Le vele sono sempre affascinanti, non è vero?
E’ probabile che se ne sia già parlato, da qualche parte, ma nel caso non ve lo ricordiate, cercate di procurarvi il bel racconto di Jack Vance “Sail 25” (talvolta tradotto nelle antologie italiane con il titolo “Nave Scuola 25”): è decisamente più appassionante di una regata della Coppa America.
Ebbene, il quiz proposto nel numero 101 era tutto basato su una corsa di navi spaziali: avevamo due eroi, Zac e Zeb, un bel mucchio di asteroidi (ben cento) e una scommessa tra “veri uomini” in ballo. Non era chiaro se le navicelle potessero andare a vela, e non a caso la prima domanda verteva proprio sulla questione della possibilità o meno di procedere di “bolina” in mezzo allo spazio. La risposta giusta (che è “No”) è stata trovata da diversi lettori. Ne citiamo qualcuno:
Alfredo Paturzo, ad esempio, lo spiega con prosa calma e piana: “Nello spazio non si può andare di bolina semplicemente perché la spinta non viene compensata da un “mezzo” solido, che sulla Terra esiste ed è l’acqua, che permette di controbilanciare e governare il veicolo sottoponendolo a una pressione praticamente contraria alla direzione di spinta iniziale.”
La spiegazione sembra già assai buona. Se preferite avere più scelte, però, possiamo fornirvi anche questa offerta da Giovanni Castellari: “… perché ci vorrebbe una forza che ci mantenga sulla direzione di rotta, una specie di “pinna di deriva” altrimenti la componente in avanti della forza della vela non si otterrebbe, si “scarroccerebbe” e basta, quindi si andrebbe solo per andature cosiddette portanti.”
Insomma, ormai dovrebbe essere chiaro: la bolina gioca tutte le sue caratteristiche sul fatto che l’aria “spinge”, fa da motore, ma l’acqua (e il timone) fanno da “binario”, costringendo la barca ad andare dove vogliono loro. Però ci piace l’idea di fornire più d’una spiegazione alla domanda, ed è quindi con gioia che diamo la parola a Pierangelo Bellini, che da solo di spiegazioni ce ne fronisce un bel numero. E sono perfino spiegazioni poetiche…
“Sbrigativo: il vento solare e’ equipollente ad un fluido, ma NON si puo’ andar di bolina perchè nella situazione marinaresca i fluidi sono 2 e molto diversi in densità.
Riflessivo e Antico: se il vento mi spinge di poppa è tutto ben chiaro; or, sull’abbrivio, posso puntar la prora dicontra al vento ma per continuare con tale andatura devo contrastare in parte il vento, appoggiandomi all’acqua con chiglia, deriva e timone, così da poter rivoltar una parte del suo impeto verso di lui. Nello spazio vuoto tra la Luna e la Terra non v’è altro punto d’appoggio contro il vento solare.
Scolastico: in mare il vento contrario imprime, a causa del gioco pressione-depressione, alla vela una spinta che, applicata al “centro” della barca, si scompone in 2 componenti: la spinta laterale (leggo: sbandamento) che viene annullata o quasi dalla resistenza che lo scafo incontra nell’acqua per l’attrito e i vincoli che incontrano la chiglia, la deriva e il timone e la spinta di avanzamento, che e’ quella diretta dalla parte del vento, che non viene neutralizzata e perciò in questo verso avanza in definitiva lo scafo. Nello spazio, non essendoci il ”liquido” vincolante, per l’antagonismo, e’ percio’ possibile solo l’andatura di poppa o di lasco ma non di bolina.”
