Questi binocoli si presentano con un design non tradizionale (vedi foto in alto) che può piacere o meno, sono abbastanza ergonomici e rivestiti in materiale morbido ma non scivoloso; il 18×50 è impermeabile e provvisto di attacco per il treppiede oltre ad un sistema che lascia inserita la stabilizzazione con una sola pressione del pulsante di attivazione, disinserendola automaticamente dopo 5 minuti.

Dati Tecnici 10×30 I.S 18×50 I.S

Diametro obiettivo

30 mm 50 mm
Ingrandimenti 10 x 18 x
Schema ottico obiettivo Due elementi in un gruppo Quattro elementi in tre gruppi di cui una lente U.D.
Schema ottico oculare Cinque elementi in quattro gruppi Sette elementi in cinque gruppi
Diametro pupilla di uscita 3 mm 2,8 mm
Angolo di campo reale 3,7°
Angolo di campo apparente 60° 66,6°
Rilievo oculare 15,5 mm 15 mm
Correzione diottrica +/- 3,0 diottrie +/- 3,0 diottrie
Prismi Porro Porro II
Angolo di correzione +/- 1,0° +/- 0,7°
Stabilizzazione dell’immagine Prisma ad angolo variabile Prisma ad angolo variabile
Attacco treppiede No Si
Alimentazione 2 x AA 2 x AA
Distanza interpupillare 55 mm – 75 mm 58 mm – 76 mm
Messa a fuoco Centrale Centrale
Minima distanza di messa a fuoco 4,2 m 6 m
Dimensioni 150 x 127 x 70 mm 152 x 193 x 81 mm
Peso 600 g. 1200 g.

I loro punti di forza sono costituiti dalla presenza di un doppietto spianatore di campoe dalla stabilizzazione dell’immagine: nel 18×50 I.S. lo spianatore di campo è responsabile, in larga misura, della perfetta puntiformità delle stelle fino ai bordi estremi del generoso campo di 66,6° apparenti (3,7° reali) in abbinamento ad uno schema ottico non banale che vede obiettivi composti da ben 4 elementi in 3 gruppi (compreso il vetro piano protettivo per l’impermeabilizzazione) con la presenza di vetri U.D. (ultra low dispersion) il che può far parlare di obiettivi semiapocromatici. Gli oculari composti da 7 elementi in 5 gruppi (compreso il doppietto a campo piatto) e prismi di Porro II (questi ultimi sono prismi cementati tra loro per diminuire i passaggi aria vetro e incrementare quindi la luminosità) ampiamente impiegati fin dai primi decenni del 900 nella produzione
militare di binocoli di alto livello da parte delle migliori industrie come Zeiss-Iena, Leitz-Wetzlar, Huet-Paris, Ross-London ed altre (Militarische Fernglaser und Fernrohre in Heer, Luftwaffe und Marine – Hans Seeger-Amburg).

La stabilizzazione riduce drasticamente il tremolio dell’immagine consentendo, ad esempio, di risolvere con relativa facilità (e una perfetta messa a fuoco) tre stelle del trapezio in Orione (theta 1 – componenti A-C-D-) senza dover ricorrere al treppiede altrimenti assolutamente necessario per tale classe di ingrandimenti (18x); la quarta stella (componente B) risulta più sfuggente e visibile a tratti soprattutto per la vicinanza con la componente A (sep. 8″,8). La stabilizzazione inoltre risulta utile anche con il treppiede, consentendo di tenere gli occhi ben aderenti agli oculari in modo da sfruttare tutto il campo visivo, e annullando contemporaneamente le vibrazioni causate dai movimenti del capo o delle mani durante la messa a fuoco; se poi si osserva
seduti su una comoda sdraio, con i gomiti appoggiati ai braccioli, la visione è praticamente ferma riducendosi a livello quasi impercettibile la lenta fluttuazione dell’immagine propria della visione stabilizzata (resa molto bene in modo virtuale nel sito Canon U.S.A); in questo caso, ad esempio, la visione prolungata dei campi stellari del Cigno o di un oggetto come il doppio ammasso di Perseo è uno spettacolo magnifico.

Il prisma stabilizzatore
Il prisma stabilizzatore
Schema di smorzamento delle vibrazioni
Schema di smorzamento delle vibrazioni

Al di la comunque degli aspetti tecnologici, basta portare agli occhi questi binocoli per rendersi conto del loro complessivo elevato livello ottico-qualitativo; infatti l’ampio campo circolare è definito da un bordo nero netto e privo di sbavature, sintomo di una perfetta sovrapposizione e collimazione dei due campi; il cielo notturno è uniformemente oscuro nel campo visuale fino ai bordi e non, come spesso ho rilevato in vari binocoli, sufficientemente oscuro al centro e progressivamente lattiginoso verso i bordi. A tale proposito il fatto acclarato che una maggiore oscurità del fondo cielo nel campo del binocolo aumenta il contrasto e la percezione degli oggetti deboli, pone in secondo piano l’importanza della grandezza del diametro della “pupilla d’uscita” e della conseguente proporzionale luminosità. Ho abbandonato infatti le mie precedenti convinzioni in merito, acquisite sulla base dei canoni maggiormente divulgati ma già in contrasto con l’esperienza pratica, leggendo e convenendo con quanto affermato da Alan MacRobert su Sky & Telescope in relazione alla teoria del fattore di visibilità elaborata da Roy L. Bishop (Royal Astronomical Society of Canada). Questa teoria è molto semplice, basta moltiplicare l’apertura in mm. per gli ingrandimenti; maggiore è il numero che si ottiene (il fattore di visibilità), migliori saranno, sul cielo notturno, le prestazioni del binocolo, ovviamente per strumenti di qualità almeno paragonabili. D’altra parte le attuali tecniche di rivestimento multistrato antiriflesso e i componenti ottici di qualità impiegati rendono i moderni binocoli luminosi anche con pupille d’uscita relativamente piccole; a riprova di ciò riferisco che persone anche non pratiche di binocoli che hanno osservato di giorno con il Canon 10×30 I.S. (pupilla d’uscita di 3 mm e quindi relativamente piccola) hanno definito il binocolo “limpido” , nel descrivere l’impressione visiva ricevuta.