L’8 dicembre scorso è passata al perielio, ovvero al punto più vicino al Sole del suo passaggio nel nostro Sistema Solare. In realtà un perielio piuttosto distante, visto che in quel momento si trovava a poco meno di 2 unità astronomiche dalla nostra stella (e 298 milioni di chilometri dalla Terra), ovvero a una distanza doppia di quella della Terra dal Sole, oltre l’orbita di Marte, vicino al bordo interno della fascia degli asteroidi. Stiamo parlando di una cometa, ma una cometa decisamente speciale… la 2I/Borisov, la prima cometa interstellare che abbiamo mai avvistato proprio mentre si apprestava a farci visita. E il telescopio spaziale Hubble non poteva mancare all’appuntamento.
Tra la fine di novembre e inizio dicembre, ha osservato la cometa da una distanza più ravvicinata (dopo le prime immagini di ottobre), fornendo dettagli più precisi sulla nostra ospite interstellare.
La prima immagine, qui sopra in apertura, è davvero spettacolare… è del 9 novembre scorso e ci mostra la cometa in primo piano, con la coda che si espande a destra verso l’alto, affiancata da una galassia a spirale, la 2MASX J10500165-0152029, che si trova ovviamente sullo sfondo e decisamente più distante, ben oltre i confini della nostra galassia, e per questo fuori fuoco e confusa.
La seconda immagine qui sotto è invece del 9 dicembre, quando Hubble è tornato a osservare la cometa subito dopo il perielio. Sebbene così lontana, si tratta forse del momento in cui è stata sottoposta alle maggiori temperature dell’intero suo viaggio, o comunque sicuramente da moltissimo tempo, dopo aver probabilmente trascorso gran parte della sua vita nel gelido spazio interstellare.
«Hubble ci fornisce la migliore misura delle dimensioni del nucleo della cometa Borisov, che è la parte davvero importante della cometa», spiega David Jewitt, professore di scienze planetarie e astronomia all’Università della California, a Los Angeles, il cui team ha catturato le immagini migliori e più nitide di questa prima cometa interstellare. «Sorprendentemente, le nostre immagini di Hubble mostrano che il suo nucleo è più di 15 volte più piccolo di quanto le precedenti indagini suggerivano potesse essere. Il raggio è inferiore a mezzo chilometro. Questo è importante perché conoscere le dimensioni ci aiuta a determinare il numero totale e la massa di tali oggetti nel Sistema Solare e nella Via Lattea. Borisov è la prima cometa interstellare conosciuta e vorremmo sapere quante altre ce ne sono».
Il nucleo, un agglomerato di ghiacci e polveri, e sempre però troppo piccolo per essere risolto nell’immagine, per questo al momento possiamo solo avere un limite massimo per le sue dimensioni. La parte più luminosa che vediamo nelle foto è quindi la coma, la chioma della cometa, costituita da polveri che lasciano la superficie. A questo riguardo, le indagini eseguite fin’ora, hanno mostrato come la cometa sia in realtà, come composizione chimica e comportamento, molto simile a quelle che conosciamo, fornendo una prova che si tratta di oggetti che si formano comunemente attorno a stelle e sistemi stellari.
Scoperta da Gennady Borisov, un astrofilo ucraino, il 30 agosto scorso, ve ne abbiamo parlato in modo diffuso nell’approfondimento dedicato nel numero di ottobre di Coelum Astronomia che vi invitiamo a (ri)leggere (sempre in formato digitale e gratuito) cliccando nel banner qui a destra.
Dopo la scoperta e una serie di follow up professionali, si è riconosciuto il carattere interstellare della cometa. La sua traiettoria infatti segue l’andamento di un’iperbole, estrememamente aperta… quasi una linea retta appena flessa dal suo incontro con il Sole. Fino ad ora, tutte le comete catalogate provenivano o da un anello di detriti ghiacciati alla periferia del nostro Sistema Solare, chiamato la fascia di Kuiper, o dalla nube di Oort, un guscio di oggetti ghiacciati che si pensa si trovi nelle regioni ultraperiferiche del nostro Sistema Solare, con il suo bordo più interno a circa 2000 unità astronomiche, ovvero 2000 volte la distanza tra la Terra e il Sole.
