Sono passati 2,5 mesi dall’arrivo della capsula nel deserto di Woomera, in Australia, ma l’analisi dei campioni è ancora al principio. Qui sotto vediamo i vari pezzi della capsula: a sinistra lo scudo termico frontale, al centro la parte posteriore (apparentemente malandata) e a desta il modulo strumentale posto tra i due. Insieme al paracadute e all’elettronica di controllo, nei giorni scorsi, questi tre elementi sono stati esposti al pubblico, nel museo cittadino di Sagamihara; presto verranno spostati al National Science Museum.
La capsula era peraltro equipaggiata con due schede di memoria flash che sono state rimosse solo il 19 febbraio; su tali schede erano stivati anche i dati di telemetria, circa 1 MB di informazioni relative a velocità angolare, accelerazione e temperatura nei 7 minuti prima e dopo del rientro; la temperatura, registrata con una cadenza di 1 Hz in 9 punti in all’interno della capsula, è rimasta ampiamente entro i limiti previsti.
Il componente più prezioso, però, è stato separato ed è gelosamente conservato in un luogo speciale, come vedremo tra poco. Stiamo parlando, naturalmente, del piccolo cilindro porta-campioni, il cosiddetto “Sample Catcher”, separato al suo interno in tre diverse camere A,B,C; la figura qui sotto ne mostra la collocazione al centro della capsula e la sua struttura interna.
Di seguito vediamo la “camera pulita” dedicata a tali delicate analisi. Si tratta praticamente di un laboratorio completamente isolato dall’esterno, con cinque differenti comparti dedicati alle varie fasi della lavorazione. Il contenitore cilindrico contenente i campioni è stato prima aperto in condizioni di vuoto nella camera CC3-1, rimuovendone il coperchio e rivelando il contenuto della “Chamber A”; i campioni in essa contenuti dovrebbero essere quelli raccolti nel primo touchdown. Una parte di questo materiale è stato rimosso e stivato sottovuoto, per poi spostare il cilindro nello scomparto CC3-3, aprendo progressivamente le tre camere in un ambiente saturo di azoto.
La camera C contiene campioni prelevati nel secondo touchdown, in prossimità del cratere artificiale di 18 metri di diametro scavato da Hayabusa; vediamo alcune porzioni di questo materiale, dall’aspetto grigio-scuro, nell’immagine di apertura. La camera B, invece, dovrebbe contenere campioni di polvere molto fine, dato che è rimasta aperta tra i due touchdown. In totale, sono stati riportati a terra 5,4 grammi di materiale e adesso si sta procedendo a redigere un catalogo dei grani macroscopici, con dimensioni comprese tra 1mm e 1 cm. All’inizio dell’estate, si prevede di iniziare l’analisi chimica dei campioni, alla ricerca di acqua, materiali idrati e composti organici.
Un’altra informazione registrata nelle schede flash sulla capsula è una lista di 226800 nomi e messaggi raccolti prima della partenza di Hayabusa-2 e provenienti per la maggior parte dal territorio giapponese (75%) ma anche da altre nazioni. Questi nomi hanno viaggiato con la sonda e sono tornati a Terra, mentre altri 183174 nomi sono rimasti su Ryugu, incisi all’interno di un “target marker”; in questa pagina è possibile rintracciare il proprio nome eventualmente inciso nell’ambito dell’iniziativa “Little Prince Million Campaign”, in onore al personaggio di Saint-Euxpéry.
La sonda madre, intanto, ha ancora oltre il 50% del carburante a bordo e sta viaggiando verso un piccolo asteroide noto come 1998 KY26; attualmente, Hayabusa-2 si trova ad oltre 68 milioni di km dalla Terra.
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Sitografia e bibliografia:
- https://www.hayabusa2.jaxa.jp/en/enjoy/material/press/Hayabusa2_Press_20210305_ver5_en2.pdf
- https://www.hayabusa2.jaxa.jp/en/