A ben pensare, il più lontano ricordo che ho di questa stella non è un’osservazione fatta nel cielo estivo, come classicamente accade, ad occhio nudo o con l’ausilio di qualche strumento bensì una rappresentazione, presente in un libro di scuola, delle sue dimensioni comparate a quelle del Sole. Fu proprio quell’immagine a colpire irrimediabilmente la mia immaginazione: la meraviglia nel constatare che il Sole, nella pur sua accecante potenza, risultava rispetto ad Antares nella medesima proporzione tra una capocchia di spillo ed un copertone di un automobile! Qualcosa di enorme e, allo stesso tempo, molto, molto lontano. Per il sottoscritto, quella visione fu l’inizio di un lungo approccio, che perdura tutt’ora, con le enormi dimensioni dell’Universo e degli oggetti in esso contenuti: meglio, la prima reale constatazione di quanto piccola sia la nostra stella madre!

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Le mie prime osservazioni dirette della stella – esclusivamente effettuate ad occhio nudo – così come quelle della costellazione cui Antares appartiene, arrivarono qualche anno più tardi, dal terrazzo di casa. Ricordo benissimo la prima volta che riuscii a distinguere distintamente l’intera costellazione dello Scorpione: un’emozione davvero forte in quanto pochissime altre costellazioni, che nel frattempo stavo imparando a riconoscere notte dopo notte, risultavano disegnate da stelle tutte di elevata luminosità; una caratteristica che avevo rilevato solo per il Grande carro, sempre visibile in ogni notte dell’anno così come Cassiopea, il bellissimo Orione, l’Auriga con il suo caratteristico pentagono e il Leone che saliva in primavera affacciandosi con il suo caratteristico “falcetto”.

Lo Scorpione si inseriva prepotentemente tra queste figure non solo per il fatto di essere una costellazione “luminosa”, ma anche per essere quella il cui disegno di stelle, più di tutte le altre, meglio ne rappresentava la figura: la testa, la sua prima parte ad elevarsi sull’orizzonte a sud-est ancor prima che iniziasse l’estate, seguita dalla lunga coda ricurva che finiva con le splendenti Shaula e Lesath – che bellissimi e sognanti nomi esotici! – che ne delineavano il caratteristico pungiglione.

Per il sottoscritto, non ci volle molto a scoprire, tra l’altro, che dalle propaggini estreme della testa dello Scorpione partivano due serie di stelle che, seppur più deboli, rappresentavano gli elementi caratteristici dell’aracnide, le chele: delle quali, in particolar modo quella meridionale, era davvero perfetta. A proposito delle chele: grande stupore quando appresi che parte delle stelle della Bilancia, la costellazione zodiacale che precede lo Scorpione, erano in passato parte di esso: erano infatti le due stelle più luminose della Libra celeste a rappresentare proprio le chele che quindi, in tempi antichi, evidentemente erano ancora più grandi di quanto non lo siano oggi; i nomi Zuben-al-shemali e Zuben-el-genubi, derivano proprio da termini con cui i un lontano passato gli arabi indicavano, rispettivamente, “la chela settentrionale” e “la chela meridionale”.

Non c’è n’era più per nessun’altra: lo Scorpione era la mia costellazione preferita! La più bella e, allo stesso tempo, la più interessante per le stelle e gli oggetti “deep-sky” in essa contenuti. Ne aspettavo sempre la comparsa verso maggio, quasi ad annunciare l’arrivo della stagione calda con il meritato stop temporaneo delle vacanze estive. Avevo imparato nel frattempo a conoscere la costellazione dello Scorpione nei suoi dettagli, acquisendo da ogni possibile informazione all’epoca disponibile i dettagli sulla sua storia, sulle sue stelle e su tutta quella categoria di oggetti celesti presenti entro i suoi “confini”: questi erano limiti chiaramente inventati dalla mente dell’uomo e per nulla esistenti in natura ma che, con un grande sforzo di fantasia, si potevano comunque immaginare come disegnati proiettando idealmente i meridiani e paralleli terrestri sulla sfera celeste. Seppur tutto questo appariva ai miei occhi come affascinante, la costellazione dello Scorpione soffriva di un particolare di non poco conto: da costellazione australe qualè, essa sale poco di sopra dell’orizzonte, il che comporta che parte del suo effettivo splendore venga meno a causa delle foschie, tipicamente presenti nelle nottate estive. E non importa se la si osservi dall’Italia settentrionale o da quella meridionale, laddove le sue stelle sono viste più alte di 5 o 8 gradi: tale differenza non rende affatto giustizia alla sua bellezza. Osservarla da qualche località al di sotto dell’equatore terrestre, stando ad esempio al tropico del Capricorno, deve essere uno spettacolo davvero incredibile: lo Scorpione allo zenith, con la luminosissima luce rossastra di Antares a contrastare le dense nubi stellari (e oscure) della Via Lattea, quasi come un faro rosso nella nebbia!

