«Congratulazioni al team di New Horizons, al laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University e al Southwest Research Institute per aver fatto di nuovo la storia. Oltre ad essere stata la prima sonda a esplorare Plutone, oggi la New Horizons ha sorvolato l’oggetto più distante mai visitato da un veicolo spaziale e diviene la prima a esplorare direttamente un oggetto che cela in sé i resti dalla nascita del nostro Sistema Solare», ha affermato l’amministratore della NASA Jim Bridenstine. «Questo è ciò che guida l’esplorazione dello spazio».
I segnali ricevuti al centro operativo della missione presso il Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (JHUAPL) alle ore 16:29 (ora italiana) di oggi pomeriggio confermano che la sonda è in ottimo stato di salute e i suoi strumenti hanno registrato tutti i dati scientifici relativi al flyby di Ultima Thule. È stata la stessa Alice Bowman, Mission Operations Manager di New Horizons a darne conferma.
«New Horizons si è comportata proprio come previsto, conducendo l’esplorazione diretta del mondo più distante di qualsiasi altro nella storia – più di 6 miliardi di chilometri dal Sole», ha detto il principal investigator Alan Stern, del Southwest Research Institute (SwRI) di Boulder, in Colorado (USA). «I dati ci sembrano già fantastici e stiamo studiando Ultima Thule da vicino; da ora in avanti i dati saranno sempre migliori!»
Le immagini scattate durante l’avvicinamento della sonda – che ha portato la New Horizons a soli 3.500 chilometri da Ultima Thule alle 6:33 (ora italiana) di oggi – hanno rivelato che l’oggetto potrebbe avere una forma simile a un birillo in rotazione. Un’altra possibilità è che Ultima Thule possa essere costituita da due oggetti in orbita reciproca. Ancora non vi è certezza sulla sua struttura e sarà necessario attendere le prime immagini più dettagliate, nei prossimi giorni, tuttavia i dati ricavati dal flyby hanno già permesso di risolvere uno dei misteri che circondavano l’oggetto, ossia quello della sua rotazione. Come già ipotizzato, ruota come un’elica, con l’asse di rotazione che punta approssimativamente verso il punto di osservazione, ossia verso la New Horizons. Questo spiega perché nelle immagini precedenti la luminosità dell’oggetto non sembrava variare mentre ruotava. Il team non ha ancora determinato il periodo di rotazione, anche se si ipotizza che possa essere compreso tra le 15 e le 30 ore.
«La New Horizons occupa un posto nei nostri cuori, è un intrepido e inarrestabile piccolo esploratore, oltre che un ottimo fotografo», ha dichiarato il direttore del laboratorio di fisica applicata alla Johns Hopkins University, Ralph Semmel. «Questo flyby segna una prima volta per tutti noi ed è un grande onore per l’intera squadra di audaci scienziati e ingegneri che ci ha condotto a questo punto».
La New Horizons continuerà a inviare immagini e i dati scientifici nei giorni e nei mesi a venire, per i prossimi 20 mesi: tanto tempo serve per l’invio degli oltre 5 GB di dati registrati. Il segnale è infatti debolissimo e la velocità di trasmissione è molto bassa.
A quasi 13 anni di distanza dal lancio, la sonda continuerà la sua esplorazione della Fascia di Kuiper fino almeno al 2021. I membri del team prevedono però di proporre più estensioni alla missione di esplorazione della Fascia di Kuiper.
Per conoscere meglio la missione nella sua interezza ed avere maggiori dettagli su Ultima Thule, non perdete l’approfondito articolo di Gabriele Marini su Coelum Astronomia di gennaio, come sempre in formato digitale a lettura gratuita.
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SPECIALE 2019
dai fenomeni celesti alle missioni spaziali…
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