Qui sopra l’immagine ottenuta da 10 scatti effettuati circa dieci minuti dopo il massimo avvicinamento, quando ormai la New Horizons si stava allontanado da 2014 MU69, Ultima Thule. Sulla sinistra la media delle immagini grezze, sulla destra un’elaborazione dell’immagine del team missione, per eliminare l’effetto sfocato dovuto ai lunghi tempi di esposizione necessari per raccogliere la debole e sottile falce di luce. Credits: NASA/Johns Hopkins Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute/National Optical Astronomy Observatory
La ripresa di Ultima thule che, nell’immaginario per lo più italiano ha evocato la forma di una… scamorza affumicata!

Simpaticamente, sui social italiani ma non solo, il KBO Ultima Thule, oggetto dell’ultimo flyby della missione New Horizons, era stato assimilato a… una scamorza. C’è da dire che, in effetti, sia per la forma che per il colore delle prime immagini, la somiglianza (ovviamente solo apparente) era davvero alta. In america e nel team NASA, invece, è stato assimilato a un pupazzo di neve…

Della missione e delle prime immagini ve ne abbiamo ampiamente parlato nel numero disponibile online (come sempre gratuito) di Coelum astronomia con l’articolo Un primo sguardo su Ultima Thule, ora però sono disponibili le ultime immagini da quel flyby, quando ormai la navicella aveva concluso il sorvolo e si apprestava a dare l’addio al KBO, osservandolo quasi in contro luce, mentre velocemente se ne allontanava. Non sono ovviamente le “ultime immagini” che avremo, anzi ne arriveranno  molte altre e siamo in attesa di quelle ravvicinate e a maggior risoluzione; la sonda è solo all’inizio dell’invio dei suoi dati, che impiegheranno diverse settimane (se non mesi) per arrivare a Terra. Queste sono solo le riprese finali, effettuate mentre la navicella si allontanava a 50 mila chilometri all’ora dal suo bersaglio, circa dieci minuti dopo il momento di massimo avvicinamento.

E da queste ultime immagini “di addio”, arriva l’ennesima sorpresa, a cui ormai questo genere di missioni “al limite” ci stanno abituando. La curiosa forma a scamorza, data ormai praticamente per certa e dovuta (si ipotizzava) da due corpi sferoidali a contatto, ora non è più così certa.

Le nuove immagini sono state riprese sempre il 1° gennaio, ma quando la New Horizons si trovava ormai a 8.862 chilometri da 2014 MU69, soprannominato appunto Ultima Thule. Quella che vediamo sulla sinistra nell’immagine di apertura, è una “media” di 10 immagini riprese dalla Long Range Reconnaissance Imager (LORRI), e la vediamo sfocata nella versione “grezza”, perché New Horizon ha dovuto aumentare i tempi di esposizione per riuscire a raccogliere la maggior parte possibile del debole segnale in arriv sui suoi sensori. È stato però poi possibile elaborare i fotogrammi e ripulire l’immagine per ottenere la versione più nitida di questa sottilissima falce di Ultima Thule che vediamo nell’immagine di destra.

E rianalizzando le prime immagini, congiuntamente a questa nuova vista “da dietro”, ci si è accorti di quanto sbagliata fosse la prima impressione sulla forma di questo remoto oggetto, colpevoli la prospettiva e il necessariamente incompleto punto di vista, ma anche quanto, nelle prime immagini, era rimasto nell’ombra, non illuminato dal Sole.

Al momento questo è il video dell’oggetto più lontano mai ripreso nel nostro Sistema Solare. Le immagini rivelano il contorno della porzione oscura di Ultima Thule, non illuminata dal Sole al momento del passaggio, ma che può essere tracciata grazie alle stelle di fondo, oscurate dalla stessa. Cliccare l’immagine se la sequenza non parte. Crediti: NASA / Johns Hopkins Applied Physics Laboratory / Southwest Research Institute / National Optical Astronomy Observatory

Il video ottenuto da questo “addio a Ultima Thule”, che vedete nella gif qui a destra, mostra infatti inequivocabilmente (questa volta) che i due lobi (rinominati da Alan Stern, PI della missione, Ultima e Thule), non sono affatto sferici.

Continuando con le similitudini, dalla NASA ci dicono che Ultima, il lobo più grande, è più simile a un “pancake” (le famose frittelle dei film americani), mentre Thule, il lobo più piccolo, assomiglierebbe a una “noce ammaccata”. Immagini molto meno evocative di una scamorza, diciamocelo…

Quindi dalla prima ipotesi che il KBO fosse in realtà una coppia di corpi di dimensioni simili in orbita stretta, alla scoperta dalle prime immagini che invece erano a contatto, ma con l’impressione che fossero comunque sferoidali, siamo a un ulteriore modifica, e probabilmente non l’ultima, di quella che scopriamo essere la reale forma di Ultima Thule:

Nella simulazione qui sopra vediamo quella che si pensava fosse la forma di Ultima Thule, e sotto come è stata rivoluzionata, e si pensa sia in realtà. Ancora però ci sono margini di incertezza, perché un’intera regione del KBO è essenzialmente rimasta nascosta alla nostra vista e non illuminata dal Sole. Le linee blu tratteggiate mostrano i margini di questa incertezza, delimitando quello che ancora non ci è stato rivelato dai dati raccolti, e dimostrano che Ultima Thule potrebbe essere più o meno piatta di quanto si ipotizza ad oggi. Crediti: NASA / Johns Hopkins Applied Physics Laboratory / Southwest Research Institute

«Abbiamo avuto una prima impressione di Ultima Thule, sulla base del numero limitato di immagini ricevute nei giorni vicini al flyby, ma vedere più dati ha cambiato significativamente la nostra visione», ha dichiarato Stern. «È più vicino alla realtà dire che la forma di Ultima Thule è più piatta, come un pancake. Ma la cosa più importante, e che queste nuove immagini danno vita a un puzzle scientifico su come sia possibile che un simile oggetto si possa essere formato. Non abbiamo mai osservato qualcosa di simile in orbita attorno al Sole».

Nell’animazione qui sotto vediamo la prospettiva di partenza, ottenuta dalle prime immagini che ci sono arrivate a Terra e riprese da una angolazione totalemente differente rispetto a queste ultime, nella seconda parte della simulazione.

Per riuscire a definire nel miglior modo possibile la sagoma del KBO, che comunque ha ancora un buon margine di incertezza, si è anche prestato attenzione alle stelle di fondo visibili in molti fotogrammi, permettendo così una modellazione, in questa simulazione, che si ritiene molto vicina al vero e coerente con quanto osservato da Terra e dalla sonda.

«Mentre la natura stessa di un veloce flyby limita in qualche modo quanto possiamo determinare la reale forma di Ultima Thule, questi nuovi risultati mostrano chiaramente che Ultima e Thule sono molto più piatti di quanto inizialmente creduto e molto più piatti di quanto previsto», ha aggiunto Hal Weaver, New Horizons project scientist del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory. «Questo indubbiamente incentiverà nuove teorie sulla formazione planetesimale nel primo sistema solare».

Non ci resta che attendere ulteriori immagini, alla scoperta di quello che, al momento, è il più lontano oggetto del Sistema Solare mai ripreso a distanza ravvicinata da una sonda.


Tra SOLE, TERRA e… LUNA
dal Meteo Spaziale all’esplorazione della Luna, passando per… Ultima Thule!

Coelum Astronomia di Febbraio 2019
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