notevole esempio di faglia lunare costituita in realtà da una imponente e ripida scarpata in cui si potrà individuare la presenza di alcune ramificazioni secondarie. Imperdibile occasione per osservazioni fotovisuali in alta risoluzione, meglio ancora se in prossimità del terminatore e con un seeing almeno decente.
All’origine di queste eccezionali strutture vi sarebbe il progressivo raffreddamento degli strati di magma che in epoche remote ricoprivano determinate regioni del nostro satellite.
A ovest-sudovest di Rupes Cauchy segnalo altre due eccezionali testimonianze dell’antica attività vulcanica della Luna, due rilievi a cupola con la sommità arrotondata e generalmente noti come “domi“: Cauchy-Tau privo di cratere sommitale ma con vari craterini sparsi sulle sue pareti e Cauchy-Omega su cui si potrà tentare di individuare il minuscolo craterino sommitale. Entrambi hanno un diametro di 12 km e provengono dal Periodo Geologico Imbriano (da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa).
Inoltre segnalo due interessanti strutture originate da vulcanismo estrusivo, Cauchy-4 immediatamente a nord di Cauchy-Tau e Cauchy W 1 situato nell’area di Cauchy-Omega di 8 e 9 km di diametro rispettivamente, quest’ultimo con una caldera sulla sommità.
Il mare Tranquillitatis: un libro della storia geologica della Luna
Ma, come avremo modo di osservare, il mare Tranquillitatis offre interessantissimi spunti per andare alla ricerca delle innumerevoli testimonianze dell’antichissima storia geologica del nostro satellite che nei primi miliardi di anni contribuì in modo così determinante a modellare la superficie lunare così come la possiamo osservare oggi con i telescopi.
È infatti veramente notevole la presenza di innumerevoli coni vulcanici anche di piccole dimensioni situati non solo nella regione del cratere Cauchy ma anche, ad esempio, nelle vaste aree intorno ai crateri Maskelyne, Sinas, Maraldi, Vitruvius, Jansen e Arago, andando a interessare praticamente gran parte della superficie del mare Tranquillitatis.
Notare che purtroppo la maggior parte di questi rilievi ha dimensioni tali al punto da renderne difficoltosa l’individuazione con gli strumenti generalmente utilizzati dagli astrofili. Generalmente l’osservazione telescopica fotovisuale dei domi lunari viene inevitabilmente condizionata, e anche seriamente limitata, in seguito alla loro conformazione a cupola arrotondata con la base estesa per circa 10/20 km, alta non oltre alcune centinaia di metri sulla cui sommità sarà possibile individuare vari dettagli fra cui una eventuale minuscola bocca eruttiva ed altre irregolarità.
Per andare alla ricerca dei domi lunari col proprio telescopio appare indispensabile lavorare in condizioni di luce solare radente (ma non eccessiva!), cioè con le strutture che intendiamo osservare situate in prossimità della linea del terminatore tenendo sempre presente che in tali condizioni le lunghe ombre proiettate da determinati rilievi potrebbero alterarne una corretta percezione.
Per quanto riguarda Arago Alpha e Arago Beta, si tratta di strutture a domo di origine vulcanica entrambe di 20 km di diametro e almeno apparentemente prive di bocche eruttive sommitali, formatesi nel Periodo Geologico Imbriano collocato da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa e situate a nord e ovest dell’omonimo cratere Arago.
Il nome è stato assegnato da Madler nel 1837, dedicato all’astronomo e fisico francese Dominique Francois Arago (1786-1853), che fu direttore dell’Osservatorio di Parigi e autore nel 1862 di L’Astronomia Popolare.
Anche con strumenti di diametro intorno ai 100/110mm e con ingrandimenti di 120/150x, non sarà difficile notare per entrambi questi domi una base dalla forma irregolare e lievemente ellittica con orientamento nord/sud nonostante la modesta altezza di circa 200 metri rispetto al suolo circostante.
Puntando il telescopio poco a nord di Arago Alpha, si segnalano 5 minuscoli rilievi a domo con diametri di 5/6 km per la cui dettagliata osservazione si rende indispensabile lavorare in luce solare radente in prossimità del terminatore lunare anche in considerazione della modesta inclinazione delle rispettive pareti.
