PUNTAMENTI AUTOMATICI CON SISTEMI GOTO E COORDINATE CELESTI: VEDIAMO DI CAPIRCI
Al giorno d’oggi quasi tutti possono permettersi un telescopio con sistema di puntamento automatico; questi supporti a controllo elettronico, comunemente chiamati montature equatoriali GoTo, sono estremamente comodi per le osservazioni visuali mentre diventano assolutamente essenziali per chi pratica astrofotografia.
Credo che tanti, come me, si siano domandati come funzionassero senza però aver mai approfondito realmente l’argomento, accontentandosi (io in primis) di usarli senza “stressarsi” troppo. Un approccio diciamo “zen” vincente finché però la strumentazione non inizia a presentare i primi problemi. E prima o poi tranquilli..capita!
Quando ci troviamo fuori casa al buio e al freddo, senza avere una conoscenza approfondita dello strumento, un qualsiasi malfunzionamento, anche un semplice bug temporaneo, potrebbe innescare nella nostra testa un effetto domino tale da amplificare le ansie, la ricerca della soluzione diventa una vera odissea, ed insomma si rovina di fatto tutta una sessione. Dopo anni di pratica mi sono convinto che, tra tutti i temi tecnici discussi dagli astrofili, ce ne siano alcuni davvero poco trattati, sopratutto a causa di una carenza cronica di documentazione reperibile online.. e su questi mi concentrerò. Avere una buona conoscenza della propria cassetta attrezzi consente di affrontare con più sicurezza e lucidità serate sotto al cielo stellato, concedendo la giusta serenità per goderne a pieno!
La prima domanda: come diamine fa la mia montatura ad essere cosi’ precisa?! Purtroppo alcune informazioni si trovano solo sui siti dei costruttori (quasi sempre in lingua straniera) oppure su portali altamente specializzati. Altre informazioni invece
riguardano nozioni che tutti gli Astrofili dovrebbero avere, non tanto per appagare la propria curiosità, ma come bagaglio base delle proprie competenze; per creare un quadro generale da cui partire inizieremo proprio da queste; cercherò di spiegarle nel modo più semplice possibile per essere compreso anche da chi è alle prime armi.
IL FUNZIONAMENTO BASE DI UNA MONTATURA EQUATORIALE.
Tutti sappiamo che la terra ruota attorno al proprio asse e che questo movimento crea il cosiddetto moto apparente della volta celeste: l’unico punto fisso nel cielo, la prosecuzione dell’asse terreste, vede ruotare attorno a se tutto il resto. Ogni oggetto esterno al nostro Sistema Solare, che sia una stella, una galassia o una nebulosa percorrerà sempre la stessa traiettoria disegnando di fatto un cerchio attorno a questo punto. L’idea di base usata per poterli inseguire e tenerli sempre inquadrati è quella di creare un supporto per il telescopio che effettui gli stessi movimenti: l’asse della montatura, proprio come se fosse un compasso, analogamente al puntale, va orientato esattamente al centro del cerchio (il polo nord celeste); in base all’angolo di apertura (declinazione) si intercetta la traiettoria dell’oggetto e lo si insegue facendo ruotare lo strumento attorno al proprio asse (asse di ascensione retta).
Fin qui tutto abbastanza semplice no? No, e infatti ora le cose si complicano.
Inserire una funzione di puntamento automatico deve tener conto che la posizione delle stelle cambia a seconda del luogo di osservazione e la perplessità più ovvia, forse la prima che si può avere, è che non sia possibile memorizzare in un hardware una mappa del cielo corrispondente ad ogni singola località del mondo. Sarebbe necessario dare risposta a molte domande tipo: a quante località si dovrebbe far riferimento? Quanto distanti tra loro per avere una sufficiente precisione? Quasi infinite suppongo. Se poi ad ogni località dovesse corrispondere una mappa esatta del cielo per ogni singolo momento del tempo (che consideriamo indefinito) avremmo così tante combinazioni corrispondenti ad una capacità di storage incalcolabile! L’alternativa per avere un puntamento preciso ovunque (sia nello spazio che nel tempo) è quella di fornire dei riferimenti per calcolare le relative coordinate celesti facendo un match con un unico transito tenuto in memoria. Ad esempio memorizzando il transito al meridiano di una singola stella ad un orario ed in un luogo specifico (ad esempio al meridiano di Greenwich) le coordinate verranno ricalcolate per il luogo d’osservazione scelto, in tempo reale, sfruttando algoritmi che meglio vedremo in seguito.
La comprensione del funzionamento passa attraverso la conoscenza delle diverse misure del tempo che entrano in gioco in questi calcoli, senza scendere troppo nello specifico con spiegazioni matematiche complesse; esse sono importantissime sia per gli astronomi che per gli astrofili: sono il tempo solare ed il tempo siderale.
