Questa roccia stratificata è stata ripresa dalla Mastcam a bordo del rover Curiosity della NASA, e mostra una sedimentazione tipica di un lago vicino alla foce di un fiume che lo alimenta. Le acque poco profonde e quelle più profonde hanno lasciano tracce di sedimentazione diversa sul fango che ricopre il letto del lago. Credito: NASA / JPL-Caltech / MSSS

Si parla tanto dell’importanza della biodiversità sulla Terra, ma anche Marte, in caso di esistenza di vita microbica ancora tutta da confermare, potrebbe aver avuto la sua… un nuovo studio descrive il grande e antico lago, presente nel cratere Gale nel lontano passato di Marte, come un insieme di ambienti nettamente diversi ma ugualmente adatti a supportare diverse forme di vita microbica.

Già in precedenza, grazie ai campioni raccolti da Curiosity il grande rover della NASA, una serie di studi hanno confermato l’esistenza di un lago, tra i 3,2 e i 3,8 miliardi di anni nel passato, all’interno del cratere Gale. Il nuovo studio, pubblicato su Science e guidato da Joel Hurowitz dell’Università di Stony Brook (New York), raccoglie quei dati e ne identifica le condizioni e diversità chimiche confermandone la natura sedimentaria. Rocce stratificate, dovute alla presenza di acqua, mostrano infatti nette differenze sia chimiche che fisiche a seconda che la sedimentazione sia avvenuta in acque poco profonde o acque più profonde.

Un’immagine generata al computer di come doveva apparire il “lago Gale” tra i 3 e i 4 miliardi di anni fa. Crediti NASA/JPL-CALTECH/ESA/DLR/FU BERLIN/MSSS

«Stiamo scoprendo che in alcune parti del lago, in alcuni precisi momenti, l’acqua trasportava più ossigeno» spiega Roger Wiens, del Los Alamos National Laboratory e co-autore dello studio, «cosa importante perché determina che tipo di minerali vengono depositati nei sedimenti, ma anche perché l’ossigeno è un componente importante per la possibile presenza di vita. Dobbiamo però ricordare che, al tempo del “lago Gale”, nel nostro pianeta la vita non si era ancora adattata all’uso dell’ossigeno – possiamo dire che la fotosintesi non era ancora stata “inventata”». Piuttosto, lo stato di ossidazione di certi elementi, come il manganese o il ferro, potrebbe essere stato altrettanto importante per lo sviluppo della vita su Marte – sempre che sia mai esistita – e gli stati di ossidazione dipendondono direttamente dall’ossigeno disciolto nell’acqua.

Nel disegno qui sopra alcuni dei processi, e degli indizi, che indicano la presenza di un lago durato a lungo nel tempo, abbastanza da avere vari livelli di stratificazione costituiti da materiali diversi, più o meno ossidati, e creando ambienti diversi da zona a zona.  Dalle analisi è risultato  come le acque più basse,  in prossimità dei luoghi in cui l’acqua fluiva nel lago, abbiano dato origine a sedimenti più densi e grossolani e fossero più ricche di ossidanti delle acque profonde, in cui i sedimenti più antichi sono costituiti da particelle via via più sottili.  (Credit: NASA/JPL-Caltech/Stony Brook University)

«Nello stesso lago coesistevano ambienti molto diversi» spiega invece Hurowitz, «questo tipo di stratificazioni sono molto frequenti nei laghi terrestri, e adesso le abbiamo ritrovate su Marte. Un ambiente così diversificato può quindi aver fornito più opportunità di sopravvivenza a più tipi diversi di vita microbica».

Se Marte abbia mai ospitato o ospiti forme di vita ancora non lo sappiamo, ma la ricerca della vita extraterrestre comincia proprio dalla ricostruzione dell’ambiente per stabilire se era adatto a supportarla, ed è quello che sta facendo Curiosity su Marte: esplorare gli ambienti abitabili dell’antica superficie di Marte.

In più di 1.700 sol (giorni marziani), Curiosity ha percorso più di 16 km, dal fondo del cratere Gale fino al Monte Sharp, vicino al centro del cratere. Il  Los Alamos National Laboratory, da cui proviene parte del team che ha firmato lo studio,  è anche il laboratorio che ha sviluppato la ChemCam (lo strumento che può individuare una roccia a distanza di 7 metri e vaporizzarne una piccola quantità per analizzare lo spettro della luce emessa usando la micro-imaging camera inclusa) in collaborazione con l’agenzia spaziale francese. E grazie anche ai dati raccolti da questo strumento gli scienziati saranno in grado di ricostruire un modello più completo della storia geologica di Marte.

Nel 2020, se tutto procederà come nei piani, toccherà alla seconda parte di ExoMars (missione russo-europea), con il suo rover, ad analizzare il sottosuolo marziano – sia per cercare negli strati più antichi sia per analizzare zone al riparo dai raggi cosmici che sterilizzano la superficie del pianeta – cercando tracce di vita microbica passata o presente.

• Per sapere tutto sulla missione ExoMars e le altre missioni già attive su Marte, leggi anche: Speciale Marte Coelum 205


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