Tra il 1899 e il 1910, l’illustratore francese Villemard realizzò una serie di disegni in cui immaginava la tecnologia che avrebbe caratterizzato il mondo nell’anno 2000. Il futuro, che è poi il nostro presente, è immaginato da Villemard popolato da macchine volanti di vario tipo, tecnologie per muoversi nei cieli o esplorare i fondali marini, strumenti per automatizzare attività quotidiane come cucire vestiti, pulire il pavimento, cucinare o coltivare i campi.
Le tecnologie immaginate dall’artista francese sono quindi un tripudio di ruote dentate, leve, gru, ingranaggi, ali meccaniche e pulegge. La nostra epoca attuale, nella visione di Villemard, è l’esasperazione della meccanica. Nel suo immaginato anno 2000 manca però un aspetto che è invece cruciale ai nostri giorni: la comunicazione. A questo proposito fa sorridere la sua previsione di posta veloce, che è rappresentata da un postino su macchina alata che consegna la lettera a un signore che si sporge dal balcone. Qualcosa che neanche lontanamente può competere con le videoconferenze, le chat, l’e-mail e Internet di oggi!
L’artista di fine 800, infatti, ha estrapolato all’eccesso le tecnologie note all’epoca, immaginando macchine complesse, leve, ingranaggi, strumenti automatizzati e macchine volanti. Tuttavia, non è stato capace di immaginare le tecnologie veramente nuove, quelle che realmente avrebbero sconvolto il mondo e caratterizzato l’epoca attuale, per un motivo molto semplice: all’epoca la scienza alla base di quelle tecnologie era ancora allo stato embrionale. Certo, si conoscevano le leggi dell’elettromagnetismo, ma molte delle sue ricadute pratiche erano ancora da venire, e la prima comunicazione radio sarebbe stata realizzata proprio in quegli anni.
Tutto questo ci insegna – o meglio ci ricorda – un aspetto importante della Scienza: è estremamente difficile prevedere quali saranno le ricadute pratiche di una scoperta scientifica che all’apparenza ci appare soltanto un nuovo modo tramite il quale la Natura manifesta il suo comportamento. Questo è quasi sempre vero quando la scoperta scientifica riguarda la descrizione dei fenomeni naturali, ma è spesso vero anche per le stesse innovazioni tecnologiche. Basti pensare, in questo secondo caso, al web, quel “www” (world wide web) sviluppato originariamente da Tim Bernes Lee al Cern per offrire ai fisici delle particelle uno strumento utile per diffondere e condividere in tempo reale i loro risultati scientifici, e solo in seguito diventato ciò che sappiamo. D’altra parte, è emblematico ciò che il supervisor di Tim Bernes Lee, Mike Sendall, scrisse sul documento contenente la proposta di ciò che sarebbe diventato a breve un’invenzione che avrebbe stravolto il mondo: un semplice “vague but exciting”, vago ma stimolante.

Tutto ciò ci insegna quanto sia molto ingenuo, ma anche molto miope, pensare di poter decidere a priori quale ricerca si rivelerà utile dal punto di vista pratico, e magari credere di saper scegliere, fra le diverse linee di ricerca, quali perseguire e quali scartare perché ci appaiono inutili. Senza dimenticare poi che il progresso nella conoscenza scientifica necessita sempre di contributi che provengono da molte discipline diverse.
Immaginiamo quindi un mecenate del 700, che avesse dovuto decidere quali ricerche finanziare per velocizzare le comunicazioni fra le città dell’epoca. Forse avrebbe deciso di incentivare la selezione di cavalli più resistenti e veloci, o la progettazione di ruote e ammortizzatori più affidabili, o macchine alate e difficilmente funzionanti come quelle immaginate da Villemard, ma dubito che, pur nella sua lungimiranza, avrebbe intuito che l’embrione della soluzione definitiva al suo problema era negli studi che un certo Galvani stava effettuando sulle rane: l’elettricità. E d’altra parte, se a qualcuno non fosse venuto in mente di costruire lo strumento “per vedere le cose minime”, come lo chiamava Galilei, ovvero ciò che poi divenne il microscopio, ancora staremmo a crepare di peste.


L’articolo è pubblicato in COELUM 271 VERSIONE CARTACEA