La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Crediti: ESA.

La sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea ha accompagnato la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko nel suo viaggio intorno al Sole da agosto 2014 a settembre 2016, rilasciando sulla sua superficie il lander Philae e terminando il suo encomiabile lavoro con uno schianto programmato sulla cometa stessa il 30 settembre 2016.

Quando la cometa si è trovata abbastanza vicina al Sole, il ghiaccio sulla sua superficie è sublimato, ossia è  passato direttamente dallo stato solido allo stato gassoso, formando attorno alla cometa una tenue atmosfera chiamata chioma. L’analisi della chioma da parte degli strumenti a bordo di Rosetta ha rivelato che l’atmosfera non conteneva solo acqua, monossido di carbonio e anidride carbonica, come previsto, bensì anche ossigeno molecolare. L’ossigeno molecolare è costituito da due atomi di ossigeno uniti tra loro (O2) e sulla Terra, dove viene prodotto dalla fotosintesi, è essenziale per la vita. In passato è stato rilevato intorno ad alcune delle lune ghiacciate di Giove, ma non era assolutamente previsto che fosse trovato attorno ad una cometa.

Inizialmente, il team scientifico di Rosetta pensava che l’ossigeno provenisse dal corpo principale della cometa, il suo nucleo. Ciò significa che doveva trattarsi di ossigeno molecolare “primordiale”, ossia già presente quando la cometa stessa si formò agli albori del Sistema solare, 4.6 miliardi di anni fa.

Nel 2017 un altro gruppo di ricercatori ha tuttavia suggerito che l’ossigeno molecolare nelle comete potrebbe avere un’origine diversa, avendo scoperto un nuovo modo di produrlo nello spazio a partire da ioni energetici, ossia da molecole elettricamente cariche. I ricercatori hanno proposto che le reazioni con ioni energetici sulla superficie della cometa 67P potrebbero essere la fonte dell’ossigeno molecolare rilevato.

Alla luce di questa nuova ipotesi, i membri del team di Rosetta hanno analizzato nuovamente i dati sull’ossigeno della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. In un articolo pubblicato su Nature Communications, guidato dai fisici dell’Imperial College di Londra, viene ora riportato che il meccanismo proposto per produrre ossigeno sulla superficie della cometa non è sufficiente a spiegare i livelli osservati nella chioma.

L’autore principale del lavoro, Kevin Heritier del Dipartimento di Fisica dell’Imperial College, ha dichiarato: «Il primo rilevamento di ossigeno molecolare nella chioma di 67P è stato molto sorprendente ed eccitante. Abbiamo testato la nuova teoria della produzione di ossigeno molecolare superficiale utilizzando osservazioni di ioni energetici, particelle che attivano i processi superficiali che potrebbero portare alla produzione di ossigeno molecolare. Tuttavia, abbiamo scoperto che la quantità di ioni energetici presenti non poteva produrre abbastanza ossigeno molecolare per tenere conto della quantità osservata nella chioma».

Marina Galand, del Dipartimento di Fisica presso l’Imperial College, co-autrice del lavoro e Co-Investigator del Rosetta Plasma Consortium, ha aggiunto: «È possibile che parte dell’ossigeno molecolare rilevato sia stato generato sulla superficie della cometa, ma la maggior parte dell’ossigeno molecolare presente nella chioma non è prodotto attraverso tale processo».

Vista della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko dalla sonda Rosetta. Crediti: ESA.

La nuova analisi è coerente con la conclusione iniziale del gruppo di ricerca, ossia che l’ossigeno molecolare è molto probabilmente primordiale. Sono state proposte altre teorie e non possono ancora essere escluse, ma la l’ipotesi dell’origine primordiale è quella che si adatta meglio ai dati. Ipotesi peraltro supportata anche da recenti teorie che hanno rivisto la formazione dell’ossigeno molecolare nelle nubi scure e la presenza di ossigeno molecolare nel Sistema solare iniziale. In accordo con questi modelli, l’ossigeno molecolare creato si sarebbe congelato su piccoli granelli di polvere, che hanno raccolto sempre più materiale, accumulandosi a formare la cometa e bloccando l’ossigeno nel suo nucleo.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Communications l’articolo “On the origin of molecular oxygen in cometary comae” di L. Heritier, K. Altwegg, J.-J. Berthelier, A. Beth, C. M. Carr, J. De Keyser, A. I. Eriksson, S. A. Fuselier, M. Galand, T. I. Gombosi, P. Henri, F. L. Johansson, H. Nilsson, M. Rubin, C. Simon Wedlund, M. G. G. T. Taylor e E Vigren

 

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