La spettroscopia astronomica ha l’obiettivo di registrare e misurare la distribuzione nel flusso luminoso delle stelle nei vari colori.

 

I colori rappresentano le lunghezze d’onda e quindi l’energia dei fotoni emessi dalla sorgente. I fotoni si possono considerare come dei messaggeri e la spettroscopia rappresenta lo strumento che permette di estrarre dalla luce le informazioni fisiche sulla sorgente, come una sorta di impronta digitale. L’articolo si prefigge di fornire al lettore gli elementi introduttivi e di base necessari per orientarsi dentro l’affascinante mondo della spettroscopia.

Requisiti

E’ inutile negarlo, chi affronta la spettroscopia deve affrontare un percorso ad ostacoli che potrà risultare più semplice per gli astrofili che avranno già maturato esperienze di astrofotografia e (meglio) di fotometria. L’approdo alla spettroscopia di solito arriva al termine di un percorso evolutivo ed apre improvvisamente scenari sconfinati che portano naturalmente a porsi domande sulla tipologia delle stelle che si sta osservando. Tutti questi stimoli hanno una valenza fortemente didattica che faranno crescere la voglia di conoscere ed approfondire i fondamenti dell’astrofisica. Certo non è mia intenzione scoraggiare i neofiti, anzi. Si possono fare esperienze di spettroscopia anche in visuale, montando un reticolo di diffrazione direttamente sull’oculare. Si potranno così distinguere le differenze spettrali tra le varie stelle. Non dimentichiamo che padre Angelo Secchi, fondatore dell’astrofisica, fece così la prima classificazione delle stelle in classi spettrali

 

Star Analyser

Il modo più semplice ed economico per iniziare a praticare la spettroscopia è quello di dotarsi di un reticolo di diffrazione Star Analyser 100, montato come un filtro sulla camera di ripresa (Fig. 1). La versione SA 200, con una maggiore dispersione, può essere montata più vicina al sensore all’interno della ruota porta-filtri.

Figura 1: Il reticolo di diffrazione Star Analyser 100 ed il suo montaggio sul naso della camera di ripresa. La tacca di riferimento aiuta ad orientare correttamente il reticolo.

 

Il reticolo produce l’immagine delle stelle (ordine 0) con il loro spettro diffratto (ordine 1). Il filtro va ruotato opportunamente, cercando di mantenere lo spettro delle stelle a destra e in orizzontale (Fig. 2)

Figura 2: Immagine della stella (a sinistra) ed il suo spettro orizzontale (a destra).

 

Le dimensioni dello spettro diffratto dipenderanno dalla focale del telescopio, dalla distanza del reticolo rispetto al sensore e dalla dimensione dei pixel di quest’ultimo. Occorrerà trovare il giusto compromesso per la propria configurazione, evitando di ottenere spettri troppo piccoli, a scapito della risoluzione, o spettri troppo dispersi, a scapito della sensibilità.

Acquisizione degli spettri

Le immagini degli spettri andranno acquisite con le stesse modalità operative utilizzate nella fotografia astronomica. Particolarmente critica è la fase di focheggiamento, da farsi su una stella luminosa di tipo A. In prima approssimazione si può mettere bene a fuoco la stella per poi cercare di migliorare il fuoco osservando le righe di assorbimento dello spettro. Spettri di stelle luminose potranno essere acquisiti con pose brevi di pochi secondi, mentre per spettri di stelle poco luminose saranno necessarie pose guidate anche di diversi minuti. Occorre porre molta attenzione al livello massimo del segnale per cercare di tenerlo al di sotto del livello di saturazione del sensore. Per i migliori risultati le immagini vanno pre-trattate con dark e flat frame e mediate per massimizzare il rapporto segnale/rumore finale.

Possiamo farci un’idea del risultato raggiungibile con l’esempio di Fig. 3 sul campo stellare intorno alla variabile DY Peg (10a mag) ripreso con Star Analyser dall’autore con una posa di 300s ed un telescopio da 20cm. Si vedono le stelle di campo con i rispettivi spettri diffratti. Notare come i due spettri evidenziati siano diversi già ad una prima visione della strisciata, proprio in ragione della diversa tipologia delle due stelle che li hanno prodotti. Si tratta infatti di una stella bianca di tipo A e di una stella rossa di tipo M.

Figura 3: (sopra) Campo stellare intorno alla variabile pulsante DY Peg.(sotto a sinistra) Spettro della stella variabile DY Peg di tipo A.
(sotto a destra) Spettro della stella di campo GSC 01712-01246 di tipo M.

 

Una sessione spettroscopica minimale consiste nell’osservazione del target di interesse assieme ad una stella di riferimento di tipo A, collocata entro pochi gradi dal target, che servirà per la calibrazione in lambda e per la correzione della risposta strumentale, concetti che approfondiremo tra poco.

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