Gli obiettivi scientifici della missione Deep Impact riguardano una più approfondita conoscenza delle comete.
Le comete si trovano in molte regioni del sistema solare, le più lontane giacciono nella nube di Oort, un guscio sferico periferico, distante dal Sole diecimila volte più della Terra. Si è pensato che interazioni gravitazionali di stelle vicine possano spingere le comete verso l’interno del nostro sistema, ove la loro orbita può essere ulteriormente modificata, oppure strapparle all’attrazione gravitazionale del Sole, relegandole a corpi erranti della galassia. Le comete, al pari di altri oggetti di tipo asteroidale, popolano anche la cintura di Edgeworth-Kuiper, una regione a forma di disco, che oltre l’orbita di Nettuno si estende nello spazio per diverse centinaia di unità astronomiche. Il satellitie Soho ce ne ha fornito diverse immagini.
Nonostante ci appaiano come piccoli corpi celesti, spettacolari certo, ma forse di non grande importanza, le comete custodiscono ancora molti segreti nel loro interno.
Esse sono formate da materiale originario della nube protosolare, tuttavia quello che appare alle osservazioni, la chioma e la coda, ha subito l’interazione con la radiazione solare. Nulla direttamente conosciamo di ciò che si nasconde all’interno dei nuclei cometari, ove il materiale originario è rimasto congelato per oltre 4 miliardi di anni.
Le comete evolvono e divengono quiescenti, prive di coda, ma se ne possono solo ipotizzare le cause, come l’esaurimento dei loro ghiacci. Tuttavia potrebbe essere che la sublimazione venga in qualche modo inibita ad un determinato stadio della loro evoluzione, pur essendo il ghiaccio non del tutto esaurito. Potrebbero dunque esserci molte ex-comete confuse tra la moltitudine degli asteroidi, in parte quiescenti ed in parte esaurite.
L’analisi chimica delle abbondanze nelle chiome cometarie viene utilizzata per dedurre l’abbondanza di ghiaccio nella nube protoplanetaria, tuttavia non conosciamo esattamente la composizione dei nuclei delle comete, che custodiscono materiale tuttora intatto.
Sappiamo che i nuclei cometari sotto l’azione di stress anche moderati subiscono frantumazione (è il caso della cometa Shoemaker-Levy), ma non conosciamo a sufficienza la composizione del nucleo e la sua struttura. L’impatto previsto sarà l’occasione per comprendere quanto siano compatti e densi i nuclei delle comete.
Questi sono solo alcuni dei problemi cui gli ispiratori del progetto si prefiggono di dare una risposta. E’ fuori discussione che la grande quantità di dati, acquisiti prima e dopo l’impatto, aprirà una nuova frontiera per lo studio delle comete, dando risposta a molti quesiti e fatalmente, come sempre accade, aprendone di nuovi e più complessi. Ma questo è il cammino con cui procede la scienza.
Ulteriori informazioni sugli aspetti scientifici della missione si possono trovare alla seguente pagina (in inglese)