La sua evidente particolarità cromatica si riflette nel suo nome proprio che, al contrario di quanto spesso si riscontra nell’etimologia relativa alle stelle, non è di origine araba; per gli antichi greci, infatti, la stella che segna il cuore dello scorpione, sia per luminosità che per il colore era il perfetto rivale del pianeta in cui essi rappresentavano il dio della guerra, Ares: il fulvo colore di Marte forse più di ogni altro rappresentava il sangue e la morte. La luminosa stella dello Scorpione ne era quindi l’antagonista; il prefisso “anti”, accostato al nome del dio, formarono quell’”anti-Ares” da cui derivò il più greco Aντάρης, esattamente l’Antares oggi a tutti noto. Ma non è questo l’unico caso in cui il mito associava il rosso colore di Antares alla morte. Lo Scorpione, piccolo com’era, riuscì infatti ad iniettare il suo veleno mortale al possente cacciatore Orione, che perì proprio a seguito di tale puntura; a seguito di tale episodio, entrambe le figure vennero poste nei cieli dagli dei l’una diametralmente opposta all’altra tanto che lo Scorpione, evidentemente non ancora soddisfatto, insegue in una eterna fuga ancora il gigante Orione che tramonta ad ovest allorché l’aracnide sorge nel cielo orientale. Mito a parte, vedremo tra poco come Antares abbia in effetti notevolmente “a che fare” con una nota stella della grande costellazione invernale.

Dando un’occhiata all’elenco delle stelle più luminose per magnitudine apparente, Antares, di magnitudine 1,07 (valore, questo, medio in quanto la stella è variabile) risulta al sedicesimo posto, preceduta di pochissimo a Spica (1,04) e seguita da Pollux (1,15). Eppure, nonostante la posizione di tutto rilievo di Alpha Scorpii – nome con il quale venne designata dal Bayer nella sua Uranometria del 1603 – basta davvero poco a realizzare come le informazioni su di essa reperibili in letteratura siano assai più modeste rispetto a quanto si possa trovare per la stella considerata sua gemella: Betelgeuse. Sia nella saggistica cartacea che nella rete o su siti specializzati nell’osservazione di stelle variabili (dato che anche Alpha Orionis lo è), una ricerca per la voce “Betelgeuse” porta infatti a numerosi risultati; pochissimi, al contrario, quelli riscontrati per “Antares”! Le due stelle, quasi diametralmente opposte l’una all’altra nel cielo, hanno l’invidiabile primato di essere le supergiganti rosse a noi più vicine, particolare che, almeno in teoria, le avrebbe dovute rendere target di numerose ricerche a livello professionale. Eppure, in letteratura, la supremazia di Betelgeuse è netta…sarà forse perché, splendendo mediamente di magnitudine 0,42, essa risulta quindi più luminosa di Antares o, forse, perché gli studi condotti nel tempo su Betelgeuse sono stati maggiormente apportati da telescopi situati nell’emisfero terrestre settentrionale. Certo è che, essendo entrambe le stelle assai simili tra loro per parametri fisici e poste, tra l’altro, a simile distanza, qualsiasi dato per Betelgeuse è da considerare di gran lunga affine per Antares; dati che, variando nel tempo in funzione degli strumenti adoperati, via via sempre più sofisticati, fornivano ora all’una ora all’altra il primato in quella che a tutti gli effetti è diventata per lungo tempo una reale competizione sulla “supergigante” rossa per antonomasia. Ma a chi spetta il vero primato in termini di dimensioni, luminosità e massa? Alla stella che segna il cuore dello Scorpione o a quella che delinea la spalla destra del gigante?

