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L’attesa della fine in Italia

La notizia della fine del mondo arriva sui giornali italiani all’inizio del 1910 e lì per lì nessuno ci da peso, si pensa a un espediente per accalappiare i lettori, a una trovata estemporanea di cronisti a corto di notizie… “Cos’altro potrebbero inventare, ormai?”
Pian piano, però, con l’accumularsi degli articoli, delle interviste, dei diagrammi la gente arriva a capire che non si tratta di deliri o di lontane profezie: è cosa seria, scientifica. Non ci sono dubbi, dicono gli astronomi. Nella notte tra il 18 e il 19 maggio la Terra attraverserà la coda della Cometa di Halley, composta di gas rari e venefici: istantaneamente su di essa ogni forma di vita perirà. Uomini e animali giaceranno, secondo la lettera delle antiche Scritture, “come letame sulla distesa del campo”. S’interpellano fisici, chimici, matematici: i calcoli sono esatti, l’evento – si dice – è ineluttabile.
Particolare risonanza di qua e di là dall’oceano hanno le dichiarazioni del celebre astronomo Flammarion circa la “prossima catastrofe”.
Dappertutto nel mondo si diffonde il panico.
Il numero dei suicidi – fatto incredibile ma vero – cresce man mano che ci si avvicina al fatidico appuntamento con la Cometa, fissato per le 3:20 antimeridiane di giovedì 19 maggio. Mercoledì 18, vigilia della fine, il quotidiano La Nazione esorta i fiorentini a pentirsi e a raccomandare l’anima a Dio con parole che non sarebbero dispiaciute a fra’ Girolamo Savonarola: “Facciamo dunque l’esame di coscienza – dice l’anonimo editorialista – e chiediamo perdono a Dio dei nostri innumerevoli peccati: domani o domani l’altro noi non saremo più”.
Già nelle prime ore della sera tutta la popolazione è per strada. Le chiese, aperte, rigurgitano di folla fin sui sagrati e nelle piazze.
I Lungarni sono gremiti in modo inverosimile; nessuno, per quanto vecchio o malato, tollera l’idea di morire da solo. Di tanto in tanto echeggiano spari, nelle vie e nei vicoli del centro, si svolgono brevi inseguimenti, colluttazioni furibonde: i giornali di giovedì 19, che usciranno tutti nelle ore pomeridiane e serali, parleranno di decine di arresti, di un confronto aperto, frontale tra la polizia e la malavita che s’è mobilitata al completo per saccheggiare appartamenti e negozi di oreficeria… Delitti vengono compiuti nella certezza dell’impunità.
A Bagno a Ripoli un giovane di 23 anni massacra a bastonate il patrigno; in via Valfonda, di fianco alla stazione, si troverà il cadavere di un uomo morto in circostanze non chiare.
Bande d’ubriachi s’aggirano cantando oscenità improvvisate sull’aria del Miserere, del De profundis, del Dies irae, degli inni stessi che i devoti stanno cantando nelle chiese. Cortei spontanei, con fiaccole, salgono verso il piazzale Michelangelo e Dino con loro, in mezzo a gente mascherata che balla polche o cancan dandosi il ritmo con ogni sorta di strumenti: fisarmoniche, raganelle, barattoli…
“Eccoli qua, gli impiegati di questa Cassa di Risparmio che è il mondo. Che patteggiano la propria morte col Padreterno nelle chiese o la tramutano in festa, con quest’assurda gaiezza: perché la morte è uno sperpero e perché lo sperpero, per loro, non è cosa da prendersi sul serio. Mai”.
Dai cespugli a fianco dei viali vengono gemiti e rantoli d’accoppiamenti sbrigativi. Il cielo è zeppo di stelle: dove sarà la Cometa?
“Il piazzale Michelangelo – annota sul suo taccuino il cronista della Nazione – rigurgita di una folla che inebriata di una letizia quasi carnevalesca attende allegramente di poter salutare la bella chiomata Cometa”.

“Il piazzale Michelangelo è ingombro di automobili, biciclette, motociclette e carrozze che hanno condotto quassù centinaia e migliaia di persone”. Purtroppo, l’ora trascorre senza che la Cometa s’affacci a sterminare gli umani; la gente appare “delusa”.
“Alle 3,20 l’aspettativa dei numerosi spettatori è andata delusa perché la Cometa non è comparsa”. “Mentre appaiono le prime luci a Oriente, Venere brilla in un crepuscolo meraviglioso come sopra lo smalto di una conchiglia, vivendo di luci e di riflessi”. “La Cometa non è apparsa! La folla discende giù pei giardini e per le rampe fiorite”.
Brano tratto da “La notte della cometa”  (S. Vassalli, , Einaudi- Torino 1984, pp. 133-134)