Il Ruolo della Fortuna nella scoperta

Analizzando a posteriori la situazione possiamo affermare che il contributo della fortuna alla scoperta dell’ottavo pianeta sia consistito soltanto nel piazzare Nettuno, nei tempi giusti, in una posizione favorevole alla rivelazione dei suoi effetti sul moto di Urano. In fondo non vi è nulla di strano: quasi tutte le scoperte vengono fatte con l’aiuto di circostanze favorevoli.

Ma ora la domanda più rilevante è: dato che il “Nettuno di Le Verrier” è posto su di un’orbita “sbagliata”, è solo una questione di fortuna che la posizione prevista sia stata così vicina a quella reale, tanto da determinarne la scoperta visuale al primo tentativo?

Una prima risposta a questa domanda la si può dare confrontando le due curve dei valori di perturbazione sul semiasse maggiore (la distanza media dal Sole) di Urano indotte dalla presenza di Nettuno. In nero è mostrata la variazione realmente apportata dalla presenza del Nettuno “vero”, mentre la traccia rossa rappresenta l’effetto dell’ipotetico Nettuno avente la massa e gli elementi orbitali previsti da Le Verrier.

La perturbazione massima osservata è data da un picco centrato nell’anno 1821, l’epoca della congiunzione eliocentrica di Urano e Nettuno. Invece nel periodo che va dal 1690 al 1790 la perturbazione, pur presente, non causa deviazioni notevoli rispetto al valore medio. È chiaro come il Nettuno di Le Verrier (sia pure con effetti maggiori per via della sua massa sovradimensionata) riesca a dar conto delle perturbazioni osservate nel periodo in cui Urano e Nettuno erano in congiunzione.

Queste curve sono nel complesso alquanto diverse, ma hanno in comune un andamento molto simile nell’intervallo che va dal 1710 al 1850, e quindi in quell’intervallo corrispondono a perturbazioni molto simili fra loro. In particolare per il “Nettuno di Le Verrier” il picco della massima perturbazione è centrato quasi perfettamente rispetto a quello del “Nettuno vero”. Questa “coincidenza di picchi” non è casuale, ma è una condizione necessaria perché un qualsiasi Nettuno diverso da quello “vero” possa produrre effetti simili sull’arco temporale menzionato e giustificare le irregolarità nel moto di Urano.

Ma la “coincidenza dei picchi” implica anche la coincidenza con la congiunzione eliocentrica fra Urano e Nettuno, e ciò vuol dire che, entro un arco orbitale relativamente breve (corrispondente a due o tre decenni dalla congiunzione), un qualsiasi “ragionevole Nettuno” si sarebbe trovato pressappoco nella stessa posizione, indipendentemente dall’orbita attribuitagli. Da questo si può quindi desumere che l’errata valutazione della massa e del semiasse maggiore previsti da Le Verrier e Adams poco o nulla abbia influito, tanto più nelle favorevoli circostanze della congiunzione tra Urano e Nettuno, sulla determinazione della posizione prevista per l’ottavo pianeta, se non entro l’intervallo di incertezza di circa ± 7° prudentemente stimato dallo stesso Le Verrier.

C’è poi da notare come nei calcoli dei due matematici i valori della massa e della distanza di Nettuno, ambedue più alti del vero, in qualche modo si compensino a vicenda nei loro effetti sull’attrazione esercitata verso Urano, concorrendo a minimizzare l’errore di posizione.

Possiamo quindi concludere che l’intelletto, la capacità analitica e la pazienza del grande matematico hanno fatto sì che, entro un arco di 360°, colpisse un bersaglio largo 18°. La fortuna gliene ha fatto colpire il centro. Ma nella scienza, come nella vita, un po’ di fortuna non guasta mai!


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