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LA SUPERGIGANTE PIU’ VICINA

Pur essendo una costellazione zodiacale, lo Scorpione intercetta solo per un brevissimo tratto l’eclittica. Il Sole, infatti, ne attraversa la parte più settentrionale per soli 6 giorni all’anno ma tale circostanza risulta comunque fortunata per l’Alfa dello Scorpione che, distando appena 5° dall’eclittica, viene spesso occultata dalla Luna, particolare che ha permesso di discernere una particolarità esibita da pochissime altre stelle: la precisa rilevazione del suo diametro angolare sotteso, che nell’infrarosso risulta essere di 44,4 ± 2 millesimi di secondo d’arco. Una quantità davvero minima, equivalente a come apparirebbe una moneta da 1 euro vista da 500 km di distanza!

Eppure, anche osservata con i grandi telescopi attraverso tecniche interferometriche che ne dovrebbero notevolmente migliorare la risoluzione, Antares appare sempre “sfocata” ai bordi, la dove è presente un notevole oscuramento della sua fotosfera. Certamente, tale opacità dipende dalla lunghezza d’onda alla quale essa viene osservata: ad esempio, nell’infrarosso Antares appare più grande di come essa si rileva in luce visibile o in UV. E’ un dato di fatto che anche Antares, da buona supergigante rossa quale essa è, perde notevoli quantità di materiale gassoso a causa della bassissima densità della sua atmosfera esterna; la pressione di radiazione infatti spazza all’esterno l’atmosfera gassosa, rendedone i margini esterni mal definiti: qualcosa di simile ad una sorta di immenso limbo stellare. Ad ogni modo, fatta una media delle osservazioni a più lunghezze d’onda e messo tale valore in relazione alla distanza valutata in 600 anni-luce (desunta dalle caratteristiche spettroscopiche della stella e non sulla parallasse, impossibile da rilevare), una stima piuttosto ragionevole del raggio di Antares lo equivale a circa 870 volte quello del Sole! Stando a tale valore, Antares risulta quindi una stella colossale, a tutti gli effetti una delle più grandi conosciute: per avere un’idea, se essa si trovasse idealmente al posto del Sole, al suo interno sarebbero contenuti tutti i pianeti rocciosi interni del Sistema Solare, Terra e Marte inclusi, inglobando tranquillamente anche la fascia principale degli asteroidi ed arrivando, con la sua superficie esterna, al 75% del raggio dell’orbita di Giove!

Le grandi dimensioni sono in parte all’origine dell’elevata luminosità della stella, che nel visibile è circa 9400 volte la luminosità solare; combinando questo valore con la distanza, si ottiene una magnitudine assoluta pari a −5,14: in altre parole, se Antares distasse dalla Terra circa 32 anni-luce (10 parsec), la sua luminosità supererebbe anche quella del pianeta Venere quando rifulge splendidamente prima dell’alba o dopo il tramonto del Sole! La grande emissione nell’infrarosso di Antares è dovuta alla bassa temperatura superficiale, stimata in circa 3400 K, valore che secondo Wien, ne colloca il picco di emissione luminosa sostanzialmente nell’infrarosso; infatti, Antares emette solamente il 13% della sua energia radiante sotto forma di luce visibile e questa è assorbita e riemessa a lunghezze d’onda ancora maggiori dal grande complesso di polveri e gas che avvolge la stella fino ad un raggio di almeno 5 anni-luce da essa. Cosa certamente difficile da immaginare, ma proviamoci: se l’occhio umano fosse sensibile a tutte le lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico, Antares sarebbe una delle stelle più luminose di tutta la volta celeste, apparendo non dissimile da Venere al massimo della sua luminosità (−4,6)! Nonostante questo, la grande superficie radiante non è sufficiente a spiegarne la grande luminosità assoluta; si stima, pertanto, che Antares possieda una massa piuttosto elevata stimata, secondo simulazioni computerizzate, in una quindicina di volte la massa solare. Rapportando dimensioni e massa, la densità della stella risulta estremamente bassa: infatti, sebbene il volume dell’immenso astro rosso sia oltre 130 milioni di volte il volume del Sole, il rapporto massa-volume fornisce una densità media di 5 × 10^−8 volte quella solare, una densità addirittura inferiore al miglior vuoto spinto realizzabile sulla Terra.

