Tutti ricordiamo l’attesa e l’eccitazione per l’arrivo su Marte della missione Exomars, a contributo ESA e Roscosmos, ma con una grossa parte di partecipazione italiana, e anche la delusione per il mancato atterraggio del lander di prova Schiaparelli… che ha rubato la scena però a quella che era in realtà la parte di missione principale e più importante, la messa in orbita del Trace Gas Orbiter (TGO), un satellite che ha lo scopo di studiare con un dettaglio ancora mai visto i gas traccia nell’atmosfera del Pianeta Rosso, e di fare da apripista e da ponte per le comunicazioni di quella che sarà la seconda e principale fase della missione Exomars, il grande rover europeo e una piattaforma scientifica russa, che partiranno nel 2020 e scenderanno su Marte per la ricerca diretta di vita microbica, passata o attuale.
Il TGO ha raggiunto finalmente la sua orbita finale, dopo un anno di “aerobraking” che si è concluso a febbraio. Questo passaggio ha visto la sonda sfiorare la parte superiore dell’atmosfera di Marte e usare la resistenza sulle sue ali ricoperte da pannelli solari per trasformare la sua orbita iniziale di quattro giorni altamente ellittica (andava da 200 a 98mila km) nel percorso finale, molto più basso e quasi circolare a circa 400 km.
Ora il satellite impiega circa due ore a compiere un giro del pianeta e, dopo la calibrazione e l’installazione del nuovo software, inizierà finalmente le osservazioni scientifiche di routine.
«Si tratta di un importante traguardo per il nostro programma ExoMars e di un risultato fantastico per l’Europa», dichiara Pia Mitschdoerfer, responsabile della missione Trace Gas Orbiter.
«Per la prima volta questo tipo di orbita è stata raggiunta grazie all’aerobraking e con l’orbiter più pesante mai inviato attorno al pianeta rosso, pronto a iniziare la ricerca di segni di vita».
Entro un paio di settimane cominceranno i rilevamenti, e dal team si aspettano importanti informazioni già dalle prime misurazioni. Håkan Svedhem, che ha progettato l’orbiter, spiega: «Abbiamo una sensibilità tale da rilevare gas rari in minuscole proporzioni, con la possibilità di scoprire se Marte è ancora attivo – biologicamente o geologicamente parlando».
L’obiettivo principale, da cui il nome dell’orbiter, è quello di fare un inventario dettagliato dei gas traccia – quei gas che costituiscono meno dell’1% del volume totale dell’atmosfera del pianeta. In particolare, l’orbiter cercherà prove di metano e altri gas che potrebbero rappresentare la firma di attività biologica o geologica attiva.
Sulla Terra, gran parte del metano del pianeta viene rilasciato dagli organismi viventi, ma è anche il principale componente dei giacimenti di gas idrocarburi presenti in natura, al quale contribuiscono anche l’attività vulcanica e idrotermale. Ci si aspetta che, su Marte, il metano abbia però una vita piuttosto breve – di circa 400 anni – a causa dell’azione della luce ultravioletta proveniente dal Sole, oltre alle reazioni con altri elementi nell’atmosfera e ad essere soggetto a miscelazione e a dispersione a causa dei venti. Questo significa che le tracce di metano che si riuscissero a rilevare non potrebbero essere state create troppo indietro nel passato del pianeta, quando ad esempio si ipotizza potesse esserci acqua liquida in modo stabile, ma la loro origine andrebbe cercata in meccanismi relativamente recenti, dimostrando quindi la presenza ad oggi di un qualche tipo di attività biologica o geologica in grado di produrlo.
Sia la sonda Mars Express dell’ESA, sia più recentemente il rover Curiosity della NASA, avrebbero rilevato tracce della presenza di metano, ma si tratta di rilevazioni ancora non definitive e oggetto di molte discussioni. Il TGO è invece in grado di rilevare e analizzare metano e altri gas traccia anche in concentrazioni estremamente basse, con una precisione superiore di tre ordini di grandezza rispetto alle misurazioni precedenti, e potrebbe quindi confermare queste prime analisi, oltretutto con una precisione da poter anche aiutare nella distinzione tra le diverse origini possibili.
Quattro strumenti eseguiranno misurazioni complementari dell’atmosfera, della superficie e del sottosuolo e, grazie alla fotocamera, i ricercatori saranno in grado di caratterizzare le varie zone della superficie che potrebbero essere correlate alle fonti di gas di traccia. Con questi strumenti si potrà anche andare a caccia dell’acqua nascosta sotto la superficie del pianeta che, assieme alle potenziali fonti di gas traccia, darà importanti indicazioni per la scelta dei siti di atterraggio delle future missioni.
Oltre a tutto questo, il TGO si presterà anche da intermediario per le comunicazioni con i rover Opportunity e Curiosity della NASA, una collaborazione nata anche in vista dell’arrivo del lander InSight alla fine di quest’anno, e ovviamente per il rover e la piatttaforma scientifica che partiranno per il pianeta all’interno della missione ExoMars nel marzo 2021.
Forse per l’uomo in carne ed ossa è ancora presto prevedere quando avverrà la colonizzazione di Marte, ma non c’è dubbio che, roboticamente parlando, sia ormai in atto da tempo e sarà sempre più affollata!
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