Tutti ci ricordiamo dell’evento Gw170817, la kilonova di Ferragosto dello scorso anno. Aveva emesso onde gravitazionali ed elettromagnetiche, che erano state osservate –per la prima volta- contemporaneamente dagli interferometri gravitazionali, dai satelliti alle alte energie e da decine di telescopi terrestri. Una osservazione definita a ragione “epocale” avendo di fatto inaugurato l’era dell’astronomia multimessaggero. Tuttavia era rimasta ancora aperta una domanda: quale è stato il risultato della fusione delle due stelle di neutroni?
Un lavoro scritto a quattro mani da Maurice Van Putten, professore alla Sejong Univerity a Seoul in Corea e da Massimo Della Valle, astronomo dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, dell’Inaf di Napoli, trova una possibile risposta: «Il risultato della fusione è ancora una stella di neutroni, ma ipermassiccia, con una massa stimata in circa 2,5 volte quella del nostro Sole» dice van Putten.
È questo lo scenario descritto in un articolo in via di pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters. Le conclusioni del lavoro riportano le prime prove osservative di questo processo di fusione, ricavate da una nuova analisi dei dati raccolti dagli interferometri LIGO e ottenuta attraverso l’utilizzo di un software pubblicato in precedenza e ulteriormente aggiornato. «Dalla nostra analisi – continua van Putten – abbiamo individuato un segnale gravitazionale nei dati raccolti da LIGO della durata di circa 5 secondi e caratterizzato da una alta significatività statistica».
Le stelle di neutroni sono oggetti celesti che normalmente possiedono una massa paragonabile a quella del Sole, confinata in un volume di una sfera di circa 10 chilometri di raggio, ma non raggiungono ancora la densità necessaria per trasformarsi in buchi neri. Negli ultimi anni, i radioastronomi hanno scoperto stelle di neutroni molto massicce, che sfiorano le 3 masse solari. Oggetti simili – letteralmente in bilico per collassare ancora e diventare buchi neri – potrebbero quindi essere prodotti in eventi come Gw170817.
«La frequenza iniziale del segnale che abbiamo individuato è a 0.7 kHz e suggerisce che il risultato finale possa essere una stella di neutroni, piuttosto che un buco nero. Va anche detto che il segnale si indebolisce e dopo 5 secondi non vediamo più nulla, quindi cosa sia successo dopo non lo sappiamo» aggiunge Della Valle.
Per saperne di più:
- leggi su Arxiv l’articolo Observational evidence for Extended Emission to GW170817 di Maurice H.P.M. van Putten e Massimo Della Valle, pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters
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