Anche se fin’ora ne abbiamo scoperti solo due (il 2I davanti al nome indica proprio questo, che si tratta del secondo oggetto interstellare, il primo è l’asteroide 1I/’Oumuamua o 1I/2017 U1, di cui vi abbiamo parlato su Coelum Astronomia 219), è probabile che ci siano migliaia di oggetti interstellari, nel nostro Sistema Solare, solo probabilmente troppo piccoli e sfuggenti per essere rilevati con i telescopi di oggi. Si tratta di oggetti di passaggio che per essere identificati come interstellari hanno bisogno di più osservazioni nel tempo, e visto il carattere temporaneo e la loro breve permanenza nei nostri paraggi, “beccarli” al momento giusto è ancora più difficile.
Osservazioni ottenute fin’ora di altri sistemi stellari, hanno mostrato che anelli e gusci di detriti ghiacciati circondano le giovani stelle, dove la formazione planetaria è ancora in corso, e si ipotizza che l’interazione gravitazionale tra questi oggetti, asteroidi o simili a una cometa, e altri corpi più grandi come pianeti giganti in formazione, per effetto di fionda gravitazionale, potrebbe impremere loro una velocità così alta da farli sfuggire dal sistema in cui si sono formati, per vagare nelle profondità dello spazio, alla deriva tra le stelle. Se poi si avvicinano abbastanza da farsi attrarre da una di queste stelle, allora accade quello che è accaduto alla Borisov, di passare nel mezzo di un sistema stellare facendosi scaldare dalla sua stella. Il calore del nostro Sole ne ha sublimato parte della superficie, aumentando la luminosità della cometa e dando il via alla formazione di coma e coda, offrendoci lo spettacolo che vediamo in queste immagini. Uno spettacolo però sfuggente, perché grazie alla sua alta velocità il nostro Sistema solare è riuscito a deviare a malapena la sua traiettoria, senza riuscire a catturarla, ed è quindi destinata a proseguire il suo vagabondaggio nello spazio profondo.
Passaggio al perielio, inoltre, significa anche che ora la cometa se ne sta andando, ha attraversato il piano del nostro Sistema Solare e ora se ne allontanerà. Prima però ci sarà un altro appuntamento che sicuramente sarà seguito attentamente dagli astronomi e non solo: il 29 dicembre si troverà nel punto più vicino alla Terra, a 1,75 unità astronomiche (290 milioni di chilometri da noi, circa 8 milioni più vicina rispetto all’immagine del perielio).
Per gli astrofili più esperti è un appuntamento da non perdere! La cometa infatti, seppure molto debole, è comunque alla portata di una buona strumentazione amatoriale (basta pensare che è così che è stata scoperta). Nella migliore delle ipotesi ci si aspetta una magnitudine che sfiori la +15, al momento è già sotto la 16esima.
Viene sempre in nostro aiuto l’ottimo sito di Seiichi Yoshida con i grafici sempre aggiornati ottenuti dalle magnitudini osservate degli appassionati, dove trovate anche tutti i dati e le cartine per rintracciarla (qui il grafico aggiornato al 9 dicembre). La troveremo nella zona tra Idra, Cratere e Corvo, sull’orizzonte sudest, nella seconda parte della notte, verso il mattino. Non particolarmente alta, e non sarà nemmeno delle più fotogeniche, tutt’altro, ma potrebbe essere l’unica cometa interstellare che avrete la possibilità di riprendere, e comunque sicuramente la prima in assoluto! Un ricordo storico da conservare.
Aspettiamo sempre le vostre immagini su Photocoelum (oppure su gallery@coelum.com) con tutti i dettagli di ripresa e, se vi va, il racconto della vostra esperienza osservativa.
Poi comincerà davvero ad allontanarsi per sempre, con la sua velocità mozzafiato di oltre 175 mila chilometri orari (una delle comete più veloci mai viste!), per salutarci e proseguire il suo viaggio solitario nel freddo buio del mezzo interstellare.
Indice dei contenuti
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Coelum Astronomia di Dicembre 2019
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la cattura di un oggetto proveniente da fuori del sistema solare non può essere opera del Sole ma di un terzo corpo, un pianeta, che lo cattura mediante l’effetto fionda al contrario, cioè sottraendo energia alla cometa.
Assolutamente corretto, è stata una eccessiva semplificazione, si sarebbe dovuto scrivere al più dal Sistema solare e non dal nostro Sole, in quanto sarebbe necessaria anche l’azione, nel nostro caso non sufficiente, di un pianeta massivo come Giove. Riformuliamo. Grazie per la segnalazione.