Il CanSat come attività didattica

Per quelli che hanno vissuto di persona l’epopea moderna delle missioni Apollo, o per chi ha visto con i suoi occhi l’epoca dei lanci degli Space Shuttle, parole come queste sono ancora capaci di far venire la pelle d’oca.
Il conto alla rovescia, il boato e l’esplosione di fiamme dei motori.
E poi la colonna di fumo, il razzo che diventa sempre più piccolo nel cielo, fino a scomparire del tutto. L’emozione pura di un futuro in cui tutto sembrava possibile.

Ma sono passati più di 10 anni dall’ultimo volo dello Shuttle, e quelli che per gli adulti sono ricordi ancora vivi e recenti, per gli studenti e le studentesse delle scuole sono storia lontana.

E mentre centinaia di satelliti volano sopra le nostre teste, e perfino la presenza umana in orbita sembra un fatto quasi scontato, si è perso in parte il gusto della frontiera che ha sempre caratterizzato l’avventura nello spazio. Anche la tecnologia, sempre più digitale e virtuale, ha perduto quella sensazione concreta, di “cose” da smontare e rimontare. Per questo, all’interno della didattica non formale, grande valore acquista il laboratorio.

Perché il modo migliore per insegnare qualcosa è senza dubbio la sperimentazione. E poche cose sono più entusiasmanti di costruire e lanciare il proprio razzo verso il cielo.

L’articolo completo disponibile sul n. 255 Aprile-Maggio

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