Il pianeta GJ 504 B è chiaramente visibile, in alto a destra, come una macchiolina bianca a una distanza di 43.5 unità astronomiche dalla stella GJ 504. Crediti: M. Kuzuhara, University of Tokyo/SEEDS Survey

Uno dice like e subito viene in mente Facebook. Ma like è anche un suffisso, in inglese. E di quelli comodi assai: un trattino, e ti trasforma un nome in aggettivo. Così da permettere sintesi mirabili come quella che descrive l’ultimo trofeo portato a casa da Subaru, il telescopio giapponese da 8.2 metri sulla cima del Mauna Kea, alle Hawaii: a Jupiter-like planet around a Sun-like star. Che tradotto in una lingua priva del pratico like sarebbe un pianeta simile a Giove in orbita attorno a una stella simile al Sole. Niente di straordinario, dite? Già, se non fosse che quel mondo Jupiter-like (nome in codice: GJ 504 b) è il più piccolo del quale esista una fotografia: quella, appunto, scattata da Subaru.

L’ultimo censimento dice che sono circa 900, i pianeti confermati in orbita attorno a stelle diverse dal Sole. Di questi, però, pochissimi sono quelli realmente osservati attraverso un telescopio: nella maggior parte dei casi si tratta di conferme per via indiretta, vuoi perché inducono variazioni nella velocità radiale della stella madre, vuoi perché transitandole davanti ne riducono per qualche tempo la luminosità apparente. E i pochi immortalati sono tutti molto grandi e – almeno per gli standard cosmici – molto giovani: non più di 50 milioni di anni.

Peccato, perché le osservazioni dirette permettono di ottenere informazioni cruciali, come quelle relative alla luminosità, alla temperatura, all’atmosfera e all’orbita di questi mondi. D’altronde, piccoli e opachi come sono rispetto alla stella madre, riuscire ad adocchiarli è davvero un’impresa: è come cercare di vedere una lucciola mentre volteggia attorno a un faro lontano, dicono gli scienziati.

Insomma, non è roba da Instagram: per provarci, occorre la migliore attrezzatura possibile e un team di astronomi esperti. Come quelli del progetto SEEDS: formato da ricercatori del TiTech (Tokyo Institute of Technology), dell’Università di Tokyo e dell’NAOJ (l’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone), SEEDS ha a disposizione un telescopio come Subaru – non nuovo a questi exploit – equipaggiato di tutto punto, dal coronografo all’ottica adattiva. Strumenti indispensabili, questi due, per rimuovere rispettivamente la luce accecante della stella madre e le perturbazioni introdotte dall’atmosfera terrestre. Ma occorre anche parecchia pazienza: per avere la certezza che quello individuato fosse davvero un pianeta, e non una stella sullo sfondo, sono state necessarie ben sette osservazioni.

Il risultato ha però premiato la tenacia: il puntino isolato nei pressi di GJ 504 (una stella a circa 60 anni luce dalla Terra, visibile anche a occhio nudo nella costellazione della Vergine), con una massa stimata compresa fra le 3 e le 8 volte quella di Giove e più o meno 160 milioni di anni d’età, è l’esopianeta più piccolo e più antico che mai sia stato rilevato direttamente fino a oggi. Una tappa cruciale verso l’osservazione diretta, in un prossimo futuro, d’un mondo Earth-like. E quella sì che sarà un’immagine da condividere in bacheca.

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