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Approfondimento alla rubrica Alla Scoperta del Cielo dalle Costellazioni alle Profondità del Cosmo di Stefano Schirinzi, apparsa su Coelum n. 201 di giugno 2016 a pagina 122
In netto contrasto cromatico con Dubhe, dalla quale è separata esattamente 5°, è Merak (Beta UMa) che, splendendo di magnitudine 2,34, si colloca al quinto posto tra le stelle più luminose della costellazione; il nome deriva dall’arabo Al-marakk, “il fianco”.
Si tratta di una stella di sequenza principale, anche se più calda (9000 K) e luminosa (73 volte) del Sole. Osservazioni nell’infrarosso suggeriscono che Merak sia circondata da un disco di polveri lontano da essa 45 UA anche se non poi così denso, giacché la massa totale sarebbe circa 1/3 di quella terrestre.
Analizzandone moto e distanza, già nel 1869 l’astronomo R. Proctor notò che questa sembrava muoversi alla medesima velocità e direzione nello spazio delle altre stelle del carro (le due poste all’estremità della figura, Dubhe e Alkaid, non mostravano tale peculiarità), la qual cosa era evidentemente un solido indizio di un reale legame tra queste. Misurando lo spostamento Doppler, che rivela la velocità della stella lungo la nostra linea di vista (se verso di noi o in direzione contraria), individuandone il movimento apparente nel tempo lungo la linea visuale e, infine, calcolandone la distanza (cosa che permette di convertire il moto proprio in una velocità reale attraverso la nostra linea di vista), l’astronomo Huggins confermò quanto affermato da Proctor qualche anno prima: l’appartenenza di queste ad un gruppo in moto nello spazio!
Nate con ogni probabilità all’interno dello stesso apparato nebulare, esse sono dotate delle medesime caratteristiche fisiche e di moto nello spazio; proprio come un gregge, esse si muovono all’interno del braccio di Orione, puntando decisamente verso la parte orientale del Sagittario, sfiorando l’orbita della nostra stella a circa 46 km/s, il cui moto è invece diretto una sessantina di gradi più a nord, tra Ercole e la Lira.
E’ stata valutata in circa un’ottantina di anni-luce la distanza che separa il Sistema solare dal centro geometrico del gruppo, coincidente proprio con le cinque stelle centrali del grande carro; tale distanza, relazionata con l’estensione apparente del gruppo sulla volta celeste, ne permette di determinare anche la reale estensione nello spazio, che sembra quindi aggirarsi entro un ellissoide dagli assi lunghi circa diciotto per trenta anni-luce.
Lo studio delle medesime proprietà di altre stelle nel cielo incrementò le componenti di questa sorta di corrente stellare, che venne chiamata “gruppo in moto dell’Orsa Maggiore”, tanto da rilevarne un centinaio, molte delle quali però più deboli. Tutte le componenti del “Gruppo in moto” sono invece stelle di sequenza principale di classe spettrale A, dotate di una colorazione prettamente bianca (indice della loro temperatura superficiale, valutata in circa 9000° K) tale da farle assomigliare a diamanti stagliati sullo sfondo nero del cosmo; i loro spettri rendono manifesto che anche l’indice di metalli è grossomodo lo stesso tra le varie componenti del gruppo.
Comparando i loro diagrammi HR a quelli di altri ammassi standard dalle caratteristiche fisiche ben note (le Pleiadi o M44), si nota anche qui una certa similitudine che indicherebbe quindi un’età di circa 500 milioni di anni; le stelle del gruppo in moto dell’Orsa maggiore sono quindi piuttosto giovani e, dalla loro nascita avvenuta quasi in contemporanea, avrebbero percorso non più di due orbite galattiche, sempre in mutua peregrinazione. Tenendo conto della distanza media delle componenti, circa un’ottantina di anni-luce, il gruppo dell’Orsa maggiore risulta a tutti gli effetti essere il più vicino “ammasso stellare” al Sistema solare; a poco meno del doppio della distanza (150 a.l.) è situato il secondo ammasso aperto più vicino, le Iadi, mentre Melotte 111 (l’ammasso della Chioma), il terzo della categoria, giace lontano già 280 a.l. Addirittura, dal 1931 il gruppo in moto dell’Orsa maggiore è noto anche con la sigla Collinder 285, redatto dallo svedese Collinder.