Una nuova tecnologia di propulsione che potrebbe consentire trasferimenti interplanetari rapidi senza bisogno di carburante è attualmente in fase di sperimentazione presso il centro spaziale Marshall della NASA nell’Alabama. Il sistema, noto come HERTS, consiste in una sonda dotata di una serie di aste di alluminio elettricamente cariche disposte in maniera radiale. Ad accelerare la vela, soprannominata E-Sail, sarebbe lo scambio di momento innescato dalla repulsione di natura elettrostatica tra i protoni del vento solare, il flusso di particelle cariche emesso dal Sole, e le aste.

“Il Sole rilascia protoni ed elettroni nel vento solare a velocità molto elevate, da 400 a 750 chilometri al secondo,” spiega Bruce Wiegmann, a capo del progetto. “La E-Sail userebbe questi protoni per accelerare la sonda.”
Il progetto attualmente prevede che E-Sail sia dotata di 10-20 aste di alluminio, spesse appena un millimetro e lunghe all’incirca 20 chilometri l’una. Le aste sarebbero mantenute in estensione dalla forza centrifuga generata dalla lenta rotazione della sonda – circa un giro ogni ora.
I test a cui la sonda sarà sottoposta nell’arco dei prossimi anni sono mirati a valutare la frequenza delle collisioni tra le particelle cariche del vento solare e le aste della sonda. Un parametro importante da misurare sarà la quantità di elettroni che, essendo dotati di una carica negativa, saranno attratti verso le aste. La sonda espellerà gli elettroni in eccesso attraverso un cannone elettronico, in modo da mantenere il voltaggio positivo delle aste e preservare dunque la loro capacità di generare una forza di spinta.

"High Intensity Solar Environment Test system" il sistema usato per testare il funzionamento della vela Credits: NASA/MSFC/Emmett Given

Un prototipo in miniatura di E-Sail si trova in questo momento in un ambiente controllato di plasma per simulare le condizioni dello spazio profondo. Il prototipo dispone di aste in acciaio inossidabile, che, pur essendo più denso dell’alluminio, è sufficientemente simile secondo i requisiti dei test. Le proprietà non-corrosive dell’acciaio inossidabile, inoltre, garantiscono una lunga vita operativa con minima degradazione del materiale.
Il programma di sperimentazione durerà all’incirca due anni, mentre dovremo attendere almeno un decennio prima di poter assistere al primo effettivo utilizzo di questa tecnologia, sempre che i test abbiano esiti positivi.

L’ostacolo principale è la vasta area di raccolta necessaria a generare una repulsione utile. A un’unità astronomica dal Sole, E-Sail dovrebbe avere un’area di circa 600 chilometri quadrati, corrispondenti a un raggio di quasi 14 chilometri. A cinque unità astronomiche dalla nostra stella, invece, l’area salirebbe a 1200 chilometri quadrati, ovvero un raggio di 19.5 chilometri.

Il principio alla base di questa tecnologia è simile a quello delle vele solari, le quali sfruttano la pressione delle radiazioni elettromagnetiche del Sole. Tuttavia, l’intensità delle radiazioni della nostra stella diminuisce drammaticamente man mano che si entra nel sistema solare esterno. Una vela alimentata dal vento solare, invece, sarebbe in grado di spingersi ben più in là.
“I protoni del vento solare non hanno quel problema,” prosegue Wiegmann. “Con il costante flusso di protoni, E-Sail continuerebbe ad accelerare fino a 16-20 unità astronomiche – almeno tre volte oltre le vele solari. Ciò le consentirà di raggiungere velocità molto più elevate.”

Nei suoi quasi 40 anni di missione, la sonda Voyager 1, la prima ad attraversare l’eliopausa ed entrare nello spazio interstellare, ha percorso circa 134 unità astronomiche. Secondo i calcoli degli ingegneri, E-Sail potrebbe coprire un tragitto di uguale lunghezza in un terzo o addirittura un quarto del tempo.
“I nostri studi hanno dimostrato che una sonda interstellare alimentata da una E-Sail potrebbe raggiungere i confini dell’eliopausa in poco meno di 10 anni,” prosegue Wiegmann. “Ciò potrebbe rivoluzionare i guadagni scientifici di queste missioni.”

Il progetto ha ricevuto 500 mila dollari di finanziamenti dalla NASA per lo sviluppo di questa promettente tecnologia.
“Studiando questo concetto, siamo rimasti convinti dalla sua flessibilità e dalla sua adattabilità,” continua Wiegmann. “I progettisti delle future missioni potranno regolare la lunghezza dei cavi, il numero di cavi e il loro voltaggio a seconda dei requisiti della missione.”


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