Ha sopportato uragani, tempeste tropicali e terremoti da quando è stato costruito 57 anni fa, ma ora è arrivato al capolinea. Il radiotelescopio di Arecibo, in Puerto Rico, per 53 anni il più grande radiotelescopio single-dish del mondo con la sua apertura di 305 metri e sorpassato nel 2016 dal radiotelescopio cinese Fast (diametro di 500 metri), è crollato ieri 1 dicembre alle ore 12:55 (ora italiana) come conseguenza di alcuni danni ingenti subiti quest’anno, che avevano già resa inevitabile la decisione amara della sua smantellamento, per motivi di sicurezza.

Crediti: Ucf

Prima la rottura a metà agosto di uno dei cavi ausiliari che sostengono il sub-riflettore sospeso a 150 metri di altezza sopra il disco, seguita a novembre dal cedimento di uno dei cavi principali  in avanzato stato d’usura, secondo perizie recenti, e la cui sostituzione era già stata programmata per fine anno. Troppo tardi. La sicurezza della struttura nelle ultime settimane era ormai compromessa, a tal punto da non permetterne la riparazione, secondo la National Science Foundation (Nsf) che gestisce e finanzia in gran parte l’osservatorio. Da qui la decisione di smantellare in modo “controllato” il radiotelescopio, seguendo cioè un piano di demolizione sicuro al fine di evitare ulteriori crolli.

Infine, ieri il colpo al cuore. I cavi restanti non hanno retto le 900 tonnellate di peso del sub-riflettore che è precipitato sulla parabola sottostante, fortunatamente senza causare feriti.

Le ispezioni preliminari non hanno evidenziato danni agli edifici 1, 2, al lidar, al laboratorio ottico, alla mensa e agli edifici preposti per la manutenzione. Un team di ingegneri è sul posto per fare le prime valutazioni strutturali e ambientali.

Il radiotelescopio, inizialmente progettato per scopi militari, lascia un’enorme eredità scientifica.

Ha osservato oggetti astronomici dietro l’angolo di casa, quali gli asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra, fino ai fast radio bursts a miliardi di anni luce di distanza. Passando per pianeti, nebulose, pulsar, e aprendo anche la strada alle scoperte degli esopianeti nel 1992.

 

A pochi mesi dall’inaugurazione, avvenuta il 1 novembre del 1963, il radiotelescopio di Arecibo permise di misurare con osservazioni radar il periodo di rotazione di Mercurio, all’epoca non ancora noto. Fu la prima di una lunga serie di scoperte, tra cui quella nel 1974 del primo sistema binario ad “altissima gravità” composto da una stella pulsar e una di stella neutroni, insignita del premio Nobel per la fisica nel 1993 per “aver inaugurato nuove possibilità nello studio della gravitazione”.

Non può non essere ricordata la partecipazione dell’antenna al progetto Seti per la ricerca di vita intelligente extraterrestre, e in particolare il famoso messaggio di Arecibo, quel segnale radio in codice binario, breve e più potente di qualsiasi trasmissione radiofonica, inviato dal radiotelescopio verso l’ammasso globulare Messier 13, il 16 novembre 1974, a 22mila anni luce di distanza. Un modo per dimostrare la potenza tecnologica dello strumento, più che un vero e proprio tentativo di instaurare una comunicazione con ipotetici extraterrestri.

Dimensioni ciclopiche, un premio Nobel, numerose scoperte, il messaggio di Arecibo, il progetto Seti. Tutti elementi che hanno fatto sì che il radiotelescopio diventasse un’icona della cultura di massa ed entrasse nel cuore delle persone, non solo in quello degli scienziati. L’antenna portoricana è si è guadagnata il posto in vari libri, videogiochi (per esempio Battlefield 4) e vari film di successo, tra cui il diciassettesimo capitolo della saga su 007, Golden Eye, un episodio di X-files e il film Contact di Robert Zemeckis, con protagonista Jodie Foster, ispirato al romanzo omonimo dell’astronomo statunitense Carl Sagan.

Nel 2016, il governo statunitense aveva annunciato l’intenzione di chiudere l’osservatorio di Arecibo per mancanza di fondi (l’osservatorio costa 12 milioni di dollari all’anno, ed è finanziato principalmente dalla Nsf e in misura minore dalla Nasa), decisione poi scongiurata grazie a nuovi finanziamenti e che aveva amareggiato scienziati e pubblico, tanto da promuovere una petizione online aperta a tutti per salvare l’osservatorio.

Il suo smantellamento lascerà un vuoto incolmabile, reale ed emotivo, ma la ricerca va avanti con lo spirito audace che la contraddistingue.


21 dicembre 2020
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