Le Prime Polemiche

Dopo la “scoperta” di Galle e Le Verrier, gli inglesi rivendicarono comunque la priorità del lavoro di Adams: gli astronomi britannici, e Airy in particolare, propagandarono una versione degli avvenimenti ripulita dalle continue oscillazioni previsionali di Adams, diffondendone soltanto le prime effemeridi calcolate, rivelatesi le più corrette. Per qualche tempo si scatenò quindi una polemica che minacciò di tramutarsi in un nuovo motivo di frizione politica tra Francia e Inghilterra, ancora pericolosamente propense, in quegli anni, a risolvere a cannonate i loro contenziosi.

Si giunse pertanto a una “ragionevole” soluzione di compromesso, considerando la scoperta di Nettuno come attribuibile al lavoro di Le Verrier, ma onorando comunque Adams come scopritore indipendente, come è ancor oggi riportato dai manuali di storia dell’astronomia. Sicuramente la cosa non mancò di amareggiare Le Verrier al punto da rovinarne il carattere, mettendo in pericolo la sua carriera all’Osservatorio di Parigi, di cui perse la direzione.

Le osservazioni che si susseguirono nei mesi successivi alla divulgazione della scoperta portarono tuttavia ben presto a concludere che l’orbita dell’ottavo pianeta era piuttosto diversa da quelle suggerite da Le Verrier e Adams (specialmente negli elementi “sensibili” come distanza e massa), tanto che nel marzo 1847 il matematico americano Benjamin Peirce, basandosi su una ricostruzione dell’orbita effettuata dal connazionale Sears Cook Walker (che si avvalse di altre inconsapevoli osservazioni pre-discovery scovate spulciando gli archivi di molti astronomi) ebbe a dire che l’orbita calcolata da Le Verrier e Adams era tanto diversa da quella effettivamente seguita da Nettuno che la loro scoperta doveva essere considerata del tutto casuale e non il frutto di una ineluttabile deduzione conseguente ad una accurata analisi matematica del moto di Urano.

Dobbiamo ritenere allora che la scoperta fu davvero un “happy accident”, come lo definì Peirce al termine della sua “arringa” accusatoria? O, se non è così, ha la fortuna in qualche modo contribuito a quello che, alla metà dell’800, fu considerato come il trionfo della fisica matematica dell’epoca?