Molto spesso le copertine delle riviste astronomiche, italiane e non, sono riservate ad immagini accattivanti, scatti spettacolari di oggetti molto lontani ma dal sicuro impatto visivo e anche emotivo. L’imperativo è stupire, catturare lo sguardo e invitare all’acquisto. E’ difficile che si sfugga a questa logica ma per il numero 261 di Coelum Astronomia abbiamo scelto di ribellarci e ne è un’uscita una rarità.
Breve narrazione:
Da qualche mese in redazione siamo stati travolti dall’entusiamo e dalla maestria dell’autocostruzione. Per essere dei buoni visualisti o astrofotografi non c’è bisogno di essere piccoli ingegneri, in genere i nuovi strumenti sono perfettamente adattabili alle mille esigenze, eppure qualcosa avolte manca e li entrano in gioco fantasia, abilità e ingegnosità. Doti non rare ma che spesso asfaltate dalla comodità del “click to buy”.
Fra le tante testimonianze ci siamo imbattuti nell’impresa di Stefano Tognaccini, astrofilo piuttosto conosciuto nella comunità, e il suo progetto ci ha rapiti. Mai detto più fu più azzeccato “Pensare in grande” e Stefano evidentemente non si lascia spaventare dalle scale di misura. Quando insieme all’articolo è arrivata lo scatto che lo vede immortalato vicino al suo binoscopio non potevamo crederci. In una singola immagine c’era l’essenza dell’autocostruzione: orgoglio, personalizzazione, passione. La copertina di questo numero rimarrà nei nostri cuori, grazie Stefano, ci hai regalato una meravigliosa nota di serenità.
Ecco l’intro della testimonianza…
“Un saluto a tutti i lettori di Coelum, mi chiamo Stefano Tognaccini sono nato a Montevarchi (AR) nel 1982 e sono appassionato di Astronomia dall’età di 7 anni.
La mia passione per l’astronomia iniziò quando a mio nonno venne la meravigliosa idea di farmi osservare i crateri lunari con il binocolo (ancora in mio possesso) che usava per andare a caccia: uno Zenith 10×50. Lo stupore che in me generò questa visione fu evidente anche per i miei genitori, a tal punto che mio padre decise di regalarmi un piccolo rifrattore marchiato Antares. Con il passare degli anni la mia passione è costantemente cresciuta e ancora oggi quando mi trovo di fronte alla strumentazione attuale non posso fare a meno di ripensare a quei dolci momenti di me bambino, con quel binocolo che sembrava così enorme e una meravigliosa Luna piena estiva che illuminava i luoghi della mia infanzia.
Ho sempre avuto un debole per la visione binoculare, la mia è una vera e propria binomania. Qualche anno fa ebbi la fortuna di provare il fenomenale e luminosissimo Fujinon 25x150mm MT di produzione Giapponese, dal peso di 26 kg, forse il binocolo monoblocco più grande al mondo. Questo strumento nasce per un uso operativo militare: l’osservazione dal ponte delle navi della Marina in situazioni di scarsa luminosità, grazie alla grande apertura e bassi ingrandimenti. Caratteristiche che lo rendono perfetto anche per l’osservazione astronomica, soprattutto per se a caccia di comete. Rimasi talmente impressionato che promisi a me stesso che un giorno ne avrei comprato uno.
Dopo un rapido consulto del listino prezzi (cifre da paura e disponibilità solo su ordinazione) persi subito le speranze, vista anche la scarsa reperibilità nel mercato dell’usato.
Unica alternativa? Tentare di riprodurlo. La mia passione per l’autocostruzione era già solida, decisi di tentare.
L’unica via percorribile per riprodurre un simile strumento è costruire un binoscopio di simile rapporto focale e diametro.
La scelta ricadde velocemente sul rifrattore acromatico 150/750, un f5 con un cromatismo importante ma tollerabile visto l’intenzione di utilizzarlo a bassi ingrandimenti (circa 25x); d’altronde anche il Fujinon 25×150 MT è composto da due doppietti acromatici.
Iniziai la ricerca e non fu difficile recuperare in tempi brevi nel mercatino dell’usato un modello marchiato Skywatcher colore blu.
Dopo vari test rimasi stupito (sferica a parte) dalla nitidezza capace di offrire questo, passatemi il termine, “spazzolone” del cielo. Il cromatismo, inoltre, a differenza di quello che si può pensare per un acro f5, è a malapena percepibile a bassi ingrandimenti e il colore delle stelle ne esce abbastanza fedele.
Una partenza motivante per la ricerca del “doppione” ma, la possibilità di trovare due ottiche lavorate più o meno allo stesso modo vi garantisco non è per niente semplice. L’ideale sarebbe stato reperire uno strumento fabbricato nello stesso periodo: non mi sentivo infatti di acquistarli nuovi entrambi, sarebbe stata una spesa forse eccessiva per un esperimento del quale ancora non potevo prevederne l’esito.
Per fortuna il colore ma soprattutto la tonalità della verniciatura del tubo Skywatcher dice molto sul periodo di fabbricazione.
Chi, come me, ha avuto modo di avere tra le mani tubi di tale produzione, concorderà che solo della versione blu esistono almeno due tonalità: una chiara, tendente al violetto ed una blu elettrico più scuro, entrambi metallizzati; il mio è quello più chiaro. Insomma per farla breve, per soddisfare tutte le variabili la ricerca del secondo tubo è durata quasi un anno. Stavo quasi per rinunciare al progetto….
La testimonianza completa di Stefano Tognaccini è disponibile su Coelum 261 di aprile/maggio prenotabile QUI