Alla fine degli anni ’80, la sonda Galileo partì per un viaggio dedicato completamente, per la prima volta nella storia dell’esplorazione del sistema solare, a Giove, il gigante gassoso. Alla fine degli anni ’90, conclusa la missione primaria, iniziò una estensione che presentava maggiori rischi e che comprendeva una serie di sorvoli ravvicinati delle lune Europa e di Io, il più vicino dei quali portò la sonda a 180 km da Io il 15 dicembre 2001.
Ma è durante un suo flyby di Europa che non ci si era accorti di una sua scoperta straordinaria, o meglio, non era facile trovare qualcosa che non si stava cercando…
Indice dei contenuti
➜ Leggi Missione Galileo. Il testimone passa a Juno, per ripercorrere i passaggi, le conquiste scientifiche e i quesiti sollevati per le successive missioni, della Missione Galileo.
Le immagini ultraviolette di presunti getti d’acqua dalla superficie di Europa, luna di Giove, riprese dal telescopio spaziale Hubble della NASA nel 2012, hanno ispirato Xianzhe Jia (Università del Michigan, co-investigator di due strumenti a bordo della sonda Europa Clipper, la missione che studierà Europa da vicino nel prossimo decennio) e il suo team.
Dopo una relazione sulle immagini di Hubble di Melissa McGrath – del SETI Institute di Mountain View ma anche lei parte della missione Europa Clipper – Jia e il suo team hanno ripreso i dati raccolti dalla sonda Galileo 20 anni fa, rendendosi subito conto che la regione in cui Hubble aveva visto ripetute tracce di pennacchi era vicina a una delle regioni in cui Galileo era volata: Galileo avrebbe potuto passare attraverso uno di questi pennacchi senza che nessuno se ne fosse reso conto.
«Galileo, in effetti, ha fatto un sorvolo di quella posizione, ed è stato il più vicino che abbiamo mai avuto. Ci siamo resi conto che dovevamo tornare indietro», ha detto Jia. «Avevamo bisogno di vedere se nei dati ci fosse qualcosa che potesse dirci se in quel momento c’era o meno un pennacchio».
Galileo aveva fatto un totale di 11 voli ravvicinati di Europa, ma solo due si avvicinarono abbastanza da avere la possibilità di scoprire qualcosa di simile a un getto di vapore ghiacciato. Fu il primo di questi che si rivelò essere lo scrigno del tesoro. La sonda Galileo stava volando entro 400 km dalla superficie di Europa, a 6 km/s, percorrendo 1.000 km in soli tre minuti nel momento del suo maggior avvicinamento, quando il suo magnetometro si è accorto di un cambio di direzione del campo magnetico misurato, con un improvviso calo e un seguente picco molto forte. Nel frattempo, il rilevatore di onde di plasma mostrava una concentrazione densa di particelle cariche che venivano altrettanto improvvisamente rilasciate.
L’ipotesi è che quando un campo magnetico attraversa un getto d’acqua, può creare una corrente elettrica all’interno del getto. Quella corrente, a sua volta, genera un altro campo magnetico che neutralizza il primo, mentre il plasma si accumula in cima al getto, incapace di fluire attraverso di esso. Questo processo è lo stesso che la sonda Cassini ha visto in azione su Encelado, luna di Saturno, e ora i ricercatori pensano che sia esattamente lo stesso processo rilevato vent’anni fa dalla Galileo su Europa.
Ma il vero motore della scoperta è stato un sofisticato modello computazionale noto come 3D multi-fluid magnetohydrodynamic simulation, che ancora non esisteva quando Galileo raccoglieva i suoi dati. Il team lo ha applicato a quello che già si sapeva dalle osservazioni di Hubble sulla dimensione e la densità del potenziale pennacchio, creando così una simulazione perfettamente coerente con i dati raccolti dalla sonda Galileo.
«I dati erano lì, ma avevamo bisogno di una modellazione sofisticata per dare un senso all’osservazione», ha spiegato sempre Jia.
Le precedenti immagini ultraviolette di Hubble suggerivano la presenza di pennacchi, ma questa nuova analisi ha potuto utilizzare dati raccolti (anche se inconsapevolemnte) molto più vicini alla fonte ed è per questo che viene considerata un’evidenza forte e di supporto a quella di Hubble per confermare la presenza dei pennacchi.
«Sembra che ormai ci siano troppe evidenze per scartare l’esistenza di geyger anche su Europa», dichiara Robert Pappalardo, sempre del progetto Europa Clipper. «Questo risultato li fa sembrare smpre più veri e, per quanto mi riguarda, si tratta di un punto di svolta: non sono più solo incerti bagliori in un’immagine remota».
Galileo non avrebbe potuto vedere di più, il flusso di particelle in questo tipo di getti è molto diffuso e sottile, non è facile accorgersene pur passandoci in mezzo, soprattutto se non si sa cosa guardare. Ma ora che lo sappiamo, gli scienziati della NASA sperano che la missione Europa Clipper, che sarà lanciata a metà degli anni ’20, riesca a riprendere immagini dirette dei getti attraverso la luce solare dispersa dalle particelle sospese nello spazio.
«Non potremo darli definitivamente per reali finché non torneremo lì con una sonda e non li riprenderemo in una foto» aggiunge un altro membro del team Europa Clipper, Cynthia Phillips.
Inoltre Clipper arriverà molto più vicina alla luna ghiacciata: alcuni dei suoi 44 passaggi la porteranno a una distanza di soli 25 km in superficie. Avrà a bordo spettrometri di massa, per dedurre la composizione della superficie di Europa, dell’oceano sotterraneo e dei pennacchi, e – come Galileo – strumenti per misurare la densità del plasma e i campi magnetici. A differenza di Galileo, Clipper avrà anche sistemi di imaging a infrarossi e nel visibile, uno spettrografo ultravioletto e un radar che può penetrare nel ghiaccio fino a chilometri al di sotto della superficie ghiacciata di Europa.
Ma mentre gli strumenti sono ben noti, la traiettoria ancora non è decisa e questi nuovi risultati aiuteranno a definirla. Se i pennacchi stanno davvero emettendo vapore dall’oceano o dai laghi sotterranei di Europa, Europa Clipper potrà campionare il liquido congelato e le particelle di polvere. Il team della missione sta ora valutando potenziali percorsi orbitali proprio con questo scopo.
I getti emessi da questa gelida luna potrebbero infatti aiutarci a trovare segni di vita nel suo oceano sottosuperficiale. «Studiare il materiale di questi getti è un modo per accedere alla chimica dell’oceano di Europa, che potrebbe aiutarci a rivelare se è abitabile o addirittura abitato», spiega Kevin Hand, anch’esso nel team del JPL della missione Europa Clipper. Infatti se si tratta davvero di getti d’acqua provenienti dall’oceano sotto la superficie ghiacciata della luna, potendone raccogliere dei campioni possiamo anche vedere direttamente e “facilmente” se contengono o meno tracce degli ingredienti necessari alla vita, o tracce di vita microbica stessa.
Sia la NASA che le agenzie spaziali europee hanno missioni in cantiere per visitare Europa dopo il 2020, presto forse avremo quella foto e quelle risposte…
Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy:
- “Evidence of a plume on Europa from Galileo magnetic and plasma wave signatures”, di Xianzhe Jia, Margaret G. Kivelson, Krishan K. Khurana & William S. Kurth
Si fa presto a dire GALASSIA… È online Coelum Astronomia di maggio!
Come sempre in formato digitale e gratuito. Semplicemente clicca qui sotto e leggi!
L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.