Fuga delle atmosfere planetarie nella zona abitabile attorno alla stella TRAPPIST-1
La ricerca di pianeti abitabili al di là della Terra costituisce un tema di estremo interesse astrofisico soprattutto a seguito dal lancio del telescopio spaziale James Webb (JWST), che ha permesso di studiare in dettaglio le atmosfere degli esopianeti (i.e., i pianeti non appartenenti al Sistema Solare). Il sistema planetario sviluppatosi presso la stella TRAPPIST-1, nana rossa di tipo spettrale M8 situata nella costellazione dell’Aquario, ospita 7 pianeti rocciosi, di cui i 4 più esterni hanno massa comparabile a quella terrestre e risiedono all’interno della zona abitabile. Specificamente, la zona abitabile attorno ad una stella è definita come la distanza orbitale a cui un pianeta può trovarsi per poter mantenere acqua allo stato liquido sulla sua superficie; nel caso di TRAPPIST-1, essa è compresa nell’intervallo 0.03-0.06 AU (1AU = 1.496 x 108 km). Naturale è dunque chiedersi se questi 4 pianeti siano anche in grado di trattenere un’atmosfera per un periodo di tempo abbastanza lungo da permettere la nascita e la crescita di microrganismi multi-cellulari.
Numerosi sono i processi che possono provocare la perdita di un’atmosfera planetaria. Per esempio, i meccanismi non-termici, associati ai venti della stella ospite e al campo magnetico del pianeta, sono dominanti nell’attuale Sistema Solare, mentre quelli termici prevalgono in sistemi planetari maggiormente irradiati dalle loro stelle: poiché il 46% degli esopianeti osservati si trova ad una distanza inferiore a quella di Mercurio dal Sole, le perdite di atmosfera per via termica risultano molto comuni. In particolare, la fuga di Jeans è un meccanismo termico di perdita di atmosfera che si verifica quando la velocità delle molecole di gas atmosferico supera la velocità di fuga dal pianeta; si tratta di un meccanismo tipico degli strati più alti delle atmosfere planetarie, che tendono ad assorbire una considerevole quantità di radiazione X e UV per poi convertirla in energia cinetica molecolare.
L’effetto della fuga di Jeans sulle atmosfere dei pianeti all’interno della zona abitabile di TRAPPIST-1 è stato esplorato attraverso il codice Kompot, che permette di simulare la risposta degli strati superiori di queste alla radiazione stellare altamente energetica da cui sono investiti. Giacché svariati fattori possono influenzare la fuga di Jeans, nei modelli computazionali realizzati sono stati presi in considerazione i seguenti parametri: la massa planetaria, la composizione atmosferica e l’irraggiamento. Più in dettaglio, per valutare quest’ultimo è stato assunto come riferimento il flusso radiativo nella banda UV estrema (EUV) che la Terra riceve dal Sole, ovvero FEUV,⊕= 4.77 erg s−1 cm−2, di modo che i valori di irraggiamento simulati sono stati 1, 2, 4, 6, 8, 10, 12, 14 FEUV,⊕. Inoltre, la composizione atmosferica è stata analizzata in termini di rapporto tra le percentuali di CO2e N2 (%CO2/%N2), come 10/90, 20/80, 40/60, 60/40, 80/20, 90/10, 99/1.
Per un pianeta di massa uguale alla Terra si trova che la fuga di Jeans è trascurabile al di sotto di 6 FEUV,⊕ indipendentemente dalla composizione atmosferica calcolata mediante i suddetti rapporti percentuali, risultato che ben si accorda con le predizioni teoriche, secondo cui la perdita di atmosfera cresce proporzionalmente alla quantità di energia radiativa assorbita. Di conseguenza, la probabilità che un pianeta ricevente un flusso radiativo maggiore di 6 FEUV,⊕ perda una parte consistente della propria atmosfera è elevata. Si stima che il livello di irraggiamento odierno di TRAPPIST-1 dovrebbe portare alla perdita dell’atmosfera dei 4 pianeti nella zona abitabile nel giro di qualche miliardo di anni, e che quelli più interni siano già stati privati di atmosfera in passato a causa dell’eccessiva vicinanza alla stella. Da ciò si conclude allora che nessuno dei pianeti di TRAPPIST-1 sopravviverà alla perdita di atmosfera per meccanismo termico di fuga di Jeans.
Data la natura molto generale dei modelli simulativi utilizzati, ossia tali da non adattarsi esclusivamente alle caratteristiche del sistema planetario esaminato, sarà possibile effettuare indagini sulle atmosfere di altri esopianeti nel prossimo futuro, così da continuare la ricerca di una nuova candidata Terra.
Fonte: arXiv