TEMPO SOLARE E TEMPO SIDERALE
Il sistema di conteggio del tempo usato dagli uomini, il tempo solare, non è universale, seppur venga chiamato UTC (Universal Coordinated Time). Animali strani gli uomini che chiamano universale ciò che riferito solo alla Terra sulla base dei movimenti di una minuscola stellina al centro del nostro sistema planetario, il Sole. Il tempo solare, chiamato UTC solo per convenzione, è calcolato in base alla posizione del Sole rispetto alla linea verticale che passa sopra le nostre teste, il meridiano. Quando un astro passa allo zenith, il punto più alto nel cielo, si dice che transita al meridiano (da qui diremo solo transito). Dopo un giro della Terra su se stessa il Sole non apparirà nuovamente sopra la nostra testa come potremo pensare: questo perché contemporaneamente al moto di rotazione il moto di rivoluzione ci ha spinti un po’più avanti. La Terra dovrà compiere quindi ancora circa un grado di giro attorno al proprio asse per rimettere il Sole allo zenit. (vedi la fig. 2).
Come evidenziato in fig.2, le stelle (lontane abbastanza da essere considerate ad una distanza prossima all’infinito) ritornano sempre al meridiano dopo un giro esatto della terra: 360 gradi. Il Sole invece transita dopo un giro abbondante, circa 361 gradi. Sulla base di questo ragionamento è chiaro capire che il sole ci mette sempre un po’ di più per tornare al meridiano rispetto alle stelle.
In passato per gli uomini è stato senz’altro più ovvio prendere come riferimento l’astro più luminoso e facilmente individuabile nel cielo, il Sole e da qui la scelta del giorno solare come riferimento per misurare il tempo. Il tempo invece usato prendendo come riferimento le stelle si chiama tempo siderale dal latino sidereus appunto (delle stelle). Fissato quindi un giorno solare di 24 ore si può calcolare che una stella lontana (una qualsiasi) torni al meridiano ogni 23 ore e 56 minuti (tempo medio approssimato ndr.) che è il vero tempo impiegato dalla Terra per compiere una rotazione attorno al proprio asse. Il tempo siderale resta indietro di circa 4 minuti al giorno rispetto al tempo solare, ed a lungo andare, nel giro degli anni, questa discrepanza aumenta tantissimo. Per questo non si può pensare di trovare corrispondenza tra un orologio solare ed un orologio siderale!! Al momento di scrivere questo articolo, ad esempio, in Italia, erano le 14:57 mentre il mio tempo siderale locale indicava le 10:52.
Ogni volta che penso a questo mi chiedo quale sia il vero tempo universale, se quello creato da noi uomini sulla base dei riferimenti che troviamo dietro l’angolo o quello di stelle infinitamente lontane, che oramai possiamo ammirare solo abbandonando le città e tornando a guardare il cielo notturno incontaminato.
Oggi, grazie alla tecnologia, è semplice tenere conto del tempo siderale grazie a molteplici strumenti in grado di compiere rapidi calcoli, ma in passato fu necessario ingegnare una diversa soluzione. In astronomia servivano metodi precisi e l’idea fu quella di dividere il cielo in 24 spicchi verticali con delle linee che confluivano verso la prosecuzione dell’asse terrestre: il polo nord celeste, molto vicino alla stella polare. In questo modo il cielo divenne un grosso orologio astronomico ed ogni astro compreso in una di queste “fasce” ottenne le sue coordinate espresse in ore, minuti e secondi; queste vennero chiamate coordinate di ascensore retta (AR o RA in inglese). Quando una stella passa allo zenit i suoi valori di ascensione retta indicheranno il tempo siderale locale (TSL o LST in inglese). LOCALE! Bisogna fare attenzione a questa parola: una stella che transita al meridiano, cioè posta allo zenit ora, era al meridiano qualche ora fa in Turchia e sarà allo zenit tra qualche ora a Greenwich! Questo perché la terra ruota e tutti gli astri sorgono ad Est e tramontano ad ovest tracciando, come già accennato in precedenza, una traiettoria ben precisa nel cielo.
DIFFERENZA TRA TEMPO SOLARE E SIDERALE: LA CHIAVE DI VOLTA PER CALCOLARE I TRANSITI LOCALI
Fatte queste doverose premesse e sulla base di quanto detto basterà fornire alla strumentazione l’ora solare locale ed il suo computer farà un match con l’ora siderale memorizzata. Usando poi le nostre coordinate terrestri potrà capire di quanto il transito locale è avanti o indietro rispetto a quello in memoria e calcolare accuratamente l’ora siderale locale, ottenendo finalmente le coordinate celesti degli oggetti che stanno passando al meridiano nel nostro luogo d’osservazione. Praticamente un passaggio semplice, tuttavia nel box “un esempio pratico” spiego in dettaglio con un esempio appunto qual è il calcolo sottointeso).
Gli esempi pratici e gli scatti dell’autore sulla corretta impostazione della strumentazione sono disponibili nel numero 258 di Coelum Astronomia