La NASA ha finalmente sciolto il riserbo seguito alle indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi prima da Grotzinger e poi da Elachi, a proposito di notizie “sconvolgenti” forse a proposito del rinvenimento di sostanze organiche, poi smentite dal JPL: in una conferenza a Pasadena, in concomitanza con l’apertura del convegno dei geofisici indicato da Grotzinger come sede di “storiche” comunicazioni, i tecnici di Curiosity hanno confermato che il rover funziona a meraviglia, ma dopo le prime analisi del suolo non ha ancora scoperto nulla di significativo.
“Abbiamo trovato acqua, zolfo e sostanze clorurate nei primi campioni di suolo marziano, a testimonianza di una chimica complessa, ma finora nessuna indicazione chiara se esso contenga composti di carbonio di natura organica” ha dichiarato Paul Mahaffy, del Goddard Space Flight Center.
Almeno non nei campioni prelevati dalla roccia Rocknest, analizzati con lo spettrometro-gascromatografo SAM e con il laboratorio ChemMin; l’APXS e la camera MAHL hanno mostrato una tessitura ed una composizione simili ai terreni analizzati da altre sonde atterrate in luoghi diversi di Marte, confermando la presenza di composti di cloro ed ossigeno, probabilmente i perclorati già individuati dal Phoenix Lander nei pressi del polo nord.
Questi composti, se riscaldati in presenza di carbonio, possono formare facilmente cloroderivati del metano, forse i semplici composti organici indicati inizialmente come gli “organici” dalle indiscrezioni di Grotzinger… ma il metano, se presente, può essere dovuto a contaminazioni di origine terrestre ed aver dato luogo, ancora una volta, a falsi risultati positivi.
Anche l’acqua rilevata non implica necessariamente l’idea di un passato “umido” del pianeta: molecole d’acqua di cristallizzazione sono comunemente contenute in rocce di origine basaltica e nei composti vetrosi rilevati nella sabbia introdotta nel rover.
Come commentare queste notizie, sempre in attesa dei comunicati scientifici ufficiali presentati al congresso dei geofisici americani?
È una smentita, sicuramente “tombale” agli entusiasmi – troppo facili, ed in verità piuttosto ingenui – creatisi durante l’elaborazione dei primi risultati all’interno dello stesso JPL, che sembra lasciarsi andare con eccessiva frequenza ad atteggiamenti scientificamente non corretti; lo stesso Grotzinger, interrogato a proposito delle sue incaute dichiarazioni alla NPR che hanno dato il via al fiume in piena di “speculations”, ha riconosciuto che la missione “procede alla velocità della Scienza, ed ogni risultato va attentamente controllato prima di essere divulgato”.
I sofisticati strumenti a bordo di Curiosity funzionano bene, ma esistono ombre sia sul metodo di calibrazione interno, sia sulla presenza di contaminanti di origine terrestre, in grado di falsare i risultati; la potenzialità analitica dimostrata è comunque di buon auspicio per le prossime esplorazioni di Gale Crater e Curiosity ha probabilmente davanti a sé ancora molti anni di ricerche anche se, almeno per il momento, sembra che neanche da questa missione potranno forse mai arrivare le “vere” novità che tutti aspettiamo da Marte.
.
E’ inutile illudersi: su Marte non c’è vita!
E’ ora di cercare altrove!