Sfido chiunque ad immaginare un colosso di simili dimensioni: letteralmente impossibile!

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GEMELLA DI BETELGEUSE?

Il modo migliore per capire le reali caratteristiche di Antares è quello di compararla alla più nota Betelgeuse, in quella che sembra essere una competizione senza fine tra due colossi: ma qual è lo stato dell’arte? Come detto, a seconda dell’epoca e della strumentazione utilizzata per lo studio di questi due astri, non c’è mai stata una netta supremazia dell’una rispetto all’altra; infatti, nel momento in cui una grandezza dell’una primeggiava sull’altra, la “rivale” esponeva invece altri dati che la rimettevano in gioco.

Fino a qualche anno addietro, ad esempio, Betelgeuse sembrava avere la meglio sulla stella dello Scorpione, essendo ritenuta contemporaneamente più luminosa e grande; dopodiché, il revival di Antares fu epocale: risultando più distante, di conseguenza essa era anche più grande e intrinsecamente luminosa. C’è da dire comunque che tra queste due variabili, Betelgeuse è apparentemente più luminosa, collocandosi al nono posto nella lista delle stelle più splendenti nel cielo notturno. Ma quale, tra le due, possegga maggiori dimensioni e luminosità è certamente una grandezza che ha come chiave la distanza dalla Terra: questione a lungo irrisolta poiché, come detto, il bordo poco marcato di queste immense stelle non giova a rilevarne la corretta parallasse utile a determinarne la lontananza.

In anni recenti, la stella dello Scorpione venne stimata da diversi astronomi professionisti ad una distanza considerevolmente maggiore di quella di Betelgeuse, la qual cosa ovviamente le apporta maggior luminosità e dimensioni; la stima attualmente più corretta per Betelgeuse la pone infatti a 640 anni-luce, attribuendole quindi una magnitudine assoluta pari a -5,6; Antares risulta invece poco più vicina, essendo a 600 anni-luce e il corrispettivo valore di magnitudine assoluta pari a -5,3. In termini di rilascio energetico, Betelgeuse emette nel visuale 9400 volte la luminosità del Sole mentre Antares circa 10000, poco di più quindi. Tenendo conto dell’intera energia emessa in tutto lo spettro (magnitudine bolometrica), l’emissione di Betelgeuse è nettamente superiore, pari a 135 mila volte quello della nostra stella in luce visibile mentre quella di Antares è “solo” 90 mila volte maggiore: evidentemente, tale grandezza è in relazione al raggio che, nel caso di Betelgeuse, pari a 1035 volte quello del Sole, risulta maggiore del 19% rispetto a quello di Antares, 870 volte più grande. La stella di Orione risulta avere una massa 16 volte, poco maggiore di quella di Alpha Scorpii che è 14 volte maggiore.

In definitiva, comparando le due stelle con i dati ricavati dalle ultime ricerche su di esse condotte, Betelgeuse risulta più grande e luminosa, seppur non considerevolmente: una vittoria al fotofinish, verrebbe da dire! Le due stelle, ad ogni modo, possono essere quindi tra loro considerate “analoghe”, ovvero con caratteristiche fisiche simili. Certamente, ad Antares spetta il record di supergigante rossa più vicina al Sistema Solare.

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STELLA VARIABILE

Una categoria nella quale Antares certo non può rivaleggiare con Betelgeuse è l’ampiezza della variazione luminosa: nessun’altra stella di prima grandezza, infatti, mostra delle marcate variazioni di luminosità in intervalli di tempo così relativamente brevi come Betelgeuse. La supergigante rossa dello Scorpione, al contrario, mostra ampiezze più contenute, precisamente tra le magnitudini 0,88 ed 1,16; nel Catalogo Generale delle Stelle Variabili, essa è classificata come irregolare lenta di tipo LC, alternando prolungati periodi di stabilità della durata di 4,75 anni ad altri in cui si osservano variazioni della stessa ampiezza nell’arco di circa 200-260 giorni. Quanto più una stella è massiccia, tanto più varia in modo irregolare durante le ultime fasi della sua esistenza. In questo senso le due supergiganti rosse a noi più vicine si troverebbero a metà strada fra le supergiganti rosse morenti di massa più piccola come Mira Ceti, che mostrano periodi abbastanza regolari, e supergiganti rosse di massa molto grande come Mu Cephei, che mostrano regolarità alcuna. Le apparenti regolarità riscontrate nella variazione luminosa di Antares sono in realtà caratterizzate da parecchie fluttuazioni tra loro sovrapposte.

