Oggi è possibile ma..

livello di difficoltà 🔴🔴🔴⭕⭕ tecnico

Oggi sono sempre meno i fortunati che, dalla propria abitazione, durante le notti di cielo stellato, possono alzare gli occhi e godere delle meraviglie del firmamento (vedi Coelum Astronomia 258 pag. 22 “Inquinamento luminoso”).

Noi appassionati di astrofotografia, spinti dalla costante ricerca di luoghi isolati e lontani dai bagliori cittadini, siamo soliti ad escursioni fuoriporta, ma non sempre le condizioni meteo ottimali coincidono con le nostre possibilità di pernottamento all’aperto.

Quindi, in che modo è possibile non rinunciare alla fotografia del cielo profondo rimanendo nel nostro ambiente cittadino residenziale?

Negli ultimi anni, le case produttrici di filtri interferenziali per astrofotografia, hanno migliorato nettamente la selettività delle radiazioni cromatiche, riducendo così al minimo l’intervallo delle frequenze luminose passanti – da cui nasce il nome di “filtri a banda stretta”.

Questi filtri, oltre a permettere il passaggio di un’unica frequenza visibile specifica, sono anche in grado di arrivare ad una tolleranza di soli 3 nanometri “ultra banda stretta” bloccando di conseguenza il passaggio di tutte le altre frequenze cromatiche, quindi di tutte quelle luci che non ci interessano o che creano disturbo – il così detto “inquinamento luminoso”.

Ma quali sono le frequenze cromatiche migliori su cui realizzare dei filtri così accurati?

La scelta ricade sulle specifiche degli elementi che si trovano nello spazio e che, a seconda della loro quantità e agglomerazione, formano gli oggetti così tanto amati da noi astrofotografi: le nebulose diffuse.

Si tratta di nubi caratterizzate da diversi tipi di gas e polveri interstellari che emettono luce o per riflessione da stelle vicine o per emissione poiché ionizzate da radiazioni.

Il loro elemento principale é l’Idrogeno anche se, in quantità minori e a seconda della nebulosa, nella loro composizione possono trovarsi anche altri gas come Ossigeno e Zolfo

I filtri a banda stretta catturano proprio le frequenze cromatiche corrispondenti a questi tre gas Idrogeno (H-alpha) Ossigeno (Oiii) e Zolfo (Sii) di cui sono costituite le nebulose diffuse.

L’utilizzo dei filtri a banda stretta – o ancor meglio “ultra stretta” – permette quindi di fotografare tutti quegli oggetti del profondo cielo ricchi dei tre gas, anche quando le riprese sono effettuate da luoghi non perfettamente ideali per l’astrofotografia “deep sky”.

Nel grafico fig.1 è rappresentata la selettività di taglio dei filtri ultra banda stretta da 3 nanometri impostati sulle frequenze cromatiche specifiche di Idrogeno, Ossigeno e Zolfo rispetto all’intera gamma visibile dove prevalgono i bagliori delle luci cittadine più comuni

Oltre alla selettività di taglio, nel grafico fig.1 si nota anche un altro fattore molto importante che rende questi gas ideali per la fotografia e quindi per la realizzazione dei filtri interferenziali: la lunghezza d’onda specifica di questi tre gas risiede nei canali principali della fotografia digitale RGB (red, green, blue), ossia l’Idrogeno (Halpha) e lo Zolfo (Sii) nel rosso, l’Ossigeno (Oiii) nel verde.

I sensori digitali a colori hanno come  componente una matrice di Bayer, un vetrino colorato RGB (rosso verde e blu) a forma di scacchiera che distribuisce i tre colori in modo omogeneo e sequenziale sui pixel di tutto il sensore. Questo fa si che, ad ogni singola foto, si avvii un processo detto di debayerizzazione attraverso il quale i colori catturati dai vari pixel vengono raggruppati e divisi nei tre canali fondamentali che compongono l’immagine a colori RGB.

Tale soluzione ha spinto  le case produttrici  a realizzare un unico filtro con una doppia banda passante denominato “bibanda” in cui le frequenze luminose passanti corrispondono a Idrogeno e Ossigeno. L’utilizzo di questi filtri bibanda nelle fotografie di nebulose effettuate con camere digitali a colori e il processo di debayerizzazione combinati insieme fanno si che i due gas vengano distribuiti nei vari canali colore: Halpha nel canale rosso e Oiii nel canale verde e blu.

La banda passante relativa allo Zolfo è volutamente tralasciata perché, avendo lo Zolfo una lunghezza d’onda vicina a quella dell’Idrogeno, verrebbe distribuito anch’esso nel canale rosso e, dato che l’Idrogeno è l’elemento principale delle nebulose, quest’ultimo andrebbe a mascherare completamente le quantità minori di Zolfo.

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Le riprese con il set up monocromatico sono delle notti tra il 16 e il 21 settembre, con la luce della luna che illuminava ancora il cielo al’ultimo quarto. Come soggetto invece  ho scelto la nebulosa Cuore IC1805, perché ricca dei tre gas e perfetta come campo inquadrato a 380 mm.

Il bel tempo mi ha assistito regalandomi ben cinque notti consecutive di cielo sereno, permettendomi di spingere al massimo le mie sessioni fotografiche alternando i vari filtri ad esposizioni di 900 secondi per posa.

Nella fig.2 il risultato della somma dei singoli gas Idrogeno (Halpha) Ossigeno (Oiii) e Zolfo (Sii) prima della miscelazione dei canali RGB

Nebuolsa Cuore IC1805 Somma delle riprese effettuate con camera monocromatica sui singoli gas utilizzando i filtri a banda ultra stretta da 3nm in ambiente urbano

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L’articolo completo di Stefano Camaeti è utile ed estremamente dettagliato si trova su Coelum Astronomia n°259 dicembre 2022/ gennaio 2023

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