Come più volte vi ho già detto, l’universo è un luogo vivo, popolato da creature meravigliose e leggendarie.

E come in tutte le favole che si rispettano ci sono i protagonisti e poi ci sono i personaggi al contorno, quelli silenziosi, quelli che formano un tappeto su cui la storia si sviluppa ma senza dei quali cade tutta l’impalcatura narrativa.

Nell’universo le protagoniste sono le stelle.

Sono quelle che da milioni di anni l’uomo vede e apprezza, le collega idealmente per formare miti e, da quando le ha facoltà, le studia nel dettaglio.

Ma forse non tutti sanno che la maggior parte della materia regolare nell’universo è sotto forma di gas, ed il gas ha pochissima luminosità, anche quando illuminato. Il gas pervade l’universo.

Il gas chiamato mezzo intergalattico riempie lo spazio tra le galassie mentre il gas del mezzo circumgalattico circonda le galassie in un abbraccio. Ed è sempre il gas che regola la nascita, la vita e la morte delle galassie e che porta con sé la memoria di quello che è stato.

All’interno di una galassia, i gas relativamente densi alimentano la nascita delle stelle. Appena fuori, i gas si assottigliano nel mezzo circumgalattico e diventano sempre meno densi allontanandosi nel mezzo intergalattico. Crediti: J Tumlinson et al./AR Astronomy and Astrophysics 2017; ESO/M. Kornmesser.

L’universo e la sua lunga corsa

La storia conosciuta dell’universo inizia prima di galassie e stelle.

A quel tempo il gas si era un poco raffreddato ma era ancora molto caldo: circa 100.000 kelvin. A vederlo sembrava una nebbia irregolare, che si schiariva in alcuni punti ed era più fitta in altri. Laddove c’era più addensamento di materia, si sono formate le stelle. Quando l’universo aveva 500 milioni di anni, il gas, raffreddatosi e condensatosi cadde gravitazionalmente su se stesso in fogli e questi fogli si restrinsero in filamenti gibbosi, come braccialetti di perle. Le radure negli spazi fra essi cominciarono a diradarsi e divenire più estese e più vuote.

A circa un miliardo di anni, quei filamenti si intersecarono con altri filamenti per creare una rete ancora più complessa e, a 1,5 miliardi di anni, il gas che scorreva come linfa vitale lungo i filamenti si accumulò e cominciarono a formarsi le galassie, enormi e incandescenti galassie, con temperature che raggiungevano i 100 milioni di kelvin e pettinate da onde d’urto ed esplosioni di stelle.

Nei successivi 500 milioni di anni, i buchi neri super massicci al centro delle galassie e le stelle morenti scossero con onde d’urto il mezzo intergalattico e, a 3,5 miliardi di anni, all’interno di quei fronti d’urto, si generarono piccoli nodi di galassie che, respirando il gas intergalattico ed inglobandolo nel proprio mezzo circumgalattico, si adornarono dei metalli espulsi dalle supernove.

Ad oggi, 13,8 miliardi di anni dopo l’inizio dell’universo, solo il 60% del gas rimane nel mezzo intergalattico ed il resto è nei mezzi circumgalattici e nelle galassie. Le galassie sono incastonate intorno ai vuoti, come lucciole sparse nel buio della notte.

Il gas e le galassie

Il collegamento fra gas e galassie non è sempre stato sotto gli occhi di tutti.

Il seme diede origine a tutto nacque quando Charles Steidel del California Institute of Technology scrisse la sua tesi di dottorato e in cui descriveva come le nubi di gas nelle vicinanze delle galassie altrimenti invisibili mostravano segni di essere state una volta all’interno delle galassie stesse.

Successivamente si scoprì che questo gas, immediatamente intorno alle galassie, nel mezzo circumgalattico, era mille volte più denso della media del gas nel mezzo intergalattico. Capite bene che gas e galassie erano inestricabilmente ormai indissolubilmente connessi!

Come vi dicevo prima, mentre le galassie brillano, il gas brilla a malapena e diventa visibile solo quando si trova di fronte a qualcosa di luminoso, come ad esempio i quasar. In pratica, il gas, assorbendo la luce del quasar, appare come linee scure nei loro spettri della luce. In questi spettri, folle di linee di assorbimento scure si addensavano lungo l’universo primordiale, prendendo l’aspetto di una fitta foresta di tronchi d’albero. Per questo motivo, vennero chiamati foresta di Lyman: il gas che assorbiva la luce era idrogeno in una transizione specifica tra gli stati chiamata Lyman alfa.

