L’inquinamento di per sé è un’alterazione, degrado e contaminazione di una sostanza o di un ambiente, indotti da cause esterne, specialmente per effetto dell’opera dell’uomo. E le varie forme di inquinamento, nel corso degli ultimi decenni sono ormai tristemente conosciute: da quello delle acque a quello dell’aria che respiriamo, fino al più recente inquinamento acustico e radioattivo. Quello invece prodotto dalla luce è decisamente meno noto (fatto salvo ovviamente per i lettori di questa rivista), sebbene anche in questo caso l’elemento inquinante sia fisico, ossia determinato da fotoni dispersi nell’ambiente esterno durante le ore notturne emessi da sorgenti artificiali.
Convenzionalmente si esclude dal concetto di inquinamento luminoso tutta quella luce che rischiara la notte per effetto delle sorgenti naturali come la Luna. Peraltro, le definizioni che si riscontrano nei dizionari e nella letteratura specialistica sono differenti perché gli effetti sono molteplici, complessi e coinvolgono diversi campi del sapere scientifico. In un tentativo di sintesi, l’inquinamento luminoso potrebbe essere definito come un’alterazione dell’ambiente per effetto della variazione dei livelli di luce naturale notturna causata dalle luci artificiali.
A causa dell’incremento del problema, dagli anni Novanta del secolo scorso, il fenomeno dell’inquinamento luminoso ha trovato, oltre a una sua esplicitazione formale, una sua certa notorietà. In effetti l’incontrollata e abnorme crescita della quantità di luce artificiale porta con sé una catastrofica catena di conseguenze che, a prima vista sembrerebbero di pertinenza solo di coloro che fanno ricerca astronomica o, tutt’al più, anche di chi contempla il cielo o se ne occupa per finalità non professionali: i cosiddetti astrofili. In questa ultima categoria di ‘astronomi da giardino’ rientrano però anche dilettanti che contribuiscono in modo significativo alla divulgazione e alla didattica delle scienze fisiche e astronomiche, nonché persone che partecipano a programmi di ricerca con i professionisti. Per gli scopi di questo articolo sottolineo come l’attenzione riguardo alle criticità, che questa forma di inquinamento del cielo manifestava già in modo netto alla fine degli anni Ottanta del XX secolo, furono accolte, con poche eccezioni, proprio dai non professionisti. In particolare riferisco che le azioni propulsive più convincenti in campo legislativo e tecnico sono state condotte da astrofili riuniti o meno in forma associativa e da alcune organizzazioni ambientalistiche, alle quali stava particolarmente a cuore anche la protezione del cielo stellato come parte dell’ambiente: la cosiddetta altra metà del paesaggio. Parimenti non si può che stigmatizzare la politica improntata al laissez-faire di parte della comunità scientifica, ma soprattutto le incertezze e le deboli contromisure adottate riguardo al tema preoccupante dei satelliti artificiali. Segnatamente, l’invio di migliaia di essi per telecomunicazioni da parte di soggetti privati, Elon Musk in testa (ma anche Amazon e via discorrendo), sta pregiudicando drammaticamente la possibilità di avere un cielo stellato libero da finte costellazioni costituite da oggetti prodotti dall’uomo. Decisamente stonata l’idea di progresso per l’umanità di Musk, se poi la persona più ricca del mondo invia con la sua società Space X decine di migliaia di satelliti artificiali come se il cielo fosse affare privato. Molti la chiamano space economy, io vi ritrovo più una situazione da Far West del XXI secolo e di inquinamento luminoso spaziale, aggiungendo così un ulteriore aggettivo a questa forma perniciosa di degrado della volta celeste. Infatti, la luminosità del cielo notturno causato dalla luce solare riflessa e diffusa dai satelliti artificiali, secondo le stime preliminari pubblicate nel giugno del 2021 sulla prestigiosa Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: Letters potrebbe aver già raggiunto un valore equivalente a un aumento di circa il 10% della luminanza naturale del cielo. Non è quindi difficile prevedere che le prossime costellazioni di satelliti artificiali, oltre a essere futuri detriti spaziali, aumenteranno in modo determinante questa nuova fonte di inquinamento luminoso. Ma fin da ora, come sarà capitato a molti astrofotografi, gli oggetti artificiali in orbita attorno alla Terra, quando vengono ripresi con un’elevata risoluzione angolare e con rilevatori ad alta sensibilità, appaiono come strisce individuali, ma soprattutto indesiderate, nelle immagini a uso scientifico e in quelle effettuate anche solo per una mera finalità artistico-estetica delle meraviglie del Cielo.
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