Alcune di queste variazioni, quelle con periodi più brevi, sono riconducibili allattività delle supercelle convettive che trasportano l’energia prodotta nel suo nucleo fino presenti alla superficie dell’astro. Tuttavia, sottratte queste variazioni, è stato possibile mediante osservazioni compiute nel corso di diversi anni, stabilire che Antares presenta almeno due periodi di variazione sovrapposti, per nulla regolari ma caratterizzati da picchi e irregolarità. Sebbene sia possibile dare diverse interpretazioni di queste variazioni nella velocità radiale, quella che sembra più accreditata le interpreta come dovute alla pulsazione della stella, che conosce periodi di espansione e periodi di contrazione: fenomeno, questo, che ha sicuramente un ruolo di notevole importanza nelle variazioni del vento stellare di Antares.

Curiosamente, esiste una testimonianza che relega ad Antares il raggiungimento di una magnitudine minima, pari a circa 1,8: valore che nell’occasione l’avrebbe resa addirittura la seconda stella dello Scorpione in ordine di luminosità! Può aver esibito un simile comportamento anche in altre occasioni? Potrebbe divenire nuovamente così debole anche in futuro? Eratostene riportò, ad esempio, che la vicina stella Zuben-al-shemali (β Librae) fu in un certo periodo la stella più luminosa in quella che in passato era la grande costellazione dello Scorpione; ed anche Tolomeo riportò, stranamente, che la medesima stella ed Antares splendevano della stessa luminosità. Oggi, la stella della Bilancia splende solo di magnitudine 2,6, presentandosi quindi molto più debole della Alfa dello Scorpione. Dando ciò che riportarono gli antichi astronomi privo di errore, allora β Librae deve essere stata considerevolmente più luminosa in passato e non Antares ad essersi indebolita.

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ANTARES B

Sfruttando le serate con il seeing e la trasparenza migliore, purtroppo assai rare nel periodo estivo, un telescopio da almeno 10 cm dovrebbe risultare efficace nel rilevare che, a poco più di 2,5″ d’arco, Antares è affiancata da una stella di cinque magnitudini più debole ma dalla colorazione acquamarina, che rende quindi un acceso contrasto cromatico con la luminosa supergigante rossa. Senz’altro, una delle stelle doppie più belle da osservare in un telescopio.

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Antares B, così come è stata chiamata, venne per la prima volta osservata da Burg a Vienna il 13 aprile 1819 proprio durante un’occultazione lunare: in quell’occasione, infatti, una stella, da lui stimata di magnitudine 6,7, emerse dal lato oscuro della Luna per prima, sparendo cinque secondi più tardi nella rossa luce satura della stella principale. L’astronomo interpretò tale episodio come prova della duplicità di Antares. Pur essendo una stella di tipo spettrale B2,5 cui corrisponde una tonalità azzurra notevolmente accesa, la compagna si Antares è stata quasi sempre descritta da numerosi osservatori come “verdastra”, cosa che io stesso posso confermare da alcune osservazioni risalenti ad alcuni anni addietro. E’ senz’altro una interessante questione; quasi certamente, il colore percepito all’oculare non è reale ma dovuto ad un effetto di contrasto, poiché l’intenso colore arancine tendente al rossastro della stella principale induce a percepire la compagna di colorazione complementare, cioè verde. Moderne misure sulla luminosità apparente di Antares B mostrano che, in realtà, la stella non è poi così debole, essendo di magnitudine 5,4; un valore ragguardevole. Paragonandola ad un’altra nota coppia di stelle, infatti, la compagna di Sirio risulta circa 10.000 volte più debole rispetto alla sua stella primaria mentre la luminosità apparente di Antares B è solo 1/370 quella della principale, ovvero 170 volte il Sole. Non solo: è anche più vicina ad essa rispetto a Sirio B, tanto che al momento Antares B è a 2,65” d’arco da Antares A: separazione che sta costantemente diminuendo al tasso di circa 0,01” d’arco all’anno.