Immediatamente a sud dello stesso Arago Alpha merita almeno una visita Arago A1, un rilievo vulcanico di 15 km di diametro e con una caldera sommitale, mentre immediatamente a sud di Arago Beta si segnala Arago B1 un domo dalla struttura relativamente complessa sulla cui sommità si potranno individuare alcune caldere multiple.
Spostandoci ora in prossimità dell’angolo nordest del mare Tranquillitatis puntiamo il telescopio sul cratere Gardner – dedicato al fisico americano Irvine Clifton Gardner (1889-1972) – di 19 km di diametro giunto ai nostri giorni dal Periodo Geologico Eratosteniano collocato da 3,3 a non meno di 1 miliardo di anni fa.
Le pareti intorno al cratere, alte 3000 metri, si presentano ben conservate mentre nella relativamente appiattita platea non si notano dettagli degni di nota. Nell’area esterna non può mancare una dettagliata osservazione del cosiddetto “Gardner Megadome” (noto anche come Vitruvius T1) situato poco a sud dell’omonimo cratere Gardner. Si tratta di un notevole complesso vulcanico estremamente interessante avente una forma emisferica con strutture a domo anche multiple e con la presenza inoltre di varie bocche eruttive sulle rispettive sommità.
Le dimensioni del Gardner Megadome sono di 61 km di diametro con un’altezza di 975 mt. Sulla parte più alta di questa eccezionale struttura è presente il cratere Vitruvius-H di 22 km di diametro che, almeno teoricamente, potrebbe essere quanto oggi rimane dell’antica caldera o bocca eruttiva principale ormai ricolma di materiali.
Sul versante occidentale del Gardner Megadome notiamo i crateri con una forma decisamente irregolare Vitruvius-B e Vitruvius-C di 18 e 15 km di diametro rispettivamente, mentre il versante rivolto a est appare più levigato probabilmente a causa dei flussi di lava ormai solidificati.
Per completare questa proposta osservativa concentriamo l’attenzione su Maraldi, un cratere di 41 km di diametro proveniente dal Periodo Geologico Nectariano collocato a 3,8 miliardi di anni fa. Il nome è stato dedicato all’astronomo italiano Giacomo Filippo Maraldi (1665-1729) nipote di Gian Domenico Cassini autore di numerose ricerche in campo astronomico.
Contornato da basse pareti alte circa 1300 mt, Maraldi si presenta irregolare e degradato mentre la platea è appiattita e quasi priva di dettagli ad eccezione di minuscoli craterini e di un basso rilievo collinare.
Nell’area esterna, a sud segnalo Maraldi-E di 31 km ed il più vasto Maraldi-D di 67 km di diametro entrambi parzialmente delimitati da basse pareti notevolmente degradate e in diretta comunicazione fra loro.
Immediatamente a nord invece l’arrotondato rilievo del monte Maraldi esteso per 15 km e alto 1300 mt.
A delimitare l’estremo margine orientale del mare Tranquillitatis, i crateri Lyell di 32 km e Franz di 27 km di diametro, oltre i quali vi è l’antichissima area collinare nota come Palus Somni (Periodo Geologico Pre Imbriano da 4,5 a 3,8 miliardi di anni fa) estesa per circa 210 km in direzione del mare Crisium.
I nomi sono stati dedicati rispettivamente al geologo scozzese Charles Lyell (1797-1875) e all’astronomo e selenografo tedesco Julius H. Franz (1847-1913), che assegnò a sua volta la rispettiva denominazione ai mari lunari Anguis e Marginis.
Ancora più a nord la regione pianeggiante del Sinus Amoris estesa per 260 km oltre la quale si apre la zona degli antichissimi monti Taurus la cui origine viene fatta risalire al Periodo Geologico Pre Imbriano collocato da 4,5 a 3,8 miliardi di anni fa, estesi alcune centinaia di chilometri e con vette alte circa 3000 mt.
In questa regione lunare così tormentata in cui prevalgono innumerevoli e antichissimi crateri in rovina, segnalo Newcomb di 41 km di diametro con pareti di 2200 mt (Periodo Geologico Eratosteniano da 3,2 a non meno di 1 miliardo di anni fa) e il meno antico Romer (Periodo Geologico Copernicano, a non oltre 1 miliardo di anni fa), anche questo di 41 km ma con pareti alte 3400.
Buone osservazioni a tutti!
Guida all’osservazione di Statio Tranquillitatis, dove atterrò l’Apollo 11.
Tutte le guide di Francesco Badalotti all’osservazione delle formazioni lunari