Un’altra domanda ragionevolmente facile era quella relativa allo spazio percorso in totale dalle due navicelle. Sia Giovanni che Pierangelo non si sono lasciati sfuggire la palese somiglianza con l’aneddoto del giovanissimo Gauss: narra la leggenda che il maestro del genio tedesco, colto da pigrizia (o forse a titolo punitivo), assegnasse alla classe elementare l’arduo compito di sommare tutti i numeri da 1 a 100. Ma mentre i compagnucci del futuro matematico tristemente cominciavano a fare 1+2=3; 3+3=6; 6+4=10, etc., il nostro eroe si accorse che scegliendo meglio i numeri da sommare le cose si semplificavano. Infatti la somma del primo e dell’ultimo numero della lista (1+100) era uguale alla somma del secondo e del penultimo (2+99), e la cosa era evidentemente estendibile a tutte le altre coppie: (3+98), (4+97), etc… Tutte davano come somma 101. A questo punto, era facilissimo notare che le coppie erano 50, e il risultato della gran somma non poteva essere altro che 101×50=5050. I nostri due migliori solutori, per parte loro, si sono entrambi accorti in fretta che questo valore doveva però essere raddoppiato, perchè Zac e Zeb fanno sia l’andata che il ritorno, da ogni asteroide: ergo, le UA in totale sono 10100.
Le domande successive e conclusive erano più “tecniche”, perchè si basavano sulla corsa vera e propria; rammentiamo infatti che i due eroici minatori non hanno la stessa velocità di crociera, che hanno stabilito di dividersi equamente gli asteroidi (i pari al più lento, i dispari al più veloce), e che il più lento ha la possibilità di avere un “asteroide bonus” da lavorare prima dell’inizio della gara vera e propria. Questi elementi hanno portato Giovanni ad affermare che “…Zeb va più piano, e siccome si becca gli asteroidi pari a lui tocca pure più strada, esattamente 510 U.A. contro le 500 U.A. di Zac e se Zeb si leva il più lontano, quello a 10 U.A. il suo totale diventa 490 U.A. da fare. Ma guarda caso ora Zac è più veloce proprio del 2,04% ma deve fare pure il 2,04% di strada in più, e quindi arrivano PARI!”
Che è analisi assai brillante: ed è proprio per questo che abbiamo usato valori com 2,04%… Però è una analisi che contiene una sola piccolissima pecca: quando diciamo che a Zeb, il più lento, “toccano gli asteroidi pari”, lo diciamo ben inteso nel senso che – dopo aver effettuato la scelta iniziale dell’asteroidi bonus – i 99 restanti vengono lavorati alternativamente da Zac e da Zeb. Insomma, immaginiamo che i cento asteroidi siano marchiati con numeri di fuoco 1, 2, 3, …, 100. Se, per assurdo, Zeb scegliesse come “bonus” l’asteroide “1”, allora Zac dovrebbe iniziare il suo lavoro dall’asteroide “2”, che, nonostantee in nome scritto con il numero di fuoco, sarebbe il “primo” asteroide, quindi il primo dei suoi “dispari”. Diciamo questo per far capire che Zeb potrebbe certo, come suggerisce Giovanni, “togliersi il più lontano” ovvero il numero 100; ma potrebbe anche decidere di lavorare il numero 99, in modo che poi il “100”, quello più lontano, tocchi a Zac. Con questo piccolo accorgimento potrà succedere quello che, in via più analitico fisica (applicando a mani basse le leggi della meccanica) ha notato Pierangelo.
Il punto è insomma che Zac andrà al primo, terzo, quinto (…eccetera) asteroide, mentre Zeb andrà al secondo, quarto, sesto (…eccetera). In pratica, il più lento non riuscirà mai a sfruttare due asteroidi consecutivi e sfrutteranno l’uno i dispari, l’altro i pari sin quando si arriva all’asteroide “di vantaggio”, punto in cui vengono invertiti i ruoli. Per questo Zeb dovrebbe quindi scegliere l’asteroide dispari più lontano, ossia ilnovantanovesimo; in questo modo, il più veloce sarà costretto ad andare più lontano (sarà lui a dover sfruttare il centesimo, mentre il più lento avrà finito il giro).
Dovendo Zeb sfruttare durante la gara 49 asteroidi, dovrà percorrere 4.998 UA; siccome Zac percorre il 2.04% in più, quest’ultimo percorrerà 5.099,95 UA. Però, per portare a casa tutti gli asteroidi Zac dovrebbe percorrere 5.100 UA; quindi, non solo Zeb ha portato a casa tutti i 50 asteroidi previsti, ma ha un vantaggio di 0,05 UA.