Questo mosaico ci mostra la Kleinmann-Low Nebula, parte della più famosa Nebulosa di Orione. È composto da diversi scatti del Telescopio Spaziale Hubble sia in luce ottica che nel vicino infrarosso. Le riprese nell'infrarosso permettono di scrutare attraverso la polvere della nebulosa e mettere in evidenza le stelle all'interno. Le stelle così rivelate sono, nell'immagine, dalla colorazione rosso brillante. Crediti: NASA, ESA / Hubble

Il telescopio spaziale Hubble ha trovato l’anello mancante di un defunto sistema stellare multiplo all’interno della Nebulosa di Orione, distante 1300 anni luce dalla Terra.

Recenti osservazioni nell’infrarosso hanno rivelato la presenza di due stelle dirette a tutta velocità in direzioni opposte. Ricostruendo il loro moto, gli scienziati si sono accorti che le due stelle si trovavano nello stesso punto circa 540 anni fa, suggerendo che facessero parte di un sistema multiplo. L’energia attuale dei due astri, però, è nettamente minore di quella calcolata dagli scienziati.

Ora, nuove osservazioni effettuate da Hubble potrebbero aver risolto questo affascinante mistero cosmico, con l’individuazione di una terza stella che avrebbe fatto parte dello stesso sistema e che starebbe oggi trasportando l’energia ‘mancante’.

Credits: NASA, ESA, K. Luhman (Penn State University), M. Robberto (STScI) and Z. Levy (STScI)

«Le nuove osservazioni di Hubble forniscono prove molto convincenti a favore del fatto che le tre stelle siano state espulse da un sistema stellare multiplo,» spiega Kevin Luhman della Penn State University, che ha guidato lo studio pubblicato sul The Astrophysical Journal Letters. «Non è la prima volta che osserviamo stelle espulse da sistemi multipli. Tuttavia, queste tre stelle sono i più giovani esempi di questo fenomeno, avendo poche centinaia di migliaia di anni di età. Le immagini all’infrarosso rivelano che queste stelle sono talmente giovani che potrebbero ancora essere circondate dal disco di materiale rimasto dalla loro formazione».

Le tre stelle stanno sfrecciando attraverso la nebulosa a una velocità circa 30 volte superiore alla media della popolazione locale. Ancora non è chiaro, però, quale drammatica interazione gravitazionale abbia portato allo scioglimento del loro sistema. «Non ci sono molti altri esempi, soprattutto in ammassi così giovani,» prosegue Luhman.

La posizione della stella vagabonda, e le immagini precedenti di confronto, che ne mostrano il veloce moto rispetto alle stelle al contorno. Cliccare per ingrandire. Credits: NASA, ESA, K. Luhman (Penn State University), M. Robberto (STScI) and Z. Levy (STScI)

Gli scienziati si sono imbattuti nella terza stella nell’ambito di una campagna di ricerca di pianeti interstellari all’interno della Nebulosa di Orione. Confrontando le immagini della stessa regione di cielo scattate prima nel 1998 dallo spettrometro NICMOS e poi nel 2015 dalla Wide Field Camera 3, gli astronomi hanno notato la presenza di una stella particolarmente veloce. I calcoli mostrano che la stella sta viaggiando a una velocità di oltre 200 mila chilometri orari.

Ricostruendo il moto passato della stella, gli scienziati hanno determinato che, intorno all’anno 1470, l’astro si trovava nello stesso punto delle altre due stelle già note. La prima stella era stata scoperta nel 1967; tuttavia, il suo moto anomalo era rimasto sconosciuto fino al 1995. Le due stelle già note sono caratterizzate da velocità di 96 e 35 mila chilometri orari, rispettivamente.

L’evento responsabile della distruzione del sistema multiplo potrebbe essere stato l’eccessivo avvicinamento di una delle stelle a una compagna e la conseguente formazione di un sistema binario.

Per approfondire

Lo studio pubblicato sul The Astrophysical Journal Letters: New Evidence for the Dynamical Decay of a Multiple System in the Orion Kleinmann–Low Nebula* di K. L. Luhman, M. Robberto, J. C. Tan, M. Andersen, M. Giulia Ubeira Gabellini, C. F. Manara, I. Platais, and L. Ubeda (Volume 838, Number 1).

I segreti nascosti delle Nubi di Orione

Nella luce della Nebulosa di Orione di Salvatore Albano,  Coelum n.166 – 2013 alla pagina 54


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