Ma cosa sappiamo di certo relativamente ad Antares B? Tenendo conto della distanza e della separazione angolare, essa è lontana dalla principale circa 574 Unità Astronomiche. Dall’epoca della sua scoperta, nessun movimento relativo è stato osservato nella coppia, il che ha portato a ritenere che Antares B si possa muovere lentamente su un’orbita lunghissima, stimata tra 1200 e 2600 anni; in alternativa, si è addirittura pensato ad un caso di puro allineamento, portando quindi a descrivere la coppia come una doppia prospettica. Ad accorrere in aiuto nello stabilire la reale relazione gravitazionale tra le due stelle ci ha pensato il comune moto proprio, che è sempre parallelo e della stella quantità rispetto alle stelle di fondo. Evidentemente, Antares B ci appare quasi ferma a causa della prospettiva con la quale essa appare muoversi lungo la sua orbita attorno ad Antares A, ma il legame fisico tra le due esiste eccome. La classificazione stellare di questa stella, B2.5, la colloca tra i primi tipi laddove ci sono le stelle più calde; la presenza nel suo spettro di numerose linee spettrali, molte delle quali appaiono allargate a seguito della rapida rotazione della stella, suggerisce che la sua atmosfera è “inquinata” dal materiale espulso da Antares A; dalla sua luminosità assoluta, è stato quindi possibile dedurre che si tratta di una stella azzurra dalla massa 7-8 volte quella del Sole, destinata in un futuro lontano ad esplodere come supernova o, in alternativa, come una nana bianca.

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L’ASSOCIAZIONE OB “UPPER SCORPIUS”

La certezza che si tratti di una coppia fisica è stata dettata, quindi, dal comune moto proprio, che ha portato la stellina azzurra a seguire la rossastra componente primaria a muoversi della stessa quantità e nella stessa direzione rispetto alle stelle di fondo più lontane e quasi immobili. Entrambe, si spostano rispetto al Sole ad una velocità di una ventina di chilometri al secondo puntando in direzione della costellazione della Colomba; esattamente alla stregua di numerose altre stelle sparse tra le costellazioni dello Scorpione, Lupo e Centauro. Di tale convergenza, in realtà solo apparente in quanto tutte quante si muovono parallelamente tra loro, se ne accorse l’astronomo olandese J. Kapteyn, il quale nominò questo vasto insieme stellare, costituito principalmente da stelle azzurre calde e luminose, come Associazione Scorpius-Centaurus.

In realtà, in tempi più recenti le ricerche condotte su questo gruppo portarono alla scoperta di alcuni sottogruppi ben distinti. Tra questi, la parte situata nei pressi di Antares, nota anche come Associazione Scorpione superiore (o Upper Scorpius, in inglese), è la parte più giovane del gruppo, con un’età stimata di solo 5 milioni di anni! Essa contiene circa 120 componenti stellari di grande massa disperse in una regione con il centro posto a circa 473 anni-luce dal Sole, che lo rendono il sistema di questo tipo più vicino al Sole: stando così le cose, Antares, la cui distanza è valutata in 600 anni-luce, sarebbe quindi uno dei membri di questo gruppo più lontani da noi. La classe spettrale di delle componenti varia fra B0.5 e G5 e la massima parte di esse giace sulla sequenza principale, sebbene vi siano alcune stelle evolute verso la fase di supergigante, fra le quali, ovviamente, spicca proprio Antares. Nonostante la giovane età del gruppo, nella regione non sono presenti fenomeni di formazione stellare, che sono invece tutt’ora attivi nell’adiacente nebulosa di Rho Ophiuchi, situata subito a nord di Antares; evidentemente, la maggior parte delle riserve disponibili di polveri e gas presenti nella vasta nebulosa dalla quale il gruppo si è formato si sono esaurite, tanto che oggi non esistono più aree di una certa densità dalle quali potrebbero nascere, al momento, nuove stelle.

