Salinità e cambiamenti climatici
I cambiamenti nella distribuzione dell’acqua dolce nell’Oceano Artico possono essere collegati ai cambiamenti nella circolazione termoalina – la componente di circolazione globale oceanica influenzata dalla densità delle masse d’acqua, a sua volta determinata da temperatura e salinità – che a sua volta può avere ripercussioni (o dipendere) dal clima globale.
Il più difficile da misurare fra i due parametri menzionati sopra, soprattutto su larga scala da satellite, è la salinità, a causa della complessa relazione che la lega alla temperatura di luminosità, il parametro misurato direttamente dallo spazio. Un passo avanti, a livello metodologico, è stato recentemente presentato in un articolo (https://essd.copernicus.org/articles/14/307/2022/#section5) pubblicato su Earth System Science Data, che presenta un nuovo metodo computazionale di utilizzo dei dati da satellite per ricavare misure di salinità.
Partiamo dalla definizione: la salinità, in chimica, è il rapporto fra la massa di sali (misurata in grammi) contenuta in una determinata quantità di acqua e la quantità di acqua stessa, misurata in litri o chilogrammi. Il modo più preciso per misurare questo parametro localmente è farlo in situ, ma vi sono condizioni meteorologiche estreme in cui questo è difficile, o addirittura quasi impossibile. È il caso dell’Oceano Artico centrale, in cui il ghiaccio è in grado di distruggere le infrastrutture di misura come galleggianti, ormeggi o alianti.
Un metodo alternativo, e che consente di coprire anche regioni più ampie, è la misura da satellite, che però è spesso poco sicura e affidabile, specialmente nel caso di acque fredde. Nel nuovo studio, per misurare la salinità delle acque artiche dallo spazio sono stati utilizzati rivelatori di microonde che catturano l’energia elettromagnetica (o radiazione) emessa dalla superficie marina e che dipende dalla temperatura e dalla salinità. Il parametro considerato, la temperatura di luminosità, come dicevamo, diminuisce la sensibilità alla salinità con l’abbassarsi della temperatura dell’acqua, e la mancanza di misure in situ costituisce una limitazione importante in questo caso perché impedisce un confronto e una validazione delle misure da satellite.
Gli scienziati dell’Istituto delle Scienze del Mare di Barcellona, in collaborazione con il centro italiano ESA ESRIN e Telespazio, hanno utilizzato i dati raccolti dal Soil Moisture and Ocean Salinity (SMOS) dell’ESA per implementare un modello informatico di analisi che consenta di prevedere le variazioni e l’andamento della circolazione marina nella regione artica. La missione SMOS, lanciata nel 2009, è la prima ad ospitare un radiometro in banda L che permette di misurare la salinità della superficie marina dell’oceano. La banda di frequenza (a 1,43 GHz, la banda L appunto) è ottimale per misurare la salinità, poiché questa regione elettromagnetica è protetta dalle emissioni elettromagnetiche umane, mentre la sensibilità alla salinità – sebbene diminuisca con la temperatura – è abbastanza alta.
Grazie ai dati raccolti dalla missione in nove anni (dal 2011 al 2019) e all’implementazione del nuovo modello presentato nell’articolo, sarà possibile ottenere un quadro più preciso – e spazialmente esteso – delle condizioni dell’artico e delle variazioni di salinità nel tempo e nello spazio. Le connessioni, a livello climatico, riguardano non solo le precipitazioni atmosferiche, l’evaporazione dell’acqua, la quantità di acqua dolce, ma anche la sopravvivenza delle specie animali.