Nella Genesi l’incarico era affidato ad Adamo: dare un nome a tutte le creature.
Un’investitura analoga è stata conferita dal comitato esecutivo della Iau, l’International Astronomical Union (Unione astronomica internazionale), al neonato Gruppo di lavoro sui nomi delle stelle (Wgsn).
Obiettivo? Definire le regole per la nomenclatura delle future new entries e uniformare lessico e grafia di quelle che già un nome ce l’hanno. Facendo giustizia di omonimie, sinonimie, polimorfie e simili ambiguità linguistiche. Insomma, mettere ordine. Per evitare situazioni incresciose come una stella con più nomi o – non sia mai – lo stesso nome per più stelle.
Un incarico che vi fa sorridere? Chiedete a Plutone: se dal 2006 non è più un pianeta, è proprio per una risoluzione della Iau.
Ma non fatevi troppe illusioni: quelle impossibili sigle, più simili a codici fiscali che a nomi, rimarranno. Perlomeno nei cataloghi usati dagli astronomi professionisti, dove le stelle si contano a centinaia di milioni: uno per tutti la ponderosa anagrafica celeste che sta compilando il telescopio spaziale Gaia dell’Esa, un elenco nel quale già figurano un miliardo di sorgenti.
«In realtà non si sono inventati nomi nuovi», spiega a Media Inaf il Segretario generale della Iau, Piero Benvenuti, astronomo all’Università di Padova e primo italiano a ricoprire il prestigioso incarico, «si è solo voluto rendere ufficiali quei nomi che da tempo immemorabile astronomi di varie tradizioni e civiltà avevano assegnato alle stelle più luminose. Similmente, nel lontano 1920, giusto un anno dopo la sua fondazione, l’Iau aveva ufficializzato i nomi delle costellazioni: era tempo che ci si occupasse anche delle stelle».
Dal maggio scorso a oggi il gruppo di lavoro si è dato da fare: i nomi di ben 227 stelle hanno ricevuto l’imprimatur. E se vi sembrano poche, sappiate che quelle con il bollino di certificazione in ordine, prima di quest’iniziativa, erano 14 soltanto. L’elenco in ordine alfabetico delle stelle che già hanno ottenuto un nome doc lo potete trovare in rete. Ogni sorgente è corredata di costellazione d’appartenenza, coordinate celesti, magnitudine e data d’approvazione. Fra le tante note solo agli appassionati, ne figurano alcune che fin dai tempi più antichi sono invece vere e proprie celebrità, a volte leggendarie, come Vega, Rigel o la stessa Stella Polare, che d’ora in avanti dovremo abituarci a chiamare Polaris.
«Personalmente, sono contento che il Gruppo di lavoro abbia confermato il nome di Proxima Centauri, la stella più vicina al nostro Sole: se non l’avessero fatto», dice Benvenuti, «avrei dovuto cambiar nome alla mia barca che così ho battezzato vent’anni fa… e si sa, cambiar nome alle barche porta iella!».