Ad Eris, già battezzato dal suo scopritore Mike Brown “Pianeta X” del Sistema Solare, venne poi assegnato il nome della dea della discordia (e al suo satellite Dysnomia, quello dell’ingiustizia): questo la dice lunga sulla disputa che ha contrapposto gli astronomi fin dall’epoca della scoperta dell’oggetto, valutato inizialmente di 3000 Km di diametro. L’esistenza di un corpo di dimensioni pari o superiori a quelle di Plutone scatenò una polemica, che alla fine portò la IAU a declassare tutti gli oggetti transnettuniani al rango di pianeti minori, con Plutone come capostipite ed Eris a contendergli la palma di oggetto più massivo.
I nuovi dati, pubblicati ora dalla American Astronomical Society e dalla European Planetary Science Congress al meeting di Nantes, sembrano ridimensionare la stima sul diametro medio di Eris, che risulterebbe nel suo massimo valore inferiore al minimo attribuibile a Plutone.
La nuova valutazione deriva dall’entità dell’eclissi provocata da Eris nell’occultazione di una debole stella di 17ma magnitudine, avvenuta il 6 novembre 2010, e osservata dal team di Sicardy con strumenti da 40 e 60 cm di diametro da Atacama e La Silla. L’elaborazione dei dati ha consentito sia di ricavare una valutazione del diametro di Eris, sia della sua albedo e della sua composizione, fornendo più di una sorpresa.
Il diametro risulterebbe compreso tra 2314 e 2338 Km, corrispondente al minimo della stima ottenuta dallo stesso Sicardy nel 2009 per Plutone, col medesimo metodo dell’occultazione di una stella di sfondo. La massa, invece, risulterebbe la stessa valutata in precedenza, quindi Eris sarebbe più denso del previsto, con una costituzione rocciosa ed uno strato superficiale ghiacciato relativamente sottile.
Il valore di albedo colloca Eris al terzo posto per luminosità nel Sistema Solare, dopo le lune ghiacciate di Saturno Tethys ed Enceladus. Mentre queste sarebbero ricoperte dal ghiaccio fuoriuscito per criovulcanismo o depositato dai detriti che formano gli anelli, il ghiaccio di Eris deriverebbe da un’antica collisione che ha asportato parte della sua crosta esterna esponendo l’interno, oppure per congelamento stagionale (all’afelio della lunga orbita di 557 anni) della tenue atmosfera di azoto, metano e argon.