IL TELESCOPIO DI GALILEO

Una storia europea
Massimo Bucciantini, Michele Camerota, Franco Giudice
Einaudi 2012; pp 318
Prezzo 25,00 €

Tre storici della scienza, Bucciantini dell’Università di Siena, Camerota dell’Università di Cagliari e Giudice dell’Università di Bergamo, si cimentano insieme in un lavoro di grande respiro, reso possibile grazie proprio a questo “concorso di forze e competenze diverse”. Il risultato è al tempo stesso un saggio originale di storia della scienza, basato su manoscritti inediti o poco frequentati e poco compresi, e un testo di divulgazione culturale di particolare efficacia che affascinerà sicuramente anche il lettore meno esperto.

Al centro del libro gli autori pongono la narrazione delle tante storie legate alla scoperta del telescopio e alla sua trasformazione da semplice manufatto a strumento scientifico, avendo come riferimento l’idea che “i luoghi sono depositari della verità delle storie di cui sono stati testimoni”. Viaggiando attraverso l’Europa si scoprono così “i diversi modi in cui il nuovo oggetto, passando di mano in mano, di città in città, venne compreso, usato e reinventato”.
Le storie del telescopio sono la filigrana per comprendere come, tra il 1608, anno dell’invenzione del primo telescopio, e il 1610, anno della pubblicazione del Sidereus Nuncius di Galileo, il cielo che si credeva di conoscere viene distrutto e sostituito con un nuovo cielo. Un nuovo cielo la cui scoperta ha conseguenze che vanno ben al di là dei perimetri dell’astronomia o della cosmologia determinando un cambiamento radicale nel rapporto millenario tra uomo e natura. In altre parole, grazie al nuovo manufatto si entra in un nuovo mondo che suscita speranze e fascino in taluni, tra i quali Galileo, ma anche sospetto e paura in molti altri, come il poeta John Donne e il teologo Bellarmino.

Per cogliere la portata di “quello che, insieme alla scoperta dell’America, resta uno dei nodi cruciali del passaggio verso la modernità”, come scrivono gli autori, non basta studiare il Sidereus Nuncius di Galileo. Bisogna cercare di capire perché mai Galileo a un certo punto della sua vita decise “di buttarsi anima e corpo in un’impresa che ai più appariva incomprensibile”. Per questo, è prima di tutto necessario approfondire le conoscenze sul lungo e fecondo periodo che Galileo trascorse a Padova, luogo in cui si compì questa sua fondamentale scelta, senza indulgere in fuorvianti interpretazioni che colleghino la sua impresa solamente a interessi di promozione sociale e professionale da realizzare a Firenze. Allo stesso tempo, è necessario ricostruire il contesto europeo nel quale questa scelta maturò, un contesto in cui si muovevano molti degli amici di Galileo a Padova e Venezia. Ne deriva un affresco, che dall’Europa finisce per estendersi all’India e alla Cina, dove si ritrovano con Galileo una schiera di astronomi, matematici, filosofi e teologi (come Sarpi, Keplero, Harriot, Bellarmino e Magini), insieme a principi e sovrani (come Rodolfo II, Enrico IV e Giacomo I), ambasciatori, nunzi pontifici, dignitari di corte, artigiani, fino a poeti e letterati (come John Donne) e pittori (come Jan Brueghel, Pieter Paul Rubens, Ludovico Cigoli). Il libro parla di questi personaggi e del loro ambiente “fatto di botteghe e officine, stazioni di posta e porti di mare, banchetti a corte e riunioni cardinalizie” dove, tra confronti e scontri talvolta vivaci, si producono le nuove conoscenze e si diffonde il nuovo strumento.

Un libro di “storia sociale della scienza”, come giustamente osservano gli autori, nel quale non si giustappongono ma si compenetrano la storia delle idee e la storia politica e sociale. In un periodo come quello che stiamo vivendo, e in un Paese dove si può dare fuoco a istituzioni che promuovono la diffusione di cultura scientifica (la Città della Scienza di Napoli), avere a disposizione contributi di questo tipo è di fondamentale importanza.

Giulio Peruzzi
Università di Padova