Due nuovi pianeti extrasolari scoperti dal satellite NASA Kepler. Due corpi celesti grandi approssimativamente come la Terra, attorno a una stella simile al Sole, anche se molto più antica. Potrebbero esserci molti spunti per fantasticare la possibilità di vita su quei mondi. Ma anche i più ottimisti dovranno subito abbandonare questa ipotesi. Infatti KOI 55.01 e 55.02 – questi i nomi assegnati ai due pianeti – sono vicinissimi alla loro stella madre, praticamente meno di tre volte la distanza che separa la Terra dalla Luna e sulla loro superficie si registrano temperature alle quali persino il tungsteno – il metallo con il più alto punto di fusione – bollirebbe allegramente. Un sistema planetario di scarso interesse quindi? Tutt’altro. Quello appena scoperto potrebbe essere una sorta di ‘anteprima’ per ciò che potrebbe accadere al nostro Sistema solare interno tra qualche miliardo di anni. La storia evolutiva della stella KIC 05807616 attorno alla quale sono stati individuati questi corpi celesti è infatti molto simile a quella che attenderà il nostro sole tra circa cinque miliardi di anni, quando la sua espansione coinvolgerà i pianeti più interni del Sistema solare, tra i quali, molto probabilmente anche la Terra.
L’astro sembra aver terminato in epoche recenti la sua fase di gigante rossa quando, una volta terminato il suo combustibile principale, l’idrogeno, ha aumentato a dismisura le sue dimensioni, tanto da inglobare i due pianeti. Perso il guscio più esterno del gas, questa stella è ora una nana bianca e i due corpi celesti sono di nuovo liberi dal suo bollente abbraccio. Ma la sua temperatura superficiale è ancora elevatissima, quasi 28.000 gradi kelvin e quella che viene registrata sui suoi pianeti è circa un terzo. KOI 55.01 e 02 potrebbero essere ciò che resta di pianeti giganti di tipo gassoso, simili al nostro Giove. Quello che è sopravvissuto a questa ‘immersione’ sarebbero solo i nuclei densi dei due corpi celesti, probabilmente composti da elementi pesanti come il ferro.
“L’osservazione di questo sistema ci permette di comprendere come l’interazione fra una stella e i suoi pianeti più vicini possa giocare un ruolo cruciale in alcune fasi dell’evoluzione stellare” commenta Roberto Silvotti, dell’Osservatorio Astrofisico di Torino, tra gli autori dell’articolo sulla scoperta dei due pianeti pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature. “Non solo i pianeti interni possono riuscire a sopravvivere perdendo il loro guscio esterno quando entrano a diretto contatto con la stella, ma anche la stella può venire fortemente influenzata da questo contatto e perdere a sua volta il suo inviluppo. Si pensa infatti che possano essere stati proprio questi due pianeti a strappare via a KIC 05807616 il suo guscio esterno ricco di idrogeno, per formare la stella caldissima e abbastanza piccola che vediamo oggi, con un raggio pari a circa un quinto di quello del nostro Sole”.
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