Per osservare la nascita di nuove generazioni stellari nell’area di Upper Scorpius OB, bisogna quindi aspettare che il materiale gassoso li presente venga rifornito da quello generato dall’esplosione di supernovae…eventi che certamente avverranno nel giro di qualche milione di anni. Comunque, sembra ci siano le prove, fornite da osservazioni storiche più o meno attendibili, che alcune tra le stelle più più massicce di tale associazione OB abbiano già completato, in passato, il loro ciclo vitale divenendo supernovae. Ancora prima della prima supernova storicamente accertata, quella del 185 d.C., sembra che Ipparco di Nicea avvistò nel 134 a.C. una nuova e luminosa stella proprio in questa plaga celeste; evento, questo, riportato in realtà da Plinio il Vecchio ma parimenti descritto anche da antichi astronomi cinesi. Successivamente, nel 393 un’altra supernova apparve nell’affollata area meridionale dello Scorpione, anche questa osservata nell’antica Cina. Chiaramente, affinché un episodio come quelli descritti possa essere definito come supernova, è importante che ne venga reperito il resto: sia esso la nebulosa in espansione, formata dal materiale della stella disintegrata (SN di tipo I e II) o la pulsar derivata dal nucleo collassato (SN di tipo II). Nell’area dello Scorpione, in realtà, vi è una nutrita presenza di resti nebulari ma non è certo facile associare la distanza di tali apparati con quella delle supernovae desunta dalla luminosità riportata nelle osservazioni storiche o dalla velocità di espansione del materiale gassoso dei resti nebulari calcolata a ritroso. Ad ogni modo, sembra che la più massiccia supernova generatasi in passato nell’area di Upper Scorpious OB sia stata la progenitrice della pulsar PSR J1932+1059, esplosa circa 1,5 milioni di anni fa, la cui massa originaria doveva aggirarsi attorno alle 50 masse solari! Certamente, in questa vasta e così vicina associazione di stelle massicce, le supernovae sono già apparse in passato e sicuramente lo faranno in futuro; d’altronde, come riportò flemmaticamente il grande Camille Flammarion: “è, invero, notevolissimo il fatto che certe plaghe dello spazio siano, per certi versi, privilegiate, se pure può chiamarsi un privilegio anche quello di subire e rivelare enormi conflagrazioni”. Ma quale il prossimo candidato supernova nello Scorpione? Quasi sicuramente, proprio Antares.

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IL DESTINO DI ANTARES

Tra tutte le stelle appartenenti a tale gruppo in moto, Antares risulta essere quella più evoluta; nata probabilmente con una massa circa 12 volte quella del Sole, essa ha infatti subito un’evoluzione ben più veloce di tutte le altre stelle, che ancora risiedono nello stadio di stelle di alta sequenza principale o di sub-giganti azzurre, esattamente come Antares B, tutte ancora in fase di bruciamento o, tutt’al più, di esaurimento dell’idrogeno nel loro nucleo. Antares, infatti, ha da tempo esaurito l’idrogeno nel suo nucleo, già convertito in elio, quest’ultimo a sua volta in carbonio e ossigeno; ciò ha portato quindi quella che era nata come una splendida e luminosissima supergigante azzurra a diventare la colossale supergigante rossa che è oggi.

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Il suo destino futuro è certamente in mano al suo “vento stellare” che ne ha già dissipato parte della massa gassosa formando in inviluppo nebulare dal diametro di ben 5 anni-luce; catalogato come IC 4606 ed esteso apparentemente per 1,5° esso è rilevabile esclusivamente nelle fotografie riprese in H-alfa. Con un tasso di perdita equivalente a circa 1 massa solare ogni 10 milioni di anni, non è certo se il vento di Antares sarà in grado di decrementarne la massa al di sotto della soglia delle 1,4 masse solari, consentendole di finire come una nana bianca che finirà i suoi giorni in un lento raffreddamento termico. Molto più probabile, invece, che ad Antares sia riservata la più violenta delle fini: l’esplosione in supernova, con la tramutazione finale del suo nucleo in una densissima stella neutronica o, peggio ancora, in uno spaventoso buco nero. E’ possibile conoscere la data di tale contesto? Niente affatto. Ma nel giro di pochi milioni di anni certamente una super stella, ancor più luminosa della Luna piena e con una portata al momento ignota di radiazioni X e gamma che sicuramente arriveranno qui sulla Terra, illuminerà il cielo estivo laddove una volta splendeva il rosso cuore dello Scorpione.

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