Oggi alle 13.20 ora italiana, dalla base di lancio in Guiana, a bordo di un razzo Ariane, ha preso il volo il telescopio spaziale James Webb, progettato in collaborazione dalla NASA e dall’ESA.

Con uno specchio composto da 18 settori esagonali realizzati in berillio placcato oro di 6,5 metri (contro i 2,4 del telescopio spaziale Hubble), potrà fare osservazioni nelle lunghezze d’onda del visibile e dell’infrarosso, indagando eventi ed oggetti nell’universo lontano, all’epoca della formazione delle prime galassie, e potrà dare informazioni sulle atmosfere dei pianeti fuori dal sistema solare, alla ricerca di pianeti potenzialmente abitabili.

Per consentire osservazioni così precise, la strumentazione del telescopio dovrà essere mantenuta ad una temperatura estremamente bassa, circa −223°C. Ma la cosa più straordinaria è che per evitare interferenze dal Sole e dalla Terra, il James Webb non sarà in orbita intorno al nostro pianeta (come era ad esempio l’Hubble) ma viaggerà fino al punto di Lagrange L2, uno dei cinque punti di equilibrio dinamico del sistema Terra-Sole, sulla linea tra i due oggetti ma oltre la Terra a circa 1,5 milioni di chilometri da noi, quindi oltre ogni possibilità di manutenzione o riparazione in caso di problemi.

Il progetto ha sofferto numerosi ritardi dall’inizio della pianificazione nel 1996, molto oltre la prima data prevista di lancio nel 2007, compresi un re-design dei sistemi, avarie gravi nei test di controllo, numerosi sforamenti del budget, e più recentemente una certa pandemia che ben conosciamo.

Oggi finalmente il JWST è in viaggio, un viaggio nel buio della spazio che durerà ben 6 mesi, fino a raggiungere la sua posizione finale. Solo allora lo specchio primario verrà aperto e gli strumenti scientifici verranno accesi, e solo allora l’occhio di berillio dorato potrà vedere la sua Prima Luce. Perché l’astronomia è una scienza che insegna tanto, ma soprattutto insegna la pazienza. L’universo non ha fretta. E nemmeno noi.

Buon viaggio, James Webb.

Ci vediamo presto.