Le nubi di gas si presentano come linee di assorbimento scure nello spettro della luce di un quasar, che possono essere analizzate per comprendere meglio la distanza e la natura del gas. Ad alte risoluzioni, le linee di assorbimento si presentano come una foresta di “alberi”. Crediti: M. Rauch/AR Astronomia e Astrofisica 1998.

La foresta alfa di Lyman si è originata quando l’universo aveva circa un miliardo di anni grazie al mezzo intergalattico, che rappresentava il 98% della materia regolare di quel giovane universo, fatto di zone fredde, tra 100 e 1.000 kelvin e di zone calde, dove il mezzo intergalattico raggiungeva anche 20000 kelvin o più. Potete immaginare il mezzo intergalattico come un impasto di una torta mal mescolato, in modo che rimanga grumoso. Lì, la gravità ha fatto il suo mestiere!

Altre foreste

Gli astronomi, col tempo, hanno trovato anche altre “foreste”, più dense e cosparse di elementi più pesanti come carbonio, ossigeno, silicio, ferro e magnesio che gli astronomi, facendo di tutta l’erba un fascio, chiamano metalli. Così, per praticità!

Dal momento che questi metalli possono essere fatti soltanto dalle stelle e dal momento che tutte le stelle sono nelle galassie, allora queste nubi ricche di metalli e più dense devono essere in qualche modo associate alle galassie.

L’intima connessione fra gas interstellare e gas circumgalattico ci ha permesso di capire che ciò che una volta era nel mezzo intergalattico arriverà nel mezzo circumgalattico, e ciò che è nel mezzo circumgalattico tornerà nel mezzo intergalattico secondo un circolo virtuoso. E nel fluire tra i due, in un modo o nell’altro, risiede la magia della vita e del respiro delle galassie.

Semplice: il gas cade nelle galassie e alimenta le stelle, poi viene espulso, quindi ricade per alimentare altre stelle.

Nessuno sa con certezza cosa potrebbe guidare i deflussi di gas né le vie che prenda il gas stesso durante il suo ricircolo. Quello che è certo è che, una volta esaurito il gas, comincia un processo chiamato “spegnimento”. Come per le stelle, ci sono galassie con quantità di gas differenti: le galassie con molto gas e stelle in formazione attiva sono blu, e quelle con poco gas e stelle morenti sono rosse.

Quando pensate alla morte di una stella, non pensate alla sua fine, ma solo all’inizio.

La galassia morta MACS2129-1, ingrandita dalla gravità dell’ammasso di galassie in primo piano MACS J2129-0741. Nella casella in basso c’è un’immagine ricostruita, basata su modelli che mostrano come sarebbe la galassia se l’ammasso di galassie non fosse presente. La galassia appare rossa perché è così distante che la sua luce viene spostata nella parte rossa dello spettro. Crediti: NASA, ESA, S. Toft (University of Copenhagen), M. Postman (STScI), and the CLASH team.

Nello spazio intergalattico, il gas si raffredda e diventa più denso, fino a quando la gravità non lo riporta nella galassia, arricchito di nuovi materiali, per formare nuove stelle: e il processo si ripete. Però, anche nell’universo, le risorse non sono infinite e, col tempo, ogni galassia inizia a esaurire il gas riciclabile. E senza gas non si possono formare nuove stelle. Quando le vecchie stelle muoiono, anche la galassia raggiunge il capolinea della sua vita. Una volta maestose cattedrali di gas e stelle, culle della vita di nuovi astri, sono ora palazzi vuoti, fatti di memoria e freddi spifferi.

In pratica, le galassie vivono respirando e riciclando gas dentro e fuori. Le stelle hanno sparato metalli dappertutto, sia nel mezzo circumgalattico che all’interno della galassia, pronti per essere rielaborati in altre stelle, che si fondono dal gas metallico insieme alla polvere e formano, attorno a loro, dischi protoplanetari che qua e là si condensano in pianeti, su uno dei quali siamo noi.

Ed ogni atomo del nostro corpo ha viaggiato attraverso il mezzo intergalattico e il mezzo circumgalattico.

IMMAGINE IN COPERTINA: Le galassie non sono distribuite uniformemente in tutto l’universo, ma la loro distribuzione non può essere compresa senza comprendere anche il ruolo del gas. Qui vediamo una simulazione delle più grandi strutture dell’universo, un superammasso di galassie, vuoti e filamenti galattici chiamato LA GRANDE MURAGLIA BOSS. Crediti: Istituto Max Planck di Astrofisica/